Sono due le versioni dell’origine del nome di Favara, cittadina in provincia di Agrigento e da essa distante appena dieci chilometri.
La prima la fa derivare dall’arabo fawwāra, sorgente, “polla d’acqua che sgorga gorgogliando, con impeto”. La seconda suppone una derivazione dal latino fabaria o favaria, che riguarda le fave. Kalendae (primo giorno del mese) Fabarie del mese di giugno, giorno in cui si offrivano le fave fresche agli dei. Al plurale, Fabarii, ovvero mangiatori di fave.
Nella ricorrenza dei defunti è tradizione mangiare le fave con contorno di “zarche” (biete).
Presso i Romani le fave richiamavano i morti, l’aldilà e ne erano terrorizzati. Scrive Ovidio che alla mezzanotte del 9 maggio i Romani usavano mettere tre fave nere in bocca che venivano poi buttate dietro le spalle senza voltarsi per essere raccolte dalla propria ombra.
L’etnologo siciliano Giuseppe Pitrè tra le simbologie attribuite alle fave riporta che esse contenevano le anime dei morti poiché nelle parti nere dei loro fiori, simbolo di lutto, si potevano intravedere gli dei degli inferi.
Fino a poco tempo fa, e in alcuni paesi forse ancora oggi, era costume visitare i propri defunti nel giorno della loro ricorrenza, organizzando veri e propri pranzi sulle loro tombe, finché la Chiesa li proibì. Fino a poco tempo fa, però, proprio a Favara nei tre giorni di lutto (consulu, consolazione) si consumavano lauti banchetti preparati per i familiari del defunto da parenti e amici.
La storia di Favara è molto antica, e risale, secondo i più antichi reperti finora ritrovati in una grotta nel suo territorio quali ceramiche di terra rossa, alla tarda età del rame (2400-1990 a.C.).
In epoca più recente subì denominazione greca, e ve ne sono tracce; seguirono i musulmani e ne testimoniano la presenza alcuni toponimi tra cui lo stesso nome di Favara. Diversi casali, tra cui il Castello di Chiaramonte, testimoniano il soggiorno dei Normanni.
Già nel XVI secolo la conformazione della piazza su cui insiste il Castello era la stessa dell’attuale. Oggi è intitolata a Cavour e vi insistono altri pregevoli edifici e chiese: Palazzo Mendola in parte sede del Municipio; Palazzo Fanara, Palazzo Salvatore Cafisi e Palazzo Giuseppe Cafisi, Palazzo Contini e Palazzo Albergamo fine XIX-inizio XX secolo e divenuto albergo della famiglia dopo essere stata caffetteria e dolceria.
Del XVIII secolo è la Biblioteca-Museo che era stata strutturata per accogliere il Municipio e comprende gli ottomila volumi donati dal barone Antonio Mendola. Conteneva anche il museo ornitologico e una notevole collezione di minerali trasferiti nella sala Timilia del Castello.
Del 1711 è la chiesa del SS. Rosario dotata di un soffitto a cassettoni, stucchi in stile barocco e pavimento di maiolica dell’ottocento; la chiesa intitolata a Santa Rosalia o del Purgatorio fu fondata in seguito alla peste del 1626.
Il monumento più importante è, comunque, il Castello Chiaramonte. L’omonima famiglia lo fece costruire nel 1270 circa, sulla base di un quadrilatero i cui lati misurano trentun metri ciascuno e vi si accede attraverso un portale a ogiva che introduce ad un’ampia corte su cui insistono le finestre dei due piani dell’edificio. Gli ambienti del piano terreno hanno volte a botte e il primo piano, quello residenziale, è servito da un ballatoio. Nella cappella annessa si trovano gli elementi architettonici più interessanti.
Restaurato dopo anni di abbandono è la sede di rappresentanza del Comune e vi si svolgono eventi culturali. Di notevole interesse è anche una villa romana datata fine I° secolo a.C. che conserva ambienti termali rifiniti a mosaico marmoreo.
Un aspetto singolare riveste il simbolo del Comune di Favara che raffigura un castello moresco sopra uno sperone roccioso alla cui base è posta una sorgente d’acqua.
Risale al settembre 1883 e sostituisce quello che recava lo stemma del casato reale. Il 30 ottobre 1886 la giunta municipale stabilì delle regole riguardanti lo stemma dandole come sede permanente la sala del Consiglio Comunale; il messo comunale più anziano accompagnato da due guardie municipali in grande tenuta avrebbe portato lo stendardo in caso di utilizzo e comunque il suo spostamento sarebbe avvenuto solo in casi eccezionali: feste nazionali, onoranze funebri di chi era stato sindaco o consigliere comunale oppure Pretore o Vice Pretore e Conciliatore.
Rintocchi della campana dell’orologio del Comune avrebbero annunciato l’uscita del gonfalone.
Dal 2004 la cittadina di Favara è gemellata con la città spagnola di Andújar che si trova nella regione dell’Andalusia.
Il Santo patrono è Sant’Antonio da Padova che si festeggia il 13 giugno ma la festa principale è dedicata a San Giuseppe che non viene celebrata il 19 marzo, così come vorrebbe il calendario, bensì tra agosto e settembre per dare modo di parteciparvi ai tanti emigrati che ritornano al loro paese nel periodo estivo.
Nella quarta domenica del mese, tra il venerdì precedente e sino al martedì seguente, si svolge la Fiera di ottobre che comprende anche la fiera degli animali. Ma per non trascurare gli altri Santi, la prima domenica di agosto viene celebrato San Calogero.
E caso mai si pensasse che stranamente non si festeggia alcunché di “mangereccio”, ci pensa la Sagra dell’Agnello pasquale a rimediare in occasione della Settimana Santa.