Nomellini, Gioia tirrena, Arcore (Courtesy Ufficio Stampa Fondazione CR Firenze)

Per la prima volta in Italia la danzatrice americana Isadora Duncan è protagonista di una mostra dedicata a lei e agli artisti italiani che ne hanno subito il fascino e la suggestione. Fino al 22 settembre a Villa Bardini e al Museo Stefano Bardini è allestita l’esposizione “A passi di danza. Isadora Duncan e le arti figurative in Italia tra Ottocento e avanguardia”, a cura di Maria Flora Giubilei e Carlo Sisi, in collaborazione con Rossella Campana, Eleonora Barbara Nomellini e PatriziaVeroli, promossa da Fondazione CR Firenze e da Fondazione Parchi Monumentali Bardini e Peyron, con il patrocinio del Comune di Firenze, in collaborazione con il Museo Stefano Bardini.

Dipinti, sculture e documenti fra i quali fotografie inedite ripercorrono il legame della fondatrice della danza moderna con l’Italia e l’influenza che ebbe nel contesto internazionale. I 175 pezzi sono esposti su due piani di Villa Bardini e una speciale sezione dedicata alle grandi sculture e dipinti è invece allestita nel Museo Stefano Bardini. Ribelle ad ogni convenzione e di forte carisma, Isadora si distinse per il suo danzare svincolata da condizionamenti sociali. Centrale ai contenuti della mostra è il tema, sul fronte della danza, della liberazione del corpo femminile da costrizioni traendo ispirazione dal mondo archeologico e classico.

La mostra si apre con una nota statuetta fittile, detta “Tanagrina”, la raffigurazione di una menade che danza con un leggero peplo e sandali ai piedi, in prestito dalMuseo Nazionale Archeologico di Taranto, in contrapposizione al soggetto dipinto ne “La grande Danseuse” di Federico Zandomeneghi, concesso da Palazzo Te a Mantova, in cui una ballerina si lascia ritrarre in tutù con le costrittive scarpette dalla punta di gesso. Grazie ai successi ottenuti nei principali teatri di Francia, Germania, Inghilterra, Russia e attraverso i suoi scritti, Isadora Duncan eleva la danza al ruolo di arte al pari delle altre espressioni artistiche e la trasforma in fonte di ispirazione per pittori, scultori, musicisti. La danzatrice ebbe un’ influenza così significativa sul mondo culturale dei primi del Novecento da determinare un vero e proprio “gusto Duncan” che si afferma proprio in quel periodo. Niente più corsetti stretti e punte di gesso, ma abiti leggeri a piedi nudi che le fanno guadagnare la fama della “danzatrice scalza” californiana. Fra gli autori che furono affascinati dalle sue movenze artistiche e a lei si ispirarono in un vicendevole scambio di spunti emergono il ritratto di Isadora Duncan eseguito da Eugène Carrière del Musèe D’Orsay e tre splendidi bronzi di Antoine Bourdelle, uno dei quali esplicitamente ispirato a Isadora.

Nel salotto berlinese di Giulietta Gordigiani Mendelssohn, la soprano figlia del pittore macchiaiolo Michele Gordigiani e moglie del banchiere collezionista d’arte robert Von Mendelssohn, pronipote del compositore Felix von Mendelssohn, Isadora conobbe personalmente Eleonora Duse, già vista recitare a Londra nel 1899, con la qualeintrattenne  una profonda amicizia. In quel salotto, lo scenografo e artista Edward Gordon Craig, compagno di vita di Isadora tra il 1905 e il 1907 e padre della prima figlia di Isadora, Deirdre, nata nel 1906, ebbe modo di incontrare proprio la Duse. Durante le ricerche sulla presenza di Isadora a Firenze, è stata trovata la sua firma nel libro dei soci del Gabinetto Vieusseux il 28 ottobre del 1902, testimonianza importante della sua prima presenza nel capoluogo toscano dopo un’esibizione a Trieste il 15 e il 17 ottobre. Anche a Firenze fece tre serate di spettacolo al Circolo degli Artisti, il 25, 27 e 28 ottobre, come ricorda un trafiletto de “La Nazione” e alloggiò all’Hotel Helvetia Bristol, vicino a Palazzo Strozzi, che aveva ospitato anche Eleonora Duse e D’Annunzio prima del loro trasferimento alla Capponcina.

A Firenze Isadora visitò gli Uffizi per vedere dal vero la Primavera di Botticelli, una delle sue prime e imprescindibili fonti ispiratrici, la cui immagine era appesa nella sua camera di ragazza a San Francisco. Isadora tornò a Firenze nel 1906 insieme al suo compagno Edward Gordon Craig, che scelse l’Arena Goldoni, per molti anni, come sede per la sua attività di scenografo, svolgendovi laboratori e lezioni. Craig e la Duse, grazie alla mediazione di Isadora, lavorarono insieme alla tragedia “Rosmersholmes” rappresentata a Firenze il 5 dicembre 1906 con un allestimento d’avanguardia, molto simbolista e ai limiti dell’astrazione, che sgomberava il palcoscenico dagli allestimenti tradizionali e veristi. Eleonora Duse, pure, adattò il suo recitare alla nuova scena allestita con gli screen, mobili parallelepipedi monocromatici che arredavano la scena,  indossando un abito di scena  molto vicino ai pepli di Isadoraassunta a esempio anche per una diversa gestualità.

La Duncan tornò ancora in Italia nel 1912 per tre serate di spettacoli al Teatro Costanzi, il 22, 25 e 28 aprile danzando sulle note dell’Orfeo e dell’ Ifigenia in Tauride di Gluck. Il 19 aprile 1913 una tragedia segnò inesorabilmente la vita della danzatrice: i suoi due figli Deirdre e Patrick, di 7 e 3 anni, morirono annegati nella Senna.  “L’Olympe se transforme en Calvaire”, scrisse Isadora sulla  magnificafotografia che dedicò a Nomellini nel 1913: per quel terribile evento, Isadora era fuggita da Parigi, andando prima in Albania dal fratello Raymond, del quale si espongono le tuniche ideate con tessuti da lui decorati per la “danzatrice libera” Cesarina Gurgo Salice, moglie dell’imprenditore Riccardo Gualino, animatrice di uno dei salotti culturalmente più aggiornati a Torino nei primi trent’anni del Novecento, pronta a esibirsi, con le amiche danzatrici russe nel teatrino di casa realizzato da Felice Casorati.

Isadora raggiunse anche Venezia dove avrebbe poi dovuto danzare, se l’Italia non fosse entrata in guerra, dopo il 29 maggio 1915 al Teatro della Fenice. Di particolare suggestione sono due immagini d’epoca in mostra che la ritraggono mentre corre o muove passi di danza sulla spiaggia del Lido veneziano. Sono immagini, tuttavia precedenti al 1913, databili forse, tra il 1903 e il 1905. E ancora a Viareggio, sul finire dell’estate, invitata dalla sua carissima Eleonora Duse, Plinio Nomellini la vide danzare sulla spiaggia e la ritrasse in numerosi disegni, 10 dei quali saranno presentati a Villa Bardini. Uno di questi dipinti ‘Gioia’, per la prima volta dopo 30 anni, viene riunito nelle sue due parti grazie al prestito di Silvio Berlusconi che ha concesso la tela che raffigura la Duncan e che sarà esposta assieme all’ altra parte originale raffigurante le onde del mare e proveniente da una collezione privata. Negli anni della prima guerra, fu invitata in Russia ad aprire una scuola di danza, ma l’esperienza non fu positiva. Vi conobbe il giovane poeta Sergej Esenin  che sposò nel 1922: un matrimonio segnato dai debiti, dall’alcool e dal suicido di Esenin. Isadora morì il 14 settembre 1927, a Nizza, strangolata dalla sua stessa sciarpa, impigliata nei raggi della ruota dell’auto su cui era salita per una passeggiata con amici.

De Carolis, Le Danaidi, 1903 olio su tela, coll. privata

Numerosi gli artisti che rimasero colpiti e suggestionati dalla sua esperienza artistica radicata nel mondo classico, in perfetta coincidenza con la rilettura delle opere rinascimentali più significative anche da parte di numerosi artisti italiani. In realtà il percorso, che giunge a lambire l’eredità di Isadora in alcuni importanti artisti attivi negli anni Trenta del Novecento (Raphael, Campigli, Mascherini, Cataldi), propone uno sguardo anche al mondo del Futurismo che, con Filippo Tommaso Marinetti, non mancò di dedicare attenzioni a Isadora, poi condannandola senza appello nel Manifesto della danza futurista del 1917 come esempio di sentimentalismi passatisti. Più di 70 gli artisti, tra pittori, scultori e fotografi italiani e stranieri, che costellano i momenti salienti della vicenda internazionale ed italiana di Isadora, raccontata nell’ allestimento anche attraverso un percorso suggestivo di ingrandimenti fotografici di scatti d’epoca realizzati da alcuni degli operatori più alla moda come Otto Wegener, Jean Limet e lo stesso Raymond Duncan.  Si ricordano in particolare dipinti e sculture, proveniente da moltissime collezioni pubbliche e private italiane e straniere,  di  Auguste Rodin, Antoine Bourdelle, Eugène Carrière, Franz von Stuck, Ferdinand Hodler, Edward Gordon Craig, Leonardo Bistolfi, Edoardo Rubino, Adolfo De Carolis, Gaetano Previati, Gulio Aristide Sartorio, Plinio Nomellini, Romano Romanelli, Ercole Drei, Domenico Baccarini, Galileo Chini, Dario Viterbo, Hendrik Chrstian Andersen, Francesco Messina, Francesco Nonni, Felice Casorati, Antonio Maraini, Amleto Cataldi,  Umberto Boccioni, Libero Andreotti, Giuseppe Cominetti, Thayaht,  Fortunato Depero, Gino Severini, Mario Sironi, Amedeo Bocchi,  Antonietta Raphael, Pericle Fazzini, Gio Ponti, Massimo Campigli, Adolfo Wildt.

Esposto al pubblico dopo 30 anni, nelle due parti riunite, il dipinto ‘Gioia’ in cui Plinio Nomellini ha ritratto Isadora Duncan. Una parte del quadro originale che rappresenta le onde del mare, appartenente ad una collezione privata, sarebbe stata esposta accanto ad uno dei bozzetti raffiguranti la danzatrice, opera anch’essa di Nomellini ed appartenente ad una collezione privata. L’originale, di proprietà di Berlusconi, consente invece di esporre ora assieme le due parti rendendo ancora più interessante la mostra. Plinio Nomellini realizza il grande dipinto tra il 1913 e il 1914, dopo aver visto Isadora danzare sulla spiaggia di Viareggio e dopo averne tratto disegni e uno studio. Lo espone alla mostra della Secessione romana nel 1914, data con cui completa la sua firma e, subito dopo, come scrisse in una lettera alla Duse, oggi in mostra, tolse la tela da telaio e lo arrotolò e nel 1935 lo divise in due parti (il quando intero misura circa 200 x 360 cm) ma non ne sono noti i motivi.

Il  dipinto intero fu di nuovo esposto solo nel 1966 nella mostra curata da Raffaele Monti e da Giacinto Nudi, con un saggio introduttivo di Carlo Ludovico Ragghianti, per il centenario della nascita di Nomellini, al Museo Fattori di Livorno e a Palazzo Strozzi a Firenze. In quell’occasione il dipinto fu intitolato ‘Gioia tirrena’. Fu nuovamente ricomposto nel 1989, in occasione della mostra “Nomellini/ La Versilia” al Palazzo Mediceo di Seravezza dove, nel 1989, l’opera fu veduta da Carla Fracci e da Beppe Menegatti i quali ne usarono la riproduzione gigante nello spettacolo “Eleonora Duse – Isadora Duncan. Adieu et au revoir” del 1990. Plinio Nomellini, simbolista nel profondo, ha compreso perfettamente l’essenza della danza di Isadora, la sua passione per la pittura di Botticelli, e ne restituisce un’immagine antica e nuovissima al contempo: Isadora, gioiosa menade dalla testa riversa, avvolta in un vitalistico drappo rosso, sembra generata dalle onde del mare, moderna venere botticelliana.

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