I segni che la guerra in Bosnia Erzegovina ha lasciato nel vissuto quotidiano dei suoi cittadini, sono al centro di Djeca – Children of Sarajevo di Aida Begic che concorrerà agli Oscar 2013 come Miglior Film Straniero. Un film intenso che, grazie alla bravura della sua principale interprete, Marija Pikic, è in grado di far rivivere la desolazione, la paura e l’enorme disagio che la guerra ha lasciato dietro di sé. 
 
Rahima è una giovane donna, i suoi genitori sono morti in guerra e lei è cresciuta in orfanotrofio, insieme al fratello più piccolo. Diventata maggiorenne, si rifugia nella religione, indossa il velo e segue una vita di doveri. Lavora come cuoca in un ristorante, ma gli orari disumani le impediscono di seguire il fratello, che nel frattempo da adolescente, inserito in un ambiente in cui i rancori della guerra creano ancora conflitti, continua a mettersi nei guai, rubando e creando risse.
Tutto questo non aiuta Rahima che, ogni giorno deve tenere a bada i servizi sociali che la vogliono privare dell’unica persona che le è rimasta in famiglia. Djeca, attraverso una storia semplice, arriva dove molti altri film non sono arrivati, spiegandoci la storia di un dopoguerra difficile, in cui si palesa una umanità agghiacciante, incapace di dimostrare comprensione o compassione verso chi ha sofferto. Le immagini del film, come in un documentario, scavano nel passato di un Paese dilaniato, e lo sguardo intenso della protagonista ci fa vivere, sulla nostra pelle, i suoi tormenti. 
 
Noi de L’Italo Americano abbiamo voluto intervistare la giovane attrice, ospite quest’estate della 48° Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro, e vincitrice del Premio da parte di tutte e tre le giurie del Festival: Giuria Giovani, Giuria Ufficiale e Giuria Amnesty International.
Marija Pikic è una giovane e talentuosa attrice, a soli ventidue anni ha già molto da raccontare, sia in termini lavorativi, che di vita.
 
Riguardo al tuo stile di recitazione nel film, come ti sei preparata per questo ruolo?
È stato difficile ma al contempo molto interessante. Rahima è il mio opposto, lei è tutto quello che io non sono: è musulmana, indossa il velo e crede ciecamente nella sua religione, per questo ho dovuto imparare molto e adattare me stessa alla sua personalità. Per farlo ho avuto un insegnante di dizione, ho seguito molti corsi di cucina con lo chef, l’ho guardato mentre era al lavoro per assorbire i suoi movimenti. Ma ciò che più mi ha aiutato, è stato il mio rapporto con Aida; i suoi consigli e le conversazioni private con lei mi hanno fatto entrare nella parte e per mesi mi sono sentita realmente Rahima.
 
Perché hai deciso di far parte di questo progetto?
Perché parla della mia generazione, quella in cui io credo: giovani ventenni che costituiscono la società, che la vivono e vorrebbero cambiarla, mentre invece, sono ogni giorno più emarginati.
Durante la cerimonia di premiazione del Pesaro Film Fest, è stato molto emozionante, vederti sinceramente commossa per il premio della Giuria Giovani, spiegaci il motivo.
È stato forse il più grande premio ricevuto per questo film, non parlo a livello professionale ma a livello umano. Sapere che altri giovani ventenni come me e come Rahima, che vivono da un’altra parte del mondo e con una cultura e passato differenti, hanno capito la storia e l’hanno sentita sulla loro pelle, mi stupisce e al contempo mi riempie di orgoglio. Vederli emozionati, mi commuove. Questo è il più grande premio per il tuo lavoro.
 
Quali sono le tue aspettative per il futuro?
Non lo so, non faccio piani, se non a breve termine e posso dire che ci sono alcune idee sul tavolo che potranno realizzarsi, oppure no. Vedremo in futuro.
 
Segui dei particolari criteri per scegliere il film in cui recitare? Quale genere o tipo di film preferiresti per recitare?
Io credo che ogni genere di film può essere interessante per qualcosa. Professionalmente è mio dovere vedere tutto il cinema, e in esso c’è qualcosa che amo di più e qualcosa di meno, per questo conosco cosa non amo e chi non voglio essere di fronte alla macchina da presa. Ma in linea di massima, ogni film è una sfida per se stessi e io, come attrice, sto provando a superarle tutte.
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