Tanti e variegati gli impegni teatrali di Daniela Poggi: dopo lo spettacolo “Tutto per bene” di Pirandello con la regia di Gabriele Lavia, dove ha interpretato la Barbetti, uno dei personaggi chiave della commedia pirandelliana, è ripartita la sua tournée di tre monologhi, a cui lavora già da un anno, incentrati sul rapporto donne e amore, donne e fede, donne e politica.
Dopo le due date di Finale Ligure e Ventimiglia dove è andata in scena con “Eda, una donna del 1900”, e quella di Torino dove ha proposto “Io madre di mia madre”, il 28 marzo l’attrice ori-ginaria di Savona porta in scena al Teatro Ghione di Roma “L’amore impaziente”.
Per un’attrice, a livello di prova professionale ed emotiva, che cosa significa “rappresentare in scena un monologo”?
Il monologo è molto più complesso in quanto sei solo, non hai interlocutori diretti, metti in gio-co tutta te stessa, la tua concentrazione, le tue emozioni. Sei tu e il pubblico che non può distrarsi guardando altri, solo te. Non puoi affidarti ad una battuta del collega per la memoria, devi ricordare tutto perfettamente. È una sfida importante che ti fa crescere e ti mette di fronte alle tue forze ed ai tuoi limiti.
Partiamo da Eda: in che cosa il personaggio è una donna del 2000?
Eda è una donna senza tempo: la sua determinazione, la sua capacità di amare, la sua femminilità, ironia e profondità. Eda lotta per la libertà, per la de-mocrazia per i diritti di tutti contro la dittatura, contro i soprusi e le ingiustizie. Il mondo è pieno di donne che come Eda lottano tutti i giorni per gli stessi mo-tivi.
In riferimento a “Io madre di mia madre”, pensa che l’umanità oggi cerchi di rimuovere l’esperienza del dolore o di sottovalutarla o metterla in un angolo?
La gente ha paura di soffrire, ha paura di esprimere la propria sofferenza e ha paura di chi soffre. Tutti tendono a rimuovere la sofferenza, c’è tanta cecità e sordità. Accogliere il dolore altrui è destabilizzante, devi esserne ca-pace.
Quale elemento l’ha particolarmente convinta nel testo di Valeria Moretti “L’amore impaziente”? Nella messa in scena con quale particolare tensione ha cercato di riprodurlo?
Tutto il testo della Moretti è molto intenso, poetico e dolo-roso. Il dialogo interiore come una voce/pensiero mi porta a perdermi e vivere solo le emozioni del personaggio. Sono credente e spesso mi ritrovo ad alzare le mani a Lui e provare la Sua lontananza. Ogni parola è vera, diretta e non mediata da finzione. È un testo che amo profondamente.
Fra i monologhi e la donna pirandelliana di “Tutto per bene” potrebbe emergere un quadro unitario della donna o quanto meno con esperienze e caratteristiche affini fra i diversi personaggi?
Ogni donna ha in sé mille sfaccettature. La donna è circolare, piena e in continua ricerca. Le mie donne sono ognuna diversa dall’altra ma tutte hanno la forza dell’amore che determina la loro vita. Sono donne vere che combattono per la verità.