Finalmente, a diversi anni da uno dei lavori più duri e allucinanti della mia vita, esce nei cinema italiani “Cristiada”, meglio conosciuto negli Usa e nel resto del mondo come “For greater Glory”, film storico messicano, con Andy Garcia, Eva Longoria e Peter O’Toole. 
 
Lavoro duro perché, essendo io scrittore/sceneggiatore non ancora conosciuto come tale dall’industria, sapevo che dovevo calare un asso, e allucinante perché quando si tratta di studiare la “subject matter” di un paese che non è il tuo, devi arrivare a una proprietà narrativa talmente impeccabile che finisci con l’avere sogni lucidi a manetta, scorgendo accenti decisamente messicani anche negli scrosci di un pannolino che cambi a tua figlia.
 Manuel de Teffé, director e writer, con il produttore Josè Barroso alla prima americana 

 Manuel de Teffé, director e writer, con il produttore Josè Barroso alla prima americana 

 
Ma andiamo con ordine. Quattro anni or sono, il produttore messicano Pablo José Barroso mi chiese di scrivere un trattamento epico per un clamoroso film che aveva in mente: riportare alla luce una pagina di storia dimenticata del suo paese: “la guerra dei Cristeros”. 
 
Questo evento oscurato dai libri di storia gli aveva tolto il riposo e Pablo, decise un giorno di rinunciare ai suoi supplementi di melatonina, prendere in mano la produzione di un film assolutamente folle, e mandare a quel paese le avvizzite logiche produttive in voga.
 
Entusiasmato dalla missione impossibile affidatami, mi rinchiusi in Germania in una stanza e passai al setaccio tutti gli archivi online del Time magazine dagli anni 1926 al 1929, lessi tutti i libri sull’argomento possibili, vidi tutto il materiale visivo disponibile, indossai infinite taglie di sombreri e cavalcai  cavalli di vinti e vincitori. Dalla mia finestra scorgevo neve gelida e visi teutonici inespressivi, ma in quella stanza avevo costruito un imponente Stargate sul Messico che oltrepassavo giornalmente per rivivere al galoppo 6 anni di furiosa storia messicana.
  I Cristeros, guidati dal generale in pensione Enrique Gorostieta Velarde interpretato da Andy Garcia 

 
Per chi non ha dimestichezza col gergo cinematografico, ricordo che il “trattamento” è una mappa stellare della sceneggiatura, una versione della sceneggiatura senza dialoghi. 
 
Ne dovevo produrre uno grandioso, non potevo fallire.  Scrivevo, disegnavo storyboard, giravo col sombrero per casa, imparavo espressioni messicane che molto si discostavano dallo spagnolo studiato, sceneggiavo e coreografavo scene di battaglia a cavallo inventandomi prospettive desuete e riprese virtuosamente assurde. Ancora non lo sapevo ma stavo progettando la GoPro.
 
Dopo 4 mesi, consegnai finalmente il lavoro a Barroso (non senza prima averlo fatto leggere al conte Alexander Stolberg, fine conoscitore della Settima Arte, e avuto da lui medesimo l’avvallo) e mi riposai per 3 mesi, aspettando scalpitante di ricevere lo screenplay dallo sceneggiatore americano. È il cinema: una catena di montaggio dove ognuno ha un ruolo scolpito nella pietra.
 
Dopo altri 4 mesi ricevetti la sceneggiatura finale, opera che si discostava un po’ dalla mia visione, ma ero comunque contento di aver dato il mio contributo a un film che reputo storicamente importante. Finalmente potei smontare il mio Stargate, che era divenuto davvero ingombrante per le dimensioni del mio studio, e misi in cantina sombreri, galoppate, storyboard e tequila non bevute.
 
In soldoni la storia è questa, e dal momento che non riesco ad essere politicamente corretto ve ne do adesso una versione “ad usum delphini” ma brutale:
Quando il governo messicano di vilissimo stampo autoritario limita fortemente le libertà religiose del proprio popolo deportando interi ordini religiosi etc. etc., parte della popolazione messicana scende nelle catacombe, un’altra cerca un infruttuoso dialogo intellettuale col governo illuminato, e una terza, più esasperata che mai, prende le armi per combattere il proprio governo. Guerra civile galore.
 
I libri di storia, subdolamente riscritti dai vincitori apparenti, levarono perciò anni di sonno al signor Pablo Barroso che, come accennavo, si tolse i supplementi di melatonina e decise di produrre un film per  far vedere tutto ciò che era stato oculatamente nascosto. Quando a due anni dalle riprese, Pablo mi mostrò in un hotel fiorentino la prima versione del trailer di “Cristiada”, ancora senza correzione colore, ma molto, molto potente, mi commossi. Ci commuovemmo. Rividi molte cose che avevo messo nel trattamento, non vidi molte cose che avevo messo nel trattamento. 
 
Ma questo è il cinema: un’eccezionale e impietosa catena di montaggio.
Tuttavia il film non era ancora finito: adesso Pablo doveva riuscire nell’opera più tremenda, quella più devastante: la distribuzione di un film storico di cui sulla carta non ce ne potrebbe importar di meno. E qui, come mi piace ripetere sempre: “La provvidenza ti intercetta a metà strada” (vero Carola?)…Il film era fatto e insospettabili interessi verso l’opera cominciarono a smuovere le acque permettendone la distribuzione nelle americhe. “Cristiada” vanta del resto, la migliore interpretazione sullo schermo di Andy Garcia, talmente maestosa che facilitava notevolmente il compito della grande distribuzione.
 
Il mio contributo in “Cristiada” non era però ancora giunto al termine: misteriosamente operai anche nella distribuzione del film. Le impenetrabili terre di Francia e Italia si sfaldarono grazie ad alcuni miei amici che come Pablo, non digerivano l’assenza dai libri di storia dei medesimi accadimenti e, tutti desiderosi di far emergere una verità cruda ma storica, si caricarono sulle spalle l’onere di una distribuzione strategicamente improbabile.
 
Il mio audacissimo amico Hubert de Torcy ha distribuito il film l’anno scorso su territorio francese, mentre la mia spericolata amica Federica Picchi lo piazza adesso su territorio italiano con la sua Dominus Production, scinepattonando finalmente i bastioni del deserto cinematografico nostrano.
 
Come al “Milite ignoto”, una menzione d’onore la voglio far scattare a fine articolo anche verso “L’artista ignoto”: è il quarto amico, un amico che per 6 mesi ha passato giornalmente insieme a me quello Stargate personale che mi ero costruito sugli altopiani messicani.
 
È un amico compositore, mi scriveva i brani musicali per le scene che buttavo giù, per aiutarmi a dare un’anima migliore a ciò che scrivevo. Cercai di “imporlo” come autore della colonna sonora di “Cristiada”, ma logiche industriali ciclopiche tolsero all’ultimo momento a me la regia e a lui la colonna sonora. Si chiama Gabriele Croci ed è tra i 10 migliori compositori italiani (ancora non costa molto perché non conosciuto).
 
Grazie a tutti ragazzi, per il vostro coraggio: grazie Pablo, grazie Hubert, grazie Gabriele e grazie a Federica Picchi, che in questo momento sfavilla tra una sala e l’altra con 12 prime da monitorare. 

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