Il regista francese Robert Bresson ha detto: “Rendete visibile quello che, senza di voi, forse non potrebbe mai essere visto”. Ecco il motto dei registi del Cinema Indipendente. 
 
La nascita di questa arte in Italia, è strettamente legata alla diffusione del New American Cinema nelle sale oscure e ai viaggi culturali negli Usa di alcuni dei maggiori cineasti indipendenti italiani tra gli anni ’60 e ’70 come Schifano, Leonardi, Bacigalupo o Nespolo. Si trattava di cinema diretto, di cinema femminista, di documentari politici e militanti che hanno rappresentato un’importante tendenza attorno al Maggio ‘68. 
 
A quei tempi, questo cinema godeva di un forte successo di pubblico perché i registi della new wave di Hollywood come Scorsese, Spielberg o Coppola, riuscivano benissimo a trovare la giusta misura tra intrattenimento e messaggio. È quello che sembra essere oggi, la carenza principale di quell’ambito. Eppure con le sue poetiche autonome, il cinema indipendente italiano beneficia di una delle migliori critiche qualitative d’Europa.
 
Tuttavia, il dilemma intrinseco dell’industria cinematografica è di scegliere tra qualità e profitto; diventa ovvio trovare un compromesso che permetta al “film intelligente” di generare più soldi. 
 
Quale è il valore del cinema indipendente oggi nella giungla hollywoodiana? A L’Italo Americano risponde Andrea La Mendola, neo-premiato all’edizione 2012 del Milan International Film Festival con il cortometraggio made in Torino “Echoes”, una mescolanza di autenticità italiana e di tratti internazionali.
 

Il giovane regista Andrea La Mendola

Quale impatto sia sociale che culturale, può avere il cinema indipendente?
Se parliamo di quello italiano, l’approccio da un punto di vista produttivo e stilistico è diverso da quello americano sia a livello di budget che di argomenti. Sicuramente il cinema indipendente è quello che influenza di più la cultura e la quotidianità di certe specifiche classe sociali. Ovviamente quelle più basse vengono influenzate dal blockbuster mentre quelle medio-alte vengono influenzate molto di più dal cinema indipendente anche perché porta con sé messaggi più forti, più attuali, più radicati alla realtà, parla di tematiche che toccano la vita quotidiana delle persone. 
 
Questo sarebbe una critica al cinema “classico” troppo distante dalle persone?
Il cinema americano di oggi sta staccandosi moltissimo dalla realtà ma non è un male. È una condizione anche legata al mercato che richiede di creare mon-di fantastici che creino illusioni, spazi in cui immedesimarsi. È anche vero che negli ultimi anni la questione economica del cinema è diventata più cruda, con il suo declino nel mondo occidentale. Quindi il merchandising viene preferito all’aspetto artistico di un film. Inoltre, basandomi sulla mia esperienza a Los Angeles, ho visto che quasi tutto il cinema, cioè sia le persone che i progetti, si creano intra muros. Crescere in quell’ambiente comporta un rischio: cedere alle re-gole economiche dimenticandosi l’autenticità delle idee.
 
In questo ambiente appunto, c’è l’offerta e la domanda di un cinema indipendente?
C’è molto desiderio di avere qualcosa di nuovo però non c’è abbastanza spazio perché la distribuzione che fa da padrone da anni, non permette molta visibilità. Ad esempio, a Los Angeles i maggiori cinema propongono gli stessi film. Non si può biasimare nessuno, fanno soldi però è anche vero che a un certo punto bi-sogna iniziare a capire come trovare un compromesso tra fare film indipendente di qualità e il mercato. Attualmente, qua, non si è ancora trovato. In Europa, c’è sempre stato perché era veicolato dai finanziamenti pubblici. Ora questa prospettiva sta un po’ scomparendo perché i soldi sono sempre meno, iniziamo a seguire le logiche di mercato anche lì ma senza la drasticità americana. Il nostro cinema prova ad essere locale, molto legato alle tematiche italiane perché sappiamo come gestire quel mondo ma non proviamo ad andare fuori a parlare un po’ di più al resto del mondo.
 
Artisticamente, quale differenza c’è tra le potenzialità italiane e americane?
Ho solo delle ipotesi, non dei fatti concreti però la mia sensazione è che qui hai la possibilità di creare. Pure se sei giovane, puoi fare una buona carriera. In Italia, forse questo è ancora un vincolo perché non si fidano dei giovani. Ovviamente, in America devi adattarti alle regole del sistema ma hai questa possibilità di lavorare con budget, con professionisti di altissimo livello, parlando ad un pubblico internazionale. È il maggiore vantaggio di stare negli Stati Uniti. Lo svantaggio in-vece, è che devi essere all’interno di dinamiche che sono estre-mamente di mercato in cui prevale il generare soldi sulla grande e bella idea artistica che vei-cola messaggi.
 
Per concludere, proviamo a definire questo cinema indipendente…
È un cinema fatto di tantissima passione, di libertà creativa, artistica e stilistica. Fatto da persone che vogliono lasciare un’impronta di un mercato cinematografico nuovo fatto possibilmente di autorialità per un pubblico che possa apprezzare i messaggi veicolati, e con la speranza che esso possa allargarsi sempre più.
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