(Ph Antonio Veraldi | Dreamstime.com)

Se Gabriele D’Annunzio ha scritto questa poesia sul Carnevale, c’è da pensare che lo tenesse in una discreta considerazione, data la popolarità e la stima di cui godeva come intellettuale. O magari sarà stato semplicemente un esercizio “letterario” che tuttavia, proprio perché trattato da lui, assume un significato di importante testimonianza.   Carnevale, dunque: teatrale rappresentazione della vita sul palcoscenico dove il sipario sono le stelle filanti e i coriandoli sono gli applausi degli spettatori che attendono meraviglie dagli attori/maschere, interpreti delle ribellioni, delle rivalse, delle pantomime e delle rivendicazioni di ogni spettatore che attende soltanto di potere prendersi burla delle maschere di cartapesta che rappresentano i problemi di ogni giorno.  

Funzione catartica, dunque, simile a quella che avevano le tragedie greche in tempi molto più lontani. Ben venga allora il travestimento e la satira in cui vengono messi alla berlina i personaggi della politica, dell’arte, del mondo dello spettacolo, dei media, della finanza che sono spesso causa di ansia e dispiacere per il popolo comune, quello che ogni giorno deve fare i conti con lo spread, con la corruzione, con l’inefficienza degli uffici pubblici e con i loschi affari che trovano ogni occasione per essere presenti sulle pagine della cronaca delle normali esistenze. Appuntamento annuale che affonda le radici già in tempi lontani, ma che si è rinnovato e aggiornato ai tempi attuali pur mantenendo saldi alcuni usi e costumi sopratutto quando si parla di carnevale dei piccoli paesi e della loro tradizione contadina. Ma in Sicilia sono davvero tanti i festeggiamenti per questa ricorrenza che ha profonde radici nel territorio.   Il Carnevale a Saponara – La sfilata dell’orso

  Il Carnevale a Saponara – La sfilata dell’orso Elemento caratteristico e comune a tutti i carnevali è la maschera, il travestimento. Il filtro frapposto tra la realtà e il desiderio di essere diverso da sé, di potere vendicarsi di qualcuno o di qualcosa sotto la protezione dell’irriconoscibilità. Oppure il desiderio di rappresentare ciò che non si è. Un modo di impossessarsi di un’altra personalità e di abbandonare, magari soltanto per pochi giorni, se stessi con i propri problemi, con la propria quotidianità.   In tutti i festeggiamenti è sempre presente la figura del Re Carnevale che chiude i suoi giorni bruciato in piazza, al cospetto di tutti oppure sono “u nannu e a nanna”(il nonno e la nonna) che passano attraverso il rogo.  

Termini Imerese, in provincia di Palermo, apre la sfilata dei suoi carri proprio con queste maschere tradizionali, mentre gli altri carri allegorici rappresentano i problemi economici in cui versa attualmente l’Italia insieme ai suoi cittadini. Ma non manca la rappresentazione delle imminenti elezioni politiche con i leader dei principali partiti politici.   L’emissione del primo francobollo del Carnevale termitano, autorizzato dal Ministero dello Sviluppo Economico, del valore di 0,70 centesimi di euro, per la prima volta è apparso in occasione della sua presentazione. Nel corso dello stesso evento, avvenuto nella sede del Comune di Termini, è stato reso possibile l’annullo postale di un francobollo celebrativo dedicato alla manifestazione.   

I carri allegorici sono un’altra delle caratteristiche del Carnevale. Ma c’è un comune in Sicilia, Misterbianco in provincia di Catania, che vanta i più bei costumi che per la loro imponenza e grandiosità, fanno concorrenza ai carri che perdono la loro maestosità al confronto con le maschere e i costumi che sono, appunto, delle vere e proprie “costruzioni”. E nella piazza del paese si possono vedere più di mille maschere che ballano freneticamente i ritmi sud americani e caraibici. Insomma si può dire che questa festa  che affonda le radici nel paganesimo, ma che oggi precede la Quaresima collocandosi, quindi, tra le feste religiose, costituisce anche un momento di grande aggregazione, di spensieratezza che precede la tristezza e il lutto quaresimale. E già il suo nome, nel suo significato etimologico derivato dal latino di “carnem levare”, indica il sacrificio di non mangiare carne per tutto il periodo precedente la Pasqua.  

A Saponara in provincia di Messina tra le maschere che sfilano, si può ammirare l’immancabile  figura dell’Orso, il cui costume sarà costruito con le pelli di capra. La rievocazione storica della sfilata dell’orso e della corte affonda le radici alla fine dell”800 e fa parte dei Carnevali storici di Sicilia. Sbandieratori, bande musicali, gruppi folcloristici prendono parte alla manifestazione e prendono parte al corteo insieme alle maschere tradizionali, che sono quelle dell’orso e di altri animali, dei domatori e dei cacciatori, dei suonatori della brogna (conchiglia marina) e del principe e dei cavalieri.   Si narra che Domenico Alliata (1712-1774), principe di Villafranca, catturò un orso che teneva in ansia e metteva a repentaglio la vita e la sopravvivenza della comunità, trascinandolo in catene per le strade del paese. Oggi, in ricordo di quell’impresa, la maschera dell’orso viene trascinata in paese dai Cacciatori e dai Domatori. Nonostante le catene l’orso riesce a liberarsi e a disturbare alcune donne oppure, con fare galante, le invita a ballare.   A Corleone, invece, il fantoccio “u nannu” verrà bruciato con al collo una collana fatta di salsiccia, dopo essere stato portato a spalla dalla maschera del “Riavulicchiu” (diavolettto), simbolo del carrnevale e della sua rinascita dopo una sosta  trentennale.  

Non possiamo non ricordare “il più bel carnevale di Sicilia”, quello di Acireale in provincia di Catania che vanta pure una tradizione antichissima che risale al ‘600 anche se si è rinnovata nel corso dei secoli. È così passata dal lancio dei limoni e delle arance – datato e documentato al 1594 –  alla comparsa dell’”Abbatuzzu”, detto anche “Poeta Minutizzu”(piccolino) che, sbeffeggiando nobili ed ecclesiastici, si lasciava andare in battute satiriche e pungenti.   Il disastroso terremoto del 1693 pose fine ai festeggiamenti carnevaleschi che quando ripresero segnarono una marcata frattura con i nuovi del ‘700. Le maschere dei Baruni (nobili), dei Manti (per restare anonimi) si affacciano per la prima volta alle sfilate, mentre il XXI° secolo vede comparire le carrozze dei nobili che lanciavano confetti al popolo. Fu la cartapesta a scalzare le carrozze dei signori, segno del mutamento dei tempi.  Dopo le automobili infiorate che sfilarono a partire dagli anni ’30, negli anni ’50-’60 vi si affiancarono i carri chiamati “lilliput” data la loro piccolezza, e che permetteva soltanto a un bambino di condurlo. Oggi i carri infiorati e quelli allegorici sono sempre più giganteschi e sono degni concorrenti di quelli di Viareggio (Toscana) e Putignano (Puglia).   Sono ancora tanti i paesi e anche i capoluoghi di provincia siciliani in cui il carnevale assume le dimensioni di festa popolare e di momento gioioso della vita, a dispetto di tutti i travagli, le ansie e le “quaresime” che ciascuno deve affrontare ogni giorno.    

E allora perché non godere anche di tutte le leccornìe che accompagnano questa festa degli sberleffi, dei coriandoli e delle trombette?  Salsiccia   e maccheroni al ragù  di cotenna di maiale, minestrone del giovedì grasso, castagnole e zeppole (frittelle ripiene di crema), teste di turco e pignoccata , e  re dei dolci di carnevale, il cannolo, sublime concentrato di durezza data dalla scorza friabile e di dolcezza data dalla crema di ricotta, simbolo insieme alla cassata della più sofisticata e gustosa pasticceria siciliana, ambasciatrice di cultura gastronomica – e non soltanto -nel mondo.         


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