Nel gennaio del 1999 lo stato del Delaware fu insignito del premio “State Quarter”, in onore dell’alto valore del contributo storico portato nel processo di formazione storica. Lo stesso premio fu attribuito, in nome e per conto dello Stato, a Caesar Rodney, personalità di spicco dell Settecento americano: soldato, giudice, governatore del Delaware, ma soprattutto patriota dell’Unione Americana.
Il premio ha avuto il merito di rispolverare dalle cantine della storia non solo un personaggio di spicco dell’Indipendenza americana ma anche uno dei tanti figli dell’Italia nel mondo, che nella sua intensa vita non rinnegò mai le origini trevisane.

Caesar Rodney non aveva sangue italiano puro nelle vene. Suo nonno William arrivò sulle coste americane nel 1680 e dopo dieci anni si trasferì nell’area di Dover, per diventare il portavoce dell’Assemblea della Colonia del Delaware nel 1704. Il figlio di William, Caesar senior, visse una tranquilla vita di provincia e sposò Elizabeth Crowford, figlia di un pastore protestante della Chiesa Episcopale (il Rev. Thomas Crowford).

Ceasar Rodney junior nacque il 7 ottobre del 1728, nella fattoria “East Dover Hundred”, nella contea di Kent del Delaware e lo fece in assoluta libertà, senza l’aiuto di levatrici, presagio di un carattere intriso d’indipendenza. Il giovane Caesar crebbe nella fattoria del Kent ed aiutò i genitori fino all’età di otto anni. Nei racconti del padre e nelle tracce dell’ascendenza italiana , egli avrebbe sempre trovato
le sue radici più profonde, utilizzando l’enorme patrimonio culturale familiare per le sue scelte ideologiche e patriottiche. 

Eppure, quella dei Rodney, non era una famiglia nata con il seme della ribellione contro sua Maestà Britannica. Anzi. Nel 1558 un suo avo divenne fisiatra presso la corte della Regina Elisabetta. Si trattava di Julius Ceasar, figlio di Cesare Adelmare, nato a Treviso, all’epoca appartenente al territorio veneziano. Sir Julius divenne Cancelliere nel 1606 e “Master of the Rolls” nel 1614, consegnando ai propri discendenti un blasone ricco di benemerenze.

Cesare Rodney of Delaware, era un diretto discendente della famiglia Adelmare e nella scia della sua origine, si iscrisse nel 1743, alla Scuola Latina di Philadelphia, isola multiculturale e multireligiosa circondata da territori controllati dal Protestantesimo anglosassone. Dopo soli due anni il giovane Rodney perse però l’affetto del padre, ereditando la fattoria di famiglia e la responsabilità di capofamiglia del suo nucleo. Avendo solo diciassette anni, il giovane venne affidato a un tutore, Nicholas Ridgely, giudice di pace della Corte della Contea di Kent nonché cancelliere capo. Tutto questo significava
per il ragazzo l’accostamento alla cultura, ai libri e all’amore per la legislazione. Cesare si tuffò con entusiasmo in questa opportunità riservatagli dal destino e iniziò a frequentare occasioni pubbliche.

La sua ascessa fu costante e dopo soli dieci anni, nel 1755 il ragazzo dalle origini trevisane, divenne alto sceriffo della sua contea. Quell’anno sarebbe stato soltanto il punto d’inizio di una vita pubblica costellata di impegni ufficiali. Per 29 anni Rodney non rimase mai senza un incarico o un impegno pubblico. Dopo aver svolto con diligenza il lavoro di sceriffo, venne infatti chiamato a operare prima negli uffici del Registro dei testamenti, poi come deputato cancelliere degli atti, e infine come cancelliere della Contea. Svolse anche il lavoro di impiegato per il Tribunale degli orfani, e quello di
amministratore nel settore della giustizia e dell’ordine pubblico.

Nel 1756 iniziò per Rodney anche la carriera militare e l’ingresso nei ranghi dell’esercito coincise con l’insurrezione francese nelle colonie e con l’inizio delle crudeli guerre indiane. L’italoamericano venne
assegnato al reggimento del colonnello John Vining con il grado di capitano della Compagnia dei cento di Dover. La sua unità venne spedita in zona operativa ma non fu mai impiegata nelle cruente e sanguinose battaglie. Nel 1765 Cesare Rodney raccolse le sue prime soddisfazioni altisonanti: fu infatti eletto alla Stamp Act Congress insieme a Thomas Mc Kean e quale delegato del Delaware al Primo e al Secondo Congresso Continentale.

Nel 1766 arrivò invece la nomina alla Corte Suprema della Colonia e nello stesso anno egli divenne anche membro dell’Assemblea del Delaware. Fu quest’ultima una carica molto sentita dall’ex giovane orfano contadino. Egli lavorò instancabilmente fino al 1776 quale relatore del consiglio e durante questi dieci anni intraprese numerose battaglie civili. Una delle più meritorie fu quella per l’abolizione della schiavitù. Rodney tentò con tutte le sue forze di far approvare una legge per il divieto dell’importazione della schiavi nella piccola colonia angloamericana. Il tutto inutilmente.

Nel ‘76 l’italoamericano era ancora al suo posto nel momento in cui il Delaware dichiarò la sua indipendenza dalla Corona Britannica e a lui venne assegnato l’incarico di capo esecutivo dello Stato della
nuova Unione. I fatti di Lexington crearono gravi scompigli nei vertici militari della Contea di Kent, e trovarono Rodney seduto sulla poltrona di presidente dell’Assemblea. Era il 15 giugno del 1776 e in quel giorno, l’italoamericano e il suo fraterno amico Mc Kean riuscirono a trascinare tutta l’assemblea alla rottura definitiva (non senza aspri scontri verbali e fisici all’interno dell’assise pubblica) con la corona britannica.

Tra il 1° e il 2° luglio di quell’anno, Cesare compì però il gesto che gli avrebbe valso un’imperitura memoria nel suo piccolo stato americano. Afflitto da una grave forma di cancro al viso e dall’asma, Rodney fu chiamato dall’amico Mc Kean a Philadelphia per assicurare la maggioranza favorevole al partito dell’indipendenza, ostacolato nel Delaware dal delegato di New Castle, George Read. 

Quella intrapresa da Rodney fu una vera cavalcata eroica. Il sofferente delegato montò infatti in groppa al suo cavallo e iniziò una corsa contro il tempo, percorrendo le ottanta miglia che lo separavano da Philadelphia in un vero e proprio clima infernale. Rodney superò il caldo rovente, attraversò un furioso temporale estivo e proseguì sotto la pioggia torrenziale. Guadò nel fango e deviò numerose volte dalla strada lineare ostruita dal materiale tracimato dai fiumi. Attraversò ponti traballanti e spronò il cavallo su terreni infidi resi viscidi dall’acqua. Il cavaliere solitario arrivò esausto all’appuntamento con la storia e appose la sua firma alla dichiarazione d’indipendenza negli ultimi minuti messi a disposizione dalla Costituente, sigillando con il gesto tutto il suo percorso politico e filosofico.

La sua cavalcata eroica valse un altro tassello alla causa e si trasformò istantaneamente in leggenda popolare. Accolto con tripudio al suo ritorno in Delaware, Rodney fu insignito anche della carica di generale della Milizia dello stato e con questa carica affrontò i difficili mesi della guerra d’indipendenza. Sopravvisse anche a questo evento con grande animosità e divenne, nello stesso periodo, anche giudice del Tribunale di Stato della Marina. 

Protagonista delle battaglie di Princeton e Trenton (nel 1776 e 1777), l’italoamericano si mise a disposizione di George Washington ed ottenne l’incarico di comandante della guarnigione di Trenton. Le sue truppe avanzarono fino a Morristown e riuscirono a sostenere con eroismo gli attacchi nemici tanto da meritarsi l’encomio solenne dello stesso Washington: “La prontezza con cui avete preso parte alla campagna militare, nel periodo più critico per i nostri propositi, l’ingegno usato per guidare brillantemente la milizia dello stato del Delaware, riflette l’alto onore del vostro carattere e testimoniano l’attaccamento alla causa, sotto tutti i punti di vista.”

Gli onori tributati ai soldati del Delaware e al suo comandante non cambiarono tuttavia il carattere pragmatico dell’italoamericano. Tornato alla vita pacifica, Rodney mantenne ancora per un po’ la carica di Generale Maggiore della Milizia dello Stato e rimase in divisa fino al 31 marzo del 1778, per passare a vestire i panni più importanti della giovane nazione aderente all’ Unione. Ceasar Rodney divenne infatti il 4° Governatore del Delaware e conservò l’incarico fino al 1781. Le sue doti di grande politico si fecero apprezzare anche in questa esperienza. Il suo mandato portò stabilità nel governo dello
stato, attraversato fino ad allora da mille sconvolgimenti interni. Il governatore resse con grande peso la sua funzione e soltanto al compimento dei cinquanta anni, ebbe il suo primo crollo conseguente alla grave debilitazione fisica. Sfinito dall’immensa mole di lavoro, Rodney sentì sul suo corpo il peso di un male che lo affligeva da quindici anni.

“Il dottore deve vincere il cancro o il cancro vincerà me. Il mio fisico mi chiede riposo ed è mio desiderio assecondarlo finalmente.” Con queste parole egli scelse di abdicare dall’incarico di governatore e di mantenere soltanto la carica di membro dell’Assemblea Generale dello Stato. Nel 1783 egli venne però di nuovo scelto a un compito delicato e in qualità di relatore della Camera Alta riprese a lavorare a pieno ritmo. Ma il suo fisico era al limite e gli stessi delegati del Congresso Statale lo capirono. Per aiutare il loro eroe, stabilirono nel 1784 di trasferire gli incontri dell’Assemblea nella casa di Rodney. La scelta rappresentò una vera e propria eccezione procedurale e fu approvata proprio in onore della statura morale e politica dell’ormai stremato “cavaliere dell’indipendenza”.

Tutto questo non valse però ad alleviare il male dell’italoamericano. Il 26 giugno del 1784 Ceasar Rodney, il grande uomo del Delaware si spense nella sua casa. Egli venne sepolto nella sua amata fattoria e la sua tomba, per espresso volere del defunto, non fu contrassegnata da alcuna lapide. Soltanto nel 1885, il ministro della giustizia Joseph P. Conegys appose una piccola lastra di marmo sopra il luogo di sepoltura. Nel 1889 i resti di Rodney furono traslati infine nella Chiesa di Cristo a Dover e in onore dell’uomo politico fu eretto un mausoleo. Tutto questo non era però frutto della volontà di Cesare. L’erede degli Adelmare di Treviso, “il cavaliere dell’indipendenza”, aveva lasciato il suo spirito nell’adorato Delaware.


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