Lo chiamavano lo “stilista della canzone” e il suo sogno era quello di diventare più conosciuto di Frank Sinatra. Non riuscì completamente nei suoi propositi ma realizzò nonostante ciò una delle carriere più straordinarie nel mondo della musica leggera.
Robert Walden Cassotto, era nato nel 1936 nel Bronx di New York e del popoloso quartiere metropolitano respirò tutti gli umori, comprese le tensioni riservate agli italiani durante l’ultimo conflitto mondiale. Non ebbe la fortuna di conoscere il proprio padre, morto tragicamente qualche mese prima della sua nascita, e fin dall’infanzia dovette convivere con la povertà. Sua madre, un’inglese intrattenitrice di professione, dovette provvedere da sola alla crescita di Robert e della sorella Nina, combattendo anche contro il fisico cagionevole del futuro singer americano.
Il piccolo Robert, a soli otto anni dovette superare anche una forte crisi di febbri reumatoidi, e ne portò i segni per il resto della vita: un cuore debole e bizzoso!
Iscrittosi ai corsi di scienze, il giovane italoamericano manifestò presto il suo talento musicale.
Dotato di straordinaria abilità nell’uso di vari strumenti musicali, bruciò la sua dote per l’innata impazienza e non completò alcuna formazione specifica. Tamburino di una banda cittadina all’età di quindici anni, il futuro Bobby Darin, decise così di proseguire gli studi classici e si iscrisse all’Hunter College. Anche questa passione però bruciò in un solo anno per lasciare il posto alla voglia di recitazione.
La prima occasione arrivò in quello stesso anno, con l’audizione per uno spettacolo e provini per case discografiche. Ottenuti i primi riscontri Robert Cassotto decise di cambiare il nome per trasformarlo in uno più altisonante; aprì l’elenco telefonico e fermò il suo dito al primo cognome dal suono musicale. Per tutti sarebbe diventato Bobby Darin.
La carriera, inizialmente, si avviò sui binari secondari dei locali minori. La sua voce si fece spazio nell’affollato panorama underground della New York del dopoguerra e iniziò a salire i gradini del successo.
Deciso a crearsi un reddito stabile con l’esecuzione di jingle pubblicitari e come autore di brani, il futuro re dei 45 giri ebbe il suo primo contatto valido con la Decca Records. La casa discografica aveva arruolato nelle sue file, due anni prima Bill Haley e le sue Comets, e decise di lanciare anche Bobby Darin, decidendo di confinarlo però nell’ambito di un genere pop impersonale.
La breve esperienza nella musica professionistica confermò, nel giovane cantante del Bronx, la sua voglia di proseguire su una strada originale inducendolo a firmare per l’etichetta dell’Atlantic Records. Darin registrò i suoi nuovi brani con la Atco, e per l’etichetta associata all’Atlantic divenne arrangiatore ed autore, sfornando il suo primo grande successo: “Love me right”, incisa da Lavern Baker.
Contemporaneamente proseguì la sua strada di interprete, incontrando ben tre insuccessi di seguito. Non bastarono però a fermarlo. Passato per un provino alla Brunswick Records, l’italoamericano scrisse “Early in the Morning”, impressionando con la sua interpretazione il titolare dell’etichetta; il contratto però non gli fu affidato mentre il pezzo venne affidato, senza il suo consenso, ai “Ding Dongs”.
Il brano scippato divenne in poco tempo la “querelle” del mondo musicale del momento e la frode non riuscì ad ingannare i disc jockers di New York, che costrinsero Brunswick a ritirare il pezzo e a girarlo alla Atco, che ne affidò l’esecuzione ai Rinky Dinks. Atco e Brunswick iniziarono così una vera e propria guerra delle vendite. Brunswick affidò il pezzo a Buddy Holly, ma l’arrangiamento di Darin per l’Atco, dopo le fortunate apparizioni televisive nel “The Dick Clark Show” e nel “Perry Como Show”, superò nelle vendite quella dell’avversario, decretando l’affermazione del musicista italoamericano. Venduto un milione di copie, Darin scrisse “Queen of the Hop” e “Plain Jane” raccogliendo altre grandi soddisfazioni di pubblico (Queen of the Hop vendette milioni di copie!).
Nel marzo del 1959 uscì nei negozi “Dream Lover”, un brano costruito sui ritmi latini del “cha-lypso” (simbiosi tra calypso e cha cha cha) e destinato a vendere tantissime copie. Per l’italoamericano sarebbe stata la consacrazione definitiva. La canzone seguente, “Mack the Knife”, vendette due milioni di copie e scalò le vette della classifica per mesi. Il brano vinse un Grammy Award e divenne il disco dell’anno, regalando a Darin la vittoria come miglior artista esordiente.
Anche il cinema si accorse dell’artista italoamericano chiamandolo a recitare in diverse pellicole. Nel 1960 egli interpretò “Come September”, nel ‘62 recitò in “State Fair” e nel 1963 ricevette la nomination all’Oscar per la parte nel “capt. Newmann M.D.”.
Tra una pellicola e l’altra, Bobby Darin diede corpo anche al suo sogno d’amore, sposando la fidanzata Sandra Dee. La felicità coniugale durò però la spazio di qualche stagione. Divorziato da Dee, l’artista del Bronx iniziò una lunghissima carriera binaria tra i luccicanti locali di Las Vegas e gli studi della tv, prestando la sua professionalità anche alla campagna elettorale di Robert Kennedy (nel ‘68). Il grande successo sembrò attaccarsi per sempre sulla pelle del musicista italiano. Ma, dopo l’omicidio di Bob Kennedy, anche per Darin arrivò una sconvolgente verità a trasformare tutta la vita.
Egli scoprì infatti che la madre Polly, in realtà era sua nonna e che la sorella Nina era invece la vera madre e questa scoperta gettò nello sconforto l’artista che decise di uscire per un po’ dalle luci dei riflettori. Bobby Darin vendette tutte le sue proprietà e si trasferì in una semplice roulotte a Big Sur, in California, per dare libero sfogo ai propri fantasmi e pensieri. Riemerse dal silenzio artistico dopo più di un anno, completamente trasformato. Al pubblico si presentò in jeans e look “figlio dei fiori”, e con un ‘etichetta tutta sua: la Label Direction Records.
Il rientro nel mondo del disco non si sarebbe rivelato fortunato. Il suo disco, firmato Born Walden Robert Cassotto, non vendette bene e costrinse l’artista a cedere la propria etichetta ai creditori.
Per continuare a lavorare, Darin firmò per la Motown Records e riprese le sue collaborazioni con i locali di Las Vegas. Anche la collaborazione con la Motown non riuscì a produrre nulla di valido in termini di vendite, decretando la fine di una stella degli anni ‘60.
La vita sentimentale dell’italoamericano prese invece di nuovo la strada giusta, trascinandolo al matrimonio, nel giugno del ‘72 con Joy Yeager. Fu l’ultima soddisfazione per Bobby. Nel 1973 le condizioni del suo cuore peggiorarono a tal punto da indurlo all’intervento. La riparazione della valvola cardiaca era un’operazione delicata e l’artista sapeva dei rischi che lo aspettavano. Ma non aveva scelta.
E il destino non fu clemente con lui. Robert Cassotto, alias Bobby Darin, morì durante l’operazione, il 20 dicembre del 1973, mettendo fine a una delle carriere più brillanti del panorama musicale statunitense. L’artista però riuscì a regalare un’ultima grande sorpresa ai suoi fan, donando il suo corpo (attraverso il testamento) all’Ucla Medical Center. L’autore di tante melodie orecchiabili degli spensierati anni Sessanta, lasciò il mondo terreno sotto forma di “materiale di ricerca”.