Dire Falstaff e dire Nicola Alaimo è la stessa cosa, tanto al baritono siciliano è connaturata la figura, la mole e il carattere gioioso di questo straordinario personaggio verdiano.
Alaimo ci accompagna per mano ad esplorare la figura di questo signore corpulento, in età e, molto, molto ottimista, che ha incantato nel tempo drammaturghi, letterati, musicisti. Raccontiamo qualcosa di Sir John Falstaff, dal carattere vanesio ed amabilmente pieno di sé, allegro e scanzonato e alla fin fine tanto simpatico.
“Falstaff” è l’ultima risata di un Giuseppe Verdi quasi ottuagenario che in qualche modo si era riappacificato con se stesso durante gli ultimi anni della sua esistenza, un addio disincantato al mondo e al gioco della vita. Da Oberto Conte di San Bonifacio, 1839, a Falstaff, 1893, sono passati più di 40 anni, durante i quali il compositore ha dipinto tutta l’umanità o quasi, ha scrutato l’animo umano con le sue gioie e le sue pene, i suoi fasti e le sue miserie.
La commedia lirica in tre atti su libretto di Arrigo Boito, è tratta da “Le allegre comari di Windsor” e dall’ “Enrico IV” di William Shakespeare. L’azione si svolge a Windsor durante il regno di Enrico IV, narra le disavventure del maturo seduttore e gli atroci scherzi a cui viene sottoposto. Mistero e seduzione, sorriso e malinconia, travestimenti e notti magiche, appuntamenti mancati, folletti, incontri galanti che si trasformano in tregenda, comari e ricche dame in vena di divertirsi, servi e cavalieri: su tutti impera corpulento e gioioso Falstaff che non perde mai la sua baldanza anche quando gli capitano brutte avventure.
La commedia lirica debuttò al Teatro La Scala di Milano il 9 febbraio 1893 e fu un trionfo. In sala c’erano la Principessa Letizia Bonaparte, Giosuè Carducci, Giuseppe Giacosa, Giovanni Boldini, Giacomo Puccini, Pietro Mascagni, una folla di ammiratori seguì Verdi fino al suo albergo costringendo il compositore ad affacciarsi dal balcone. Le recensioni della stampa italiana e straniera furono entusiastiche. Un grande estimatore di Falstaff fu Arturo Toscanini che diresse l’opera nel teatro di Busseto nel 1913 e nel 1926 e la registrò in una storica incisione con il baritono torinese Giuseppe Valdengo protagonista. Dopo la prova deludente di “Un giorno di regno” è la prima volta che Verdi affronta il genere comico dando vita a una commedia che ruota attorno al goffo personaggio shakespeariano. “
“Falstaff sta ad Alaimo come Alaimo sta a Falstaff”, è solito dire il baritono siciliano dalla voce duttile e potente. Lo abbiamo ascoltato all’Opéra di Monte-Carlo diretto da Maurizio Benini in un’allestimento di grande teatralità, inquieto e scalpitante, intriso di disincantato umorismo. La geniale e fortunata opera di Verdi firmata da Jean-Louis Grinda continua a mietere successi in Italia e all’estero, tutto è straordinariamente divertente, merito anche delle scene di Rudy Sabounghi e degli originali, colorati costumi di Jorge Jara e tutto nell’opera sembra scorrere velocissimo, senza fermate. Nicola Alaimo è in quest’opera semplicemente superlativo, potenti e adeguati i mezzi vocali, comicità trasbordante venata di un pizzico di malinconia e dell’amara, rassegnata saggezza che si colgono nel finale.
Un personaggio perfettamente scolpito fin nei minimi particolari da un attore consumato che si muove agevolmente, sempre presente in scena avvolto nelle sue piume di gallo vanesio, con un’incredibile esuberanza scenica toccando con giustezza vocale ed abilità senza pari ogni nota delle emozioni e dei sentimenti umani, amore, attrazione, gelosia, frivolo e innamorato all’inizio, gravemente lucido dopo essere stato buttato nel Tamigi in una cesta di biancheria sporca, fino al malinconico e distaccato finale “Tutto nel mondo è burla”, con cui Falstaff si congeda dall’opera del compositore di Busseto.
Nicola Alaimo proviene da una famiglia di musicisti: la nonna paterna suonava l’organo e cantava da mezzosoprano, la sorella corista al Massimo, lo zio Simone Alaimo, basso-baritono di prim’ordine. Nato a Palermo, Nicola vive a Pesaro nelle Marche, ha due figlie, Sofia e Marilena ed è sposato con il soprano Silvia Tortolani.
Le opere preferite? Falstaff naturalmente e tutto il repertorio verdiano, dal Gianni Schicchi alla Bohéme, la Traviata, Don Carlo, Il Trovatore, ma ama egualmente Bellini, Donizetti, Puccini, Mozart, con una speciale predilezione per Rossini, (ha debuttato nel 1997 nel ruolo di Dandini nella Cenerentola) e da quel momento è stato un susseguirsi di successi internazionali, non si contano le sue collaborazioni nei grandi teatri del mondo con i più prestigiosi direttori d’orchestra, da Riccardo Muti a James Levine, Gianluigi Gelmetti, Michele Mariotti.
Tappe fra le più significative della sua brillante carriera sono state il Teatro La Scala di Milano diretto da Riccardo Muti, il Maggio musicale Fiorentino sotto la direzione di Zubin Metha , il Metropolitan di New York diretto da James Levine.