For our ancestors, the Romans, wine was not just a drink but a symbol of power, wealth, and status; its production was a complex process that involved not only manual labor but also sophisticated technology and management. The Villa of the Quintilii, located in the southern suburbs of Rome, was one of the largest and most luxurious estates in the Roman world. Excavations of the villa’s winery revealed a remarkable system of wine production that involved not only slaves and craftsmen but also emperors themselves.
The villa was built in the second century AD by the Quintilii brothers, who were wealthy and influential members of the Roman élite. It covered an area of about 130 hectares and sported a vast array of buildings and amenities, including baths, fountains, gardens, and a large artificial lake. Its vineyards were famous, too, and their high-quality wine was renowned throughout the empire.
The Quintilii’s winery was located in a large underground complex, accessible through a system of tunnels and staircases: it consisted of several chambers, each dedicated to different stages of the wine production process, from pressing and fermentation to storage. The pressing chamber was equipped with several large wooden presses, operated by slaves or oxen, while the fermentation chamber was lined with large jars called dolia, which were used to store the grape juice and allow it to ferment.
But this wasn’t only a place of wine production, it was also a place for entertainment: the Quintilii brothers were known for their extravagant parties and feasts, and they often invited guests to witness the wine production process and sample the finished product. And it must have been some pretty good wine they made if it’s true that many an Emperor visited the villa and its winery, too. Emperor Commodus, who ruled from 180 to 192 AD, was particularly fond of the villa and spent a great deal of time there. According to historical sources, Commodus was not content with merely watching the wine production process but also insisted on participating in it. He reportedly took off his imperial robes and worked alongside the slaves in the pressing chamber, showing off his strength and stamina.
But Commodus was not the only emperor to visit the villa of the Quintilii: his successor, Emperor Septimius Severus, who ruled from 193 to 211 AD, also traveled to the villa often to take part in the wine production process.
Good wine, great guests, fantastic location, but also a site of innovation and technology. Roman winemakers were skilled at manipulating the wine production process to create different varieties of wine with distinct flavors and aromas. They used a combination of techniques, including maceration, clarification, and aging, to create wines that were tailored to the tastes of their customers. Maceration involved leaving grape juice in contact with the skins and seeds of the grapes: this allowed for the extraction of tannins and color from the skins and resulted in a deeper, richer flavor and color in the wine. Clarification, on the other hand, used materials like egg whites or charcoal to remove impurities from the wine. This process not only improved the taste and appearance of the wine but also increased its shelf life. The Romans were also fond of aging their wines, which they would store in large amphorae (ceramic jars) to allow for the slow development of more complex flavors.
The winery at the villa of the Quintilii was also an early example of a vertically integrated production system, in which all stages of the production process were controlled by a single entity. The Quintilii brothers owned the vineyards, the winery, and the transportation system that brought the wine to market: this allowed them to maintain a high level of quality control and maximize their profits. This winery was truly an impressive feat of ancient engineering and ingenuity, and the sheer scale of the operation, with its massive wine presses and underground cellars, is a testament to the wealth and power of the Roman Empire.
But what’s perhaps most striking about this winery is the way it was used by the emperors themselves, as historical records show us. What can we gather about ancient Roman society, when we read Commodus and Septimius Severus would get busy and dirty making wine at the villa, as if they were slaves? Well, certainly, that winemaking was not just a way to produce a luxury product, but also a means of reinforcing political power and status. By creating a wine associated with the imperial household, the emperors were able to demonstrate their wealth, sophistication, and mastery of nature.
Today, the ruins of the Villa of the Quintilii serve as a reminder of this impressive chapter in Roman history. While we may never be able to taste the wine its winery once produced, we can still marvel at the ingenuity and ambition of those who created it.
Per i nostri antenati, i Romani, il vino non era solo una bevanda, ma un simbolo di potere, ricchezza e status; la sua produzione era un processo complesso che coinvolgeva non solo il lavoro manuale, ma anche tecnologie e gestioni sofisticate. La Villa dei Quintilii, situata nella periferia meridionale di Roma, era una delle tenute più grandi e lussuose del mondo romano. Gli scavi della cantina della villa hanno rivelato un notevole sistema di produzione del vino che coinvolgeva non solo schiavi e artigiani, ma anche gli stessi imperatori.
La villa fu costruita nel II secolo d.C. dai fratelli Quintilii, ricchi e influenti membri dell’élite romana. Si estendeva su una superficie di circa 130 ettari e vantava una vasta gamma di edifici e servizi, tra cui terme, fontane, giardini e un grande lago artificiale. Anche i suoi vigneti erano famosi e il loro vino di alta qualità era rinomato in tutto l’impero.
La cantina dei Quintilii si trovava in un grande complesso sotterraneo, accessibile attraverso un sistema di gallerie e scale: era composta da diverse camere, ognuna delle quali era dedicata a diverse fasi del processo di produzione del vino, dalla pigiatura e fermentazione allo stoccaggio. La camera di pigiatura era dotata di diversi grandi torchi di legno, azionati da schiavi o buoi, mentre la camera di fermentazione era rivestita di grandi giare chiamate dolia, che servivano a conservare il succo d’uva e a farlo fermentare.
Ma questo non era solo un luogo di produzione del vino, era anche un luogo di intrattenimento: i fratelli Quintilii erano noti per le loro feste e i banchetti stravaganti e spesso invitavano gli ospiti ad assistere al processo di produzione del vino e ad assaggiare il prodotto finito. Dovevano produrre del buon vino se è vero che anche molti imperatori visitarono la villa e la sua cantina. L’imperatore Commodo, che regnò dal 180 al 192 d.C., era particolarmente affezionato alla villa e vi trascorreva molto tempo. Secondo fonti storiche, Commodo non si accontentava di osservare il processo di produzione del vino, ma insisteva per parteciparvi. Secondo quanto riferito, si tolse le vesti imperiali e lavorò a fianco degli schiavi nella camera di spremitura, dando prova della sua forza e resistenza.
Ma Commodo non fu l’unico imperatore a visitare la villa dei Quintilii: anche il suo successore, l’imperatore Settimio Severo, che regnò dal 193 al 211 d.C., si recò spesso alla villa per partecipare al processo di produzione del vino.
Buon vino, grandi ospiti, una location fantastica, ma anche un sito di innovazione e tecnologia. Gli enologi romani erano abili nel gestire il processo di produzione del vino per creare diverse varietà di vino con sapori e aromi distinti. Utilizzavano una combinazione di tecniche, tra cui la macerazione, la chiarificazione e l’invecchiamento, per creare vini su misura per i gusti dei loro clienti. La macerazione consisteva nel lasciare il succo d’uva a contatto con le bucce e i semi degli acini: questo permetteva l’estrazione di tannini e colore dalle bucce e dava un sapore e un colore più profondi e ricchi nel vino. La chiarificazione, d’altra parte, utilizzava materiali come albumi o carbone per rimuovere le impurità dal vino. Questo processo non solo migliorava il gusto e l’aspetto del vino, ma ne ha aumentava anche la tenuta. I romani amavano anche far invecchiare i loro vini, che conservavano in grandi amphorae (giare di ceramica) per consentire il lento sviluppo di sapori più complessi.
La cantina della villa dei Quintili fu anche un primo esempio di sistema produttivo integrato verticale, in cui tutte le fasi del processo produttivo erano controllate da un’unica entità. I fratelli Quintilii possedevano i vigneti, la cantina e il sistema di trasporto che portava il vino sul mercato: questo permetteva loro di mantenere un alto livello di controllo della qualità e di massimizzare i profitti. Questa azienda vinicola è stata davvero un’impresa impressionante di antica ingegneria e ingegnosità, e la vastità dell’operazione, con i suoi enormi torchi e cantine sotterranee, è una testimonianza della ricchezza e del potere dell’Impero Romano.
Ma ciò che forse colpisce di più di questa cantina è il modo in cui veniva utilizzata dagli stessi imperatori, come ci dimostrano i documenti storici. Cosa si può dedurre sull’antica società romana, quando leggiamo che Commodo e Settimio Severo si davano da fare e si sporcavano a fare il vino in villa, come fossero schiavi? Ebbene, certo, quella vinificazione non era solo un modo per produrre un prodotto di lusso, ma anche un mezzo per rafforzare il potere politico e lo status. Creando un vino associato alla famiglia imperiale, gli imperatori furono in grado di dimostrare la loro ricchezza, raffinatezza e la padronanza della natura.
Oggi, le rovine della Villa dei Quintilii servono a ricordare questo imponente capitolo della storia romana. Anche se potremmo non essere mai in grado di assaggiare il vino prodotto dalla sua cantina, possiamo ancora ammirare l’ingegnosità e l’ambizione di coloro che lo crearono.
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