L’arte assorbe. L’arte rispecchia. L’arte si consuma. L’arte rinasce. L’immobilismo della Guerra Fredda è ormai un lontanissimo ricordo. Perfino lo storico muro Usa-Cuba è sul viale del risolutivo tramonto. L’era moderna però non è un posto troppo immacolato. Oggi le società nascono e crollano. Oggi l’essere umano è un campo aperto senza protezione. Secondo dopo secondo (in)costanti messaggi, speranze e paure mutano forma, colore e sostanza. E come vive l’artista tutto questo? Su il sipario su All the World’s Futures, la 56^ Esposizione Internazionale d’Arte di Venezia diretta dal critico d’arte, giornalista e scrittore nigeriano-statunitense Okwui Enwezor. 
 
“Oggi il mondo ci appare attraversato da gravi fratture e lacerazioni, da forti asimmetrie e da incertezze sulle prospettive” ha spiegato il presidente della Biennale, Paolo Baratta. “Nonostante i colossali progressi nelle conoscenze e nelle tecnologie, viviamo una sorta di age of anxiety. E la Biennale torna a osservare il rapporto tra l’arte e lo sviluppo della realtà umana, sociale, politica, nell’incalzare delle forze e dei fenomeni esterni. Si vuole quindi indagare in che modo le tensioni del mondo esterno sollecitano le sensibilità, le energie vitali ed espressive degli artisti, i loro desideri e i moti dell’animo (il loro inner song)”.
 
Il sempre numeroso pubblico da tutto il mondo avrà a disposizione sei mesi e mezzo per visitare la Biennale fino a domenica 22 novembre 2015. 
Nutrite come sempre le presenze dei padiglioni internazionali il cui totale quest’anno ha toccato quota 89 (Santa Sede inclusa), cinque dei quali presenti per la prima volta: Grenada, Mauritius, Mongolia, Repubblica del Mozambico e Repubblica delle Seychelles. C’è molta attesa per gli Stati Uniti con “They Come to Us Without a Word” di Joan Jonas, newyorchese classe ’36, visual artist nonché pioniera di performance art e già attiva dalla fine degli anni Sessanta. 
 
Ma prima di cominciare a viaggiare tra i cinque continenti, non si può non cominciare il tour espositivo dalla Mostra specifica “All the World’s Futures”. 
Un unico grande percorso espositivo tra il Padiglione Centrale dei Giardini e l’Arsenale al quale hanno partecipato 136 artisti, molti dei quali provenienti dagli States: Jennifer Allora (’74), Keith Calhoun & Chandra McCormick (rispettivamente del ’55 e ’57, entrambe di New Orleans), la piattaforma editoriale newyorchese E-Flux Journal, Melvin Edwards (’37, attivo nella Grande Mela), e poi ancora Walker Evans, Coco Fusco, Charles Gaines, Theaster Gates, Nancy Holt &  Robert Smithson, Glenn Ligon, Kerry James Marshall, Bruce Nauman, Gedy Sibony, Gary Simmons, Taryn Simon, Lorna Simpson e Sarah Sze. 
 
Nell’epoca del dominio incontrastato della parola-web, la Biennale va in controtendenza dando vita ad Arena, un luogo di raccolta della parola parlata, dell’arte del canto, dei recital, delle proiezioni di film e aperto a pubbliche discussioni. Concepita dal premiato architetto ghanese-britannico David Adjaye, sarà un teatro con una continua programmazione interdisciplinare dal vivo. Prendendo spunto dal rito sikh dell’Akhand Path (recitazione ininterrotta del libro sacro per la quale si alternano più lettori nell’arco di diversi giorni), più attori si avvicenderanno nella lettura di testi di cui il più corposo saranno i tre volumi del Das Kapital (Il Capitale) di Karl Marx, per la regia dell’artista e regista Isaac Julien.
 
Venezia e la Biennale non solo ai Giardini e all’Arsenale. Anche in questa edizione sono numerosi (ben 44) gli Eventi Collaterali ufficiali promossi da enti e istituzioni internazionali che allestiranno mostre e iniziative tra i vari luoghi ed edifici storici nella città.

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