Il verbo greco “theàomai” significa vedere. Perciò “théatron” è visione, spettacolo; quindi teatro. Oggi, come prima accezione, alla parola teatro (divenuta ormai internazionale) attribuiamo il significato di “luogo, o sede, delle rappresentazioni teatrali”.
Quindi spazio o edificio in cui si rappresentano opere teatrali. Poi, anche quello di “fenomeno artistico-letterario di tipo drammatico”; oppure quello di “disciplina professionale con tutti i suoi addentellati”; e, finalmente, quello di “genere letterario fatto di opere la cui caratteristica è la mimèsi (imitazione della realtà)”.
I testi teatrali, di natura dialogica, sono destinati alla recitazione da parte di attori che, nelle vesti dei personaggi letterari, simulano nella rappresentazione artistica le vicende delle storie che vengono presentate con l’azione scenica.
Da una parte, quindi, c’è un racconto che è fatto da movimento, gesti e atteggiamenti in un luogo deputato (il proscenio), dall’altra i dialoghi contestuali che integrano il racconto mimetico attraverso la manifestazione (comunicazione e rappresentazione) del mondo interiore dei singoli personaggi delle storie.
La stessa radice del verbo “theàomai” è presente nella parola politeama; l’avverbio greco: polù (molto) corrisponde al latino plus (più). Parola adottata da quando nell’unico spazio destinato al teatro, si è iniziato a proporre nuovi spettacoli che si allontanavano dal modello del teatro classico (soprattutto con l’avvento del cinematografo). Nome che in seguito si diffuse per indicare proprio le sale cinematografiche.
La nostra (occidentale) tradizione teatrale risale alla classicità greco-romana, più esattamente al mondo greco.
Potremmo dire che il teatro è interamente greco, sia come monumento architettonico, sia come genere letterario (forma e struttura) comprendente la tragedia, la commedia, il dramma satiresco e qualche altra forma di rappresentazione fatta di danza e di mimica (oltre al più antico ditirambo); tutte, per quanto riguarda i testi, rientranti nel genere “poesia”. La più alta letteratura della Grecia classica. Così com’è completamente greca la più antica architettura destinata ad accogliere le rappresentazioni delle opere teatrali.
Il teatro. La struttura architettonica destinata fin dall’antichità ad accogliere questo tipo di spettacoli a contenuto mitologico, storico-realistico, o burlesco, è fatta da una serie di gradoni a semicerchio appoggiati ad un pendio collinare. Immaginiamo un semicerchio: dalla parte della curvatura si disponevano gli spettatori (sui gradoni concentrici appunto); di fronte, dalla parte del diametro (la corda che sottende l’arco) è piazzata la scena.
È questa una costruzione in muratura che rappresenta una facciata di abitazione, generalmente con tre porte d’entrata (casa privata, sede pubblica, oppure tempio) con davanti una piazzetta (il proscenio). Quindi la scena è fissa (cioè sempre la stessa): una strada che va a destra, una strada che va a sinistra, una piazza al centro. La confluenza di un trivio, insomma, essendo la terza strada quella dalla quale lo spettatore osserva.
Sia per gli attori che per gli spettatori la finzione scenica era immaginata sempre all’aperto e supponeva due strade, una a destra e l’altra a sinistra, delle quali la prima andava in città (a Roma, verso il Foro), l’altra andava fuori città che, a seconda dei casi, poteva essere o verso il porto o il campo di battaglia, o verso la campagna in direzione di un’altra città. I pochi (fino a tre) attori presenti sulla scena si muovevano in questo spazio circoscritto, così definito dal Prologo, il personaggio che introduceva la storia e dava quindi le informazioni sul luogo.
Ma gli spettatori, conoscendo l’opera che stava per essere rappresentata, riuscivano ad immaginare anche la direzione delle uscite. Le porte della scena erano anch’esse utilizzate come entrata e uscita degli attori, ma nell’immaginazione del pubblico portavano all’interno degli edifici.
Là si svolgevano le azioni violente o truculente, o indecenti. Tutte azioni alle quali il pubblico degli spettatori non assisteva. Solo, all’esterno, giungevano rumori e grida che ne davano l’idea; dopo, uno dei personaggi veniva a raccontare agli spettatori che cosa era successo dentro l’edificio.