Quando il dolore che cova dentro di sé non è più sostenibile, Augusta (Jasmine Trinca) decide di partire per un lungo viaggio, nella speranza di trovare conforto e consolazione. Raggiunge Suor Franca, un’amica della madre, sulle sponde del fiume Rio, guarda l’orizzonte e cerca le risposte ai suoi fallimenti, nella fede, nello spirito e nelle immensità del paesaggio primordiale di fronte a sé.
Il suo percorso però è più complicato del previsto e solo il sorriso dei bambini, il calore umano e affettivo della comunità delle favelas, riuscirà a darle una nuova speranza.
“Un giorno devi andare” è un racconto itinerante in cui il regista Giorgio Diritti (Il vento fa il suo giro – 2005, L’uomo che verrà – 2009) ci offre il suo punto di vista sul significato del viaggio come metafora di una riflessione esistenziale, di una ricerca interiore, che può condurti a mettere in discussione ogni elemento della vita passata, modificandone le priorità.
Augusta, dagli agi di una vita borghese, incontra un mondo in cui l’uomo vive a stretto contatto con la madre terra e, crescendo nella semplicità, continua a credere nei valori morali a cui noi, signori del benessere, non siamo più legati.
“Ritrovare il valore della vita nella semplicità”. Ed è così che Giorgio Diritti alla conferenza stampa romana del film, ha voluto spiegare il pretesto, il fulcro del film e la lezione che egli ha voluto regalare ai suoi spettatori.
Da dove nasce il progetto di “Un giorno devi andare”?
Giorgio Diritti – Tutto nasce dalla mia necessità di fare un film sul senso del viaggio. Non il viaggio turistico, ma quello che dipende dall’esigenza di intraprendere un cammino diverso dalla propria vita, che è quello che con coraggio e ostinazione compie Augusta. Il viaggio ti porta a scoprire te stesso e le emozioni che sai provare, è l’occasione per trovarsi di fronte a situazioni che ti costringono a prendere decisioni perché ci sono delle priorità. E mai come ora, penso che questo tema sia attuale. Non solo per la crisi economica, morale, psicologica.
Penso, soprattutto, che dopo anni di promesse, di consumismo esasperato, abbiamo ottenuto tanto – mi riferisco al campo tecnologico o scientifico, per esempio – ma tutto ciò non ha fatto in modo che il vuoto che ci portiamo dentro, l’angoscia che sentiamo nella nostra vita, svanisca. Anzi, a mio avviso, li ha resi ancora più forti. Perché siamo tutti più soli ed ingabbiati nelle nostre abitudinarie esistenze.
Il viaggio ti deve dare la capacità di riuscire a osservare, guardare – soprattutto nel caso del mio film ambientato in un mondo così lontano dal nostro – senza che intervenga alcun giudizio o comparazione con la vita che hai lasciato. Solo attraverso questo cammino saremo in grado di recuperare il nostro primitivo bisogno di vivere, smantellando ogni meccanismo complicato e lasciando il posto all’amore, alla creatività, alla pienezza, per colmare finalmente i vuoti che sentiamo. Con questo non voglio dire che occorre andare in Amazzonia per compiere questo viaggio, può bastare passeggiare per Roma. È lo sguardo che deve cambiare”.
Nei suoi film le donne hanno sempre un ruolo centrale e predominante, rispetto al maschile. Perché?
Giorgio Diritti – Troppo spesso si racconta di uomini dal senso forte dell’orgoglio che portano a disastri e guerre. Invece la donna è naturalmente accogliente, il tempio della vita.
Jasmine Trinca questa è stata sicuramente un’esperienza unica e forse faticosa, può raccontarci questa avventura?
Jasmine Trinca – Nonostante quanto si possa percepire nel film, non è stato così faticoso a livello fisico. Mentre a livello umano devo dire che è stato un film diverso e unico rispetto a tutti i miei precedenti.
Abbiamo girato a Manaus in Brasile e in favelas vicino ai luoghi dove gli Indios vivono in condizioni di grande miseria. Il mio approccio e quello della troupe non poteva che essere il più aperto possibile al dialogo e alla comprensione, mostrando rispetto nei loro confronti.
Il popolo con cui abbiamo avu-to a che fare è stato così felice di accoglierci che per noi è stata quasi una passeggiata. Grazie a loro, così felici di recitare per la prima volta, senza aver mai visto un film, ho imparato a riconoscere il grande valore della vita nella semplicità, proprio come accade ad Augusta”.
Che cosa ne pensi del senso del film?
Jasmine Trinca – “Un giorno devi andare” è un film sulla vita. Ognuno di noi può avere la sua strada, c’è chi la trova nella ricerca di Dio, chi nell’aiutare gli altri, chi non si pone nemmeno la domanda. Augusta parte da un’assoluta incapacità di comprendere se stessa e di trovare risposte al suo dolore. È attraverso il viaggio, la fede, le persone, l’isolamento e un bambino che le corre incontro solo per abbracciarla e tornare dalla sua famiglia, che arriva a percepirlo.
Forse quello che è stato più duro, è che non avevo mai avuto così tanto tempo per pensare e comprendere anche io me stessa, la mia vita, la mia figlia di quattro anni, e questo è stato un regalo immenso. Noi non ci fermiamo mai, quindi i nostri pensieri sono sempre la ripetizione di qualcosa di già conosciuto, non siamo in grado di guardare con occhi nuovi, diversi, perché non ci diamo il tempo.
Questo film nasce da un precedente documentario sull’Amazzonia. Che cosa l’ha colpita maggiormente degli Indios di Manaus?
Giorgio Diritti – Quello che mi ha sempre colpito e impressionato è che il bene del singolo di-pende dal bene della comunità.
La loro vita è difficilissima e di certo non sono immuni dal progresso, dal capitalismo, che in continuazione cerca di spedirli in casette prefabbricate che sembrano dei campi di concentramento. Senza parlare di chi sfrutta la bellezza di quel luogo per far nascere hotel e resort di gran lusso. Quindi, anche molti di loro, sono attratti dal potere del Dio Denaro e dal progresso ma la maggior parte crede nel valore della comunità e non vuole perderlo.
Si conoscono tutti e vogliono vivere insieme. Vi è un’apertura, un’accoglienza, un calore, una felicità, un riconoscimento del valore di ogni singolo giorno, che noi non riconosciamo più.
Accolto con entusiasmo di pubblico e critica al Sundance Film Festival, unico film italiano tra i selezionati, “Un giorno devi andare” ha già riscosso l’attenzione di Australia, America Latina e Nord America per vendite che dovrebbero essere perfezionate al mercato di Cannes.
“È un film d’immagini e di sentimenti, una scommessa”, afferma Lionello Cerri, produttore della pellicola.
Perciò, grazie ad una regia impeccabile a metà tra pellicola e documentario, aiutata da un paesaggio grandioso e superbo che smuove sensazioni ed emozioni al semplice sguardo, noi insieme ad Augusta partiamo per un viaggio attraverso le meraviglie della foresta Amazzonica, compiendo un percorso di formazione che ci aiuta e insegna a trovare le risposte proprio lì dove non si ha tempo di porsene.
Marcel Proust, in Alla ricerca del tempo perduto, diceva: “Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi”.