Statues in the house of the vestals, in Rome (Photo: Robert Ruggiero/Dreamstime)

Thanks to archaeology, history and art, today we know quite a lot about the Ancient Romans, yet, there are still some mysteries to unveil: one of them is certainly that of the Vestals, the holy priestesses who dedicated their lives to Vesta, the goddess of the hearth and the family, whose worship was considered essential for the welfare and safety of the city. Despite not being particularly “famous,” Vesta was an important divinity for the Romans, as she was sister to Jupiter and Neptune, and daughter of Cronus – one of the twelve Titans – and Rea. Vesta was associated with the “holy fire” that burned in her temple, which was to be kept alive continuously by the Vestals themselves.

History books tend to have a paragraph or two dedicated to the Vestals, but usually not more: they were chosen among the young daughters of Roman nobility, they were considered almost divine and they had to make a chastity vow – with deathly consequences in case they didn’t respect it. However, recent literary discoveries give us a more complex and nuanced portrait of these young women, who had, yes, an incredibly important duty and strict rules to follow, but were also allowed to enjoy privileges that other women – and men, as a matter of fact – could only dream of.

It all began with a trip to a Roman flea market, not many months ago. While perusing the many curiosities-filled stalls, historian Luigi Manzo came across a 19th-century pamphlet authored by some A.G. Frigerio, dedicated to the Vestal Virgins of Rome. In it, Frigerio had collected, we can imagine through a painstaking work of Latin reading and translating, all he could find about them in ancient texts, from Livy to Ovid, all the way to Seneca, Cicero, and Lucan. Fascinated by his find, Manzo decided to annotate it and propose it for publication. His work was picked up by Agora & Co., which printed Frigerio’s book again, plus Manzo’s notes, but with its old title, Storia delle Vestali Romane e del Loro Culto.

In truth, Frigerio’s book doesn’t say anything “new,” but has the great merit to bring together in one place all that Roman literature had to say about the Vestals: a vademecum about them. Their role, as we said, was that of keeping the fire of Vesta burning day and night: if it died, according to tradition, Roman civilization would have followed suit. Fire, we shouldn’t forget, was at once a symbol of purity and cleansing, and of life, because it represented the vital force of the sun. It was Numa Pompilius, the second king of Rome, to create the Order of the Vestals, the first of whom had been Rea Silvia, the mother of Romulus and Remus. Initially, four Vestals were guarding the sacred fire, who became six under the rule of Servius Tullius.

Becoming a Vestal was an honor reserved for very few, as only the daughters of the nobility could aspire to become one. They were usually chosen by the Pontifex Maximus, the head of the Roman priests, among twenty candidates aged between six and ten, all of aristocratic origins and with both parents still alive. Their service was to last 30 years, during which they had the duty to guard the sacred fire and remain virgins. But if you think that living in a temple and keeping a life of celibacy and prayer is nothing to aspire to, you may change your mind when you find out about all the advantages tied to it. Vestals were financially well off and had slaves, they were guests of honor at all theater representations and at the circus. They would travel around the city in richly decorated litters and everyone, including senators and magistrates, had to yield to them. If they crossed the path of a convict, he had to be freed. No one could touch them: their body, just like the fire they protected, was holy.

Vestals had also more legal rights than other women: they could be witnesses in trials and they could intercede for defendants; they could write their own will at any time, which was highly unusual for women, who could usually only do so when they were of a certain age and had at least three children. Last but not certainly least, they had the right to be buried within the walls of the city.

The statue of a Roman vestal in the Forum (Photo: William Perry/Dreamstime)

But as with anything in life, there was a darker side to the gilded coin of the Vestals. If the sacred fire stopped burning or they failed to guard the Palladium, a wooden statue of Pallas Athena that, according to the legend, had been brought to Rome from Troy by Eneas himself, they would be brutally flogged. If they failed to keep chaste, Vestals were prosecuted and tried by the Pontifex Maximus himself. If found guilty, the woman was led to an underground chamber, left there alone with a lamp, oil and water to last for a few days, then walled in.

In other words, she was buried alive and condemned to die of hunger and thirst.

You may wonder why these women, considered very much on a par with divinities, were destined to such a horrifying death… and the answer is simple: Vestals were untouchable, so no one could touch their bodies, even to kill them. Even after they failed Vesta and their duties, they remained a step above the rest.

Grazie all’archeologia, alla storia e all’arte, oggi sappiamo molto degli Antichi Romani, eppure ci sono ancora dei misteri da svelare: uno di questi è sicuramente quello delle Vestali, le sacerdotesse che dedicavano la loro vita a Vesta, la dea del focolare e della famiglia, il cui culto era considerato essenziale per il benessere e la sicurezza della città. Nonostante non fosse particolarmente “famosa”, Vesta era una divinità importante per i Romani, in quanto sorella di Giove e Nettuno e figlia di Crono – uno dei dodici Titani – e di Rea. Vesta era associata al “fuoco sacro” che ardeva nel suo tempio e che doveva essere mantenuto continuamente vivo proprio dalle Vestali.

I libri di storia tendono a dedicare giusto un paio paragrafi alle Vestali, di solito non di più: venivano scelte tra le giovani figlie della nobiltà romana, erano considerate quasi divine e dovevano fare voto di castità – con conseguenze mortali nel caso non lo rispettassero. Tuttavia, recenti scoperte letterarie ci offrono un ritratto più complesso e ricco di sfumature di queste giovani donne, che avevano sì un dovere incredibilmente importante e regole severe da seguire, ma potevano anche godere di privilegi che le altre donne – e gli uomini stessi – si potevano solo sognare.

Tutto è iniziato con una visita a un mercatino delle pulci romano, non molti mesi fa. Mentre curiosava tra le numerose bancarelle piene di curiosità, lo storico Luigi Manzo si è imbattuto in un opuscolo del XIX secolo, scritto da A.G. Frigerio, dedicato alle Vestali di Roma. In esso Frigerio aveva raccolto, immaginiamo attraverso un minuzioso lavoro di lettura e traduzione del latino, tutto ciò che era riuscito a trovare su di loro nei testi antichi, da Livio a Ovidio, fino a Seneca, Cicerone e Lucano. Affascinato dalla sua scoperta, Manzo decise di annotarla e proporla per la pubblicazione. Il suo lavoro fu ripreso da Agora & Co. che stampò nuovamente il libro di Frigerio, con le note di Manzo, ma con il vecchio titolo Storia delle Vestali Romane e del Loro Culto.

In realtà, il libro di Frigerio non dice nulla di “nuovo”, ma ha il grande merito di riunire in un unico testo tutto ciò che la letteratura romana aveva da dire sulle Vestali: un vademecum su di loro. Il loro ruolo, come abbiamo detto, era quello di tenere acceso giorno e notte il fuoco di Vesta: se si fosse spento, secondo la tradizione, la civiltà romana avrebbe seguito lo stesso destino. Il fuoco, non dimentichiamolo, era allo stesso tempo simbolo di purezza e pulizia, e di vita, perché rappresentava la forza vitale del sole. Fu Numa Pompilio, il secondo re di Roma, a creare l’Ordine delle Vestali, la prima delle quali era stata Rea Silvia, la madre di Romolo e Remo. Inizialmente le Vestali a guardia del fuoco sacro erano quattro, che divennero sei sotto il governo di Servio Tullio.

Diventare Vestale era un onore riservato a pochissimi, poiché solo le figlie della nobiltà potevano aspirare a tanto. Di solito venivano scelte dal Pontifex Maximus, il capo dei sacerdoti romani, tra venti candidate di età compresa tra i sei e i dieci anni, tutte di origine aristocratica e con entrambi i genitori ancora in vita. Il loro servizio doveva durare 30 anni, durante i quali avevano il dovere di custodire il fuoco sacro e rimanere vergini. Ma se pensate che vivere in un tempio e mantenere una vita di celibato e preghiera non sia una cosa a cui aspirare, potreste cambiare idea quando scoprirete tutti i vantaggi ad essa legati. Le Vestali erano economicamente benestanti e avevano schiavi, erano ospiti d’onore di tutte le rappresentazioni teatrali e del circo. Viaggiavano per la città su lettighe riccamente decorate e tutti, compresi i senatori e i magistrati, dovevano piegarsi a loro. Se incrociavano il cammino di un detenuto, questo doveva essere liberato. Nessuno poteva toccarle: il loro corpo, proprio come il fuoco che proteggevano, era sacro.

Le Vestali avevano anche più diritti legali delle altre donne: potevano essere testimoni nei processi e potevano intercedere per gli imputati; potevano scrivere il proprio testamento in qualsiasi momento, cosa molto insolita per le donne, che di solito potevano farlo solo quando avevano una certa età e almeno tre figli. Infine, ma non certo per importanza, avevano il diritto di essere sepolte all’interno delle mura della città.

Ma come in tutte le cose della vita, c’era un lato oscuro nella moneta dorata delle Vestali. Se il fuoco sacro smetteva di ardere o se non riuscivano a custodire Palladio, la statua di legno di Pallade Atena che, secondo la leggenda, era stata portata da Troia a Roma da Enea in persona, venivano brutalmente fustigate. Se non riuscivano a mantenersi caste, le Vestali venivano perseguite e processate dal Pontifex Maximus in persona. Se veniva riconosciuta colpevole, la donna veniva condotta in una camera sotterranea, lasciata lì da sola con una lampada, olio e acqua per alcuni giorni, e poi murata.

In altre parole, veniva sepolta viva e condannata a morire di fame e di sete. Vi chiederete perché queste donne, considerate alla pari delle divinità, fossero destinate a una morte così orribile… e la risposta è semplice: le Vestali erano intoccabili, quindi nessuno poteva toccare i loro corpi, nemmeno per ucciderle. Anche dopo aver mancato a Vesta e ai loro doveri, restavano un gradino sopra gli altri.


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