Se si dovesse abbinare la città di Tarquinia a un piatto, sarebbe un millefoglie, perché è una città fatta a strati, che tremila anni di storia hanno sovrapposto l’uno sull’altro, farcendoli di una crema dolcissima, quell’atmosfera rarefatta e misteriosa, cui solo il tempo e la bellezza insieme, sono capaci di donare magicamente, a pochi luoghi fortunati e antichi.
La Tarquinia di oggi si trova a 90 km a nord di Roma, a dieci minuti dal porto di Civitavecchia e a 45 km dall’aeroporto di Fiumicino. Appollaiata su un bel colle, 133 metri sul livello del mare, si affaccia sul fiume Marta a sinistra e sul Mar Tirreno di fronte. Il suo nome in lingua etrusca, Tarch(u)na, deriva da quello del mitico Tarconte, un eroe della mitologia a cui è attribuita, insieme al fratello Tirreno, la fondazione della dodecalopoli etrusca, fra le cui dodici città la principale fu Tarquinia.
Questo primo strato, la Tarquinia etrusca, che sorse in un colle poco più nell’entroterra rispetto alla posizione attuale della città, esisteva già nel IX sec. a.C. Divenne tanto bella, ricca potente e raffinata che fu eguagliata solo ad Atene dopo la vittoria sui persiani. Era circondata da mura difensive, (V sec. a.C. ) costruite con il “macco”, materiale calcare tipico della zona, i cui resti sono visibili nella zona nord di Porta Romanelli. Le mura proteggevano l’Acropoli, il nucleo abitativo della città e anche la parte sacra.
L’altare della Regina, del IV sec. a.C., ne era il fulcro. Ancora oggi in parte visitabile, era un tempio imponente, uno dei più grandi dell’antica Etruria (la sua base misurava 77X35 mt.). Il frontone era decorato da figure in rilievo di terracotta, e dal gruppo degli splendidi “cavalli alati”, una meraviglia del passato custodita nel Museo archeologico di Tarquinia.
Sempre dall’antica Tarchna, ci giunge la bellissima e unica nel suo genere necropoli di Montarozzi che, dal VII sec a.C. all’epoca romana, in un punto leggermente più alto rispetto all’Acropoli, ospitò più di 6000 sepolture. Molte di queste camere sepolcrali furono affrescate con immagini di vita quotidiana tutt’oggi visibili, dandoci l’opportunità di conoscere le usanze e i costumi degli antichi etruschi. Scene di banchetti, danze, giochi, corse di cavalli, o semplici e meravigliose decorazioni floreali. Oltre ai magnifici affreschi dipinti con colori sgargianti e tratto esperto, i tesori delle tombe sono numerosissimi.
Ori, gioielli raffinatissimi, pietre preziose, vasellame, sarcofagi, e anche una grande quantità di oggetti provenienti dalla Grecia con cui gli Etruschi ebbero importanti rapporti commerciali. Tutto è esposto nel Museo archeologico di Tarquinia e molti oggetti nel Museo di Villa Giulia a Roma. Gli ultimi tre re di Roma, prima della costituzione della Repubblica, (Tarquinio Prisco, Servio Tullio e Tarquinio il Superbo) furono etruschi di Tarquinia, e svolsero un ruolo di primaria importanza nello sviluppo della giovane Roma.
Innumerevoli battaglie videro le due città combattere per il predominio del centro Italia, fino alla sconfitta di Tarquinia del 295 a.C. nella battaglia di Sentino e la vittoria dei romani, che si conquistarono l’egemonia del territorio, dipesero per moltissimi anni ancora a venire dalla cultura etrusca, infinitamente più avanzata e raffinata della loro.
Sul litorale tarquiniese si sviluppò la colonia marittima di Gravisca, che fino alla fondazione di Centumcellae (oggi Civitavecchia) da parte dell’imperatore Traiano nel II secolo dopo Cristo, rappresentò il principale porto dell’Etruria meridionale, abbandonato in seguito alle scorrerie dei pirati saraceni in epoca altomedievale.
Lentamente, nel corso di centinaia di anni, dopo, le invasioni e conquiste da parte prima dei Romani, poi dei Goti, dei Longobardi e fino all’arrivo dei Saraceni, già a partire dal VI sec. d. C. si ebbe un graduale spopolamento dell’abitato etrusco-romano che andò accentuandosi nel Medioevo, per poi completarsi nel tardo Medioevo, quando la città antica si era ridotta a poco più di un castello fortificato. Il secondo strato di Tarquinia, anche se in realtà non si sovrappose materialmente al precedente, sorse su un colle contiguo all’antica città, ma con la vista sul mare. Fu un piccolo centro abitato che dal VII sec al XII sec d.C. si svilupperà diventando il centro medievale di Corneto, l’attuale Tarquinia.
Durante tutto il Medioevo Corneto cresce grazie ai commerci via mare, diviene uno dei maggiori produttori ed esportatori di frumento in Italia, prospera e si arricchisce di soluzioni architettoniche audaci e raffinate. Si costruiscono così le chiese di San Martino, San Salvatore, San Giacomo, L’Annunziata e Santa Maria in Castello, la chiesa romanica più grande della città. Svettarono torri imponenti e superbe, che oggi ammantano la città di un carattere gagliardo e temperamentoso.
Successivamente, nel periodo comunale, si costruisce il palazzo civico, San Pancrazio Gerosolimitano e San Francesco, dove elementi romanici si mischiano al gotico, stile predominante nel Palazzo Vitelleschi, oggi sede del Museo archeologico di Tarquinia. Fu eretto nella prima metà del 1400 dal potentissimo stratega della curia romana, Giovanni Vitelleschi. Il palazzo ospitò Papi, cortei di principi, signori e dame che fino all’800 villeggiavano a Tarquinia che divenuta un’importante cittadina dello Stato Pontificio, non era distante da Roma e offriva la possibilità di grandi battute di caccia nei boschi limitrofi.
Tarquinia è oggi elegante e seducente, grazie al suo carattere eclettico che vede la presenza di svariati stili architettonici, elementi romanici, gotici rinascimentali fino al neoclassico. Solo nel 1922, Corneto-Tarquinia, cambiò nome in Tarquinia.
Scendendo giù dal colle, verso il mare, a pochi chilometri dalla città, sulla costa si trova la stazione balneare del Lido di Tarquinia. Spiagge lunghissime, sabbia dorata e anche scura, ricca di ferro, mare pulito e strutture turistiche moderne e accoglienti, ne fanno una delle mete balneari preferite nel Lazio.
Sempre al Lido si trovano Le Saline, una riserva naturale e parco archeologico. Qui si possono visitare le rovine del santuario e dell’emporio marittimo di Gravisca fondato alla fine del VII sec a.C. dove avvenivano scambi con i Fenici e i Greci. L’area in tempi più recenti divenne una colonia penale prima, poi riadadattata alla produzione di sale. Oggi è una splendida area naturale protetta.
L’economia di Tarquinia prospera soprattutto nel settore dell’agricoltura, dell’allevamento e del turismo. Visitarla è un’esperienza appagante. Il clima è sempre mite, la gente cordiale, semplice e affettuosa, il cibo eccellente e genuino. Durante l’estate le attrazioni e gli svaghi sono innumerevoli: giostre in costume medievale, rodei dei “butteri”, la versione italiana dei cowboys, e sagre gastronomiche, come quella della carne chinina o della lumaca.
Si può passeggiare, godere della brezza estiva all’ombra delle torri orgogliose, circondate da un labirinto di stradine medievali, sentire i passi riecheggiare sull’antico selciato, per ritrovarsi d’improvviso in una piazza assolata che si affaccia sul mare in lontananza, o su una valle a strapiombo e godere così dello spettacolo dell’Ara della Regina in cima al colle.
Potreste essere fortunati e riuscire a sentire al vostro fianco principesse etrusche che vi spiano, mentre ballano al suono di echi dolcissimi che il vento ha conservato per noi da migliaia di anni, lì, in quel luogo incantato, per farci conoscere i Rasenna, così come gli etruschi chiamavano se stessi, amanti della vita, della natura e della bellezza.