Otranto, gioiello romanico, Cattedrale, Albero della vita, Italian culture, Italian heritage, Italian american, Italian news, Italian traditions
La cattedrale romanica di Otranto fu teatro nel 1480 di una terribile carneficina, dopo due settimane di assedio
Le origini della città di Otranto sono antichissime. Di certo l’area fu abitata già nel Neolitico ovvero 7 mila anni fa. Ma probabilmente i primi insediamenti risalgono addirittura al Paleolitico ovvero a 2 milioni di anni addietro. 
 
Si succedettero poi la dominazione greca dei Messapi e quella romana, durante la quale l’insediamento fu elevato al rango di municipio col nome di Hydruntum. L’economia del posto si fondava principalmente sull’artigianato, sulla lavorazione dei tessuti e della porpora. Nel II secolo d.C. la città giunse a battere moneta propria.
 
In periodo medioevale il porto fu il cuore di ricchi scambi commerciali, nonché il transito delle spedizioni militari: da qui, nel 1095, partì per la Prima Crociata il principe Boemondo I d’Altavilla. I suoi 12 mila soldati ricevettero la benedizione nella Cattedrale, ch’era stata terminata poco prima. Sempre ad Otranto approdò San Francesco, nel 1219, di ritorno dalla Terra Santa. Otto anni dopo qui volle morire lo sposo di santa Elisabetta d’Ungheria, Ludovico IV di Turingia, ammalatosi gravemente durante la sesta Crociata.
  Reliquie dei Martiri di Otranto conservate nella Cattedrale pugliese 

  Reliquie dei Martiri di Otranto conservate nella Cattedrale pugliese 

 
La città, oltre all’Ordine dei Templari, ospitò anche il monastero di San Nicola di Casole, divenuto famoso in quanto qui i monaci basiliani fondarono la più fornita biblioteca d’Europa. Il che richiamò giovani studenti da tutto il Sacro Romano Impero. E sempre un monaco basiliano fu l’autore dello splendido mosaico pavimentale della Cattedrale. Purtroppo la fiorente comunità religiosa venne distrutta dall’arrivo dei Turchi, di cui poi parleremo, ed il suo patrimonio librario venne disperso. Alcuni dei codici qui compilati si trovano ora in varie, importanti biblioteche europee, da Parigi a Londra, da Berlino a Mosca.
 
800 MARTIRI IN 3 GIORNI
L’episodio per cui Otranto divenne tristemente nota fu la conquista della città, nel 1480, ad opera delle truppe del sultano Maometto II detto “il Conquistatore”, famoso per aver cancellato l’Impero Bizantino, asservendo Costantinopoli nel 1453. Il 28 luglio giunse da Valona un’armata turca, guidata dal gran visir GedikAhmet Pascià, uno dei generali più importanti dell’Impero. La flotta si spinse fin sotto le mura della città cristiana. I 6 mila abitanti si mobilitarono, per resistere. Ma ben poco poterono contro le 150 navi da guerra del nemico: a bordo contavano 18.000 soldati. L’assedio durò due settimane. Furono chiesti rinforzi al re di Napoli, Ferdinando I d’Aragona. Ma giunsero soltanto 50 Cavalieri, comandati dal Barone Francesco Zurlo, e 400 fanti, guidati dai Baroni Giovanni Tarantino e Antonio delli Falconi. Troppo pochi.
 
Un primo sbarco ottomano avvenne a Roca il 27 luglio, ma l’imperizia del posto costrinse l’invasore alla ritirata. Seguirono 14 giorni di cannoneggiamenti continui, sinché l’11 agosto le difese cedettero e gli invasori entrarono nelle mura. 
 
La Cattedrale, ove si erano rifugiati molti uomini col loro Vescovo, fu messa a ferro e fuoco. Quanti si trovarono all’interno vennero tutti trucidati.
  Lo splendido pavimento musivo della Cattedrale che illustra l’Albero della vita attraverso la “Bibbia dei poveri”  

  Lo splendido pavimento musivo della Cattedrale che illustra l’Albero della vita attraverso la “Bibbia dei poveri”  

 
Dopo tre giorni di massacri, il 14 agosto, 800 uomini furono catturati e posti di fronte alla scelta: o la morte o la conversione all’islam e la sottomissione al Sultano. Scelsero la strada del sacrificio estremo, pur di restar saldi nella propria fede. Condotti in catene fin sul Colle di Minerva, furono decapitati uno ad uno. L’esecuzione durò tre giorni consecutivi e terminò solo il giorno 16.
 
Il primo a ricevere la corona del martirio fu Antonio Pezzullo, ricordato come Primaldo. Si narra che, sebbene decapitato, sia rimasto in piedi di fronte ai propri carnefici, rappresentando un simbolo di eroismo estremo.
 
Berlabei fu invece uno dei soldati dell’armata ottomana, un carnefice quindi. Ma si convertì alla fede in Cristo, dopo aver assistito al martirio volontario, scelto con estrema dignità e coerenza dalla gente del posto. Per questo fu a sua volta ucciso dagli stessi compagni, impalato come apostata. Eguale sorte per il boia, che, alla fine dell’eccidio, abbracciò il Cristianesimo, colpito dal coraggio delle vittime. Pagò con la vita e col martirio.
 
Una lapide, lasciata sul posto, recita: “Qui stette il sasso ove gli ottocento idruntini decollati per la fede morirono. La colonna di fronte rammenta il supplizio del carnefice Berlabei a sì grande spettacolo di eroismo convertito. Passeggero, chiunque tu sia, plaudi alla fortezza dei nostri martiri e ai trionfi della cristiana religione”.
 
Soltanto un anno dopo la tragedia, nel 1481, i rinforzi giunsero: li guidò Alfonso, figlio del re Ferrante d’Aragona. Fu lui a liberare Otranto dai Turchi. La città fece molta fatica a riprendersi: ancora 60 anni dopo il massacro, contava soltanto la metà dei suoi abitanti di un tempo, mentre era divenuta sovente preda degli assalti ottomani.
 
Nel Seicento Otranto fu abbandonata dalla sua gente: molti abitanti la lasciarono per ritirarsi all’interno, nel Salento, molto più sicuro. Nel Settecento parve riprendersi, ma fu di nuovo abbandonata nell’Ottocento. Si risollevò solo grazie alla bonifica delle paludi. Nel secondo Novecento, patì una forte emigrazione, pur diventando un’interessante meta turistica. Trasformandosi negli anni Novanta in obiettivo privilegiato degli sbarchi degli scafisti albanesi.
 
CATTEDRALE ROMANICA
La Cattedrale di Otranto, costruita nell’XI secolo, è uno splendido esempio di chiesa romanica: lo stupendo mosaico, detto “di Pantaleone” – dal nome di chi lo realizzò, su commissione del Vescovo, tra il 1163 ed il 1165 – risulta perfettamente conservato ed è una delle più maestose “Bibliae pauperum” di tutta Europa.
 
Lungo la navata centrale si adagia l’albero della vita, ai cui lati sono stati raffigurati vari episodi biblici, il ciclo dei mesi dell’anno, una serie di animali simbolici e, in basso, vicino all’ingresso, Alessandro il Grande, nativo della vicina Macedonia. Al vertice dell’albero della vita, s’incontra una figura insolita, quella di Re Artù, come specifica il nome scritto a fianco con l’indicazione “Rex quondam, Rex futurus”.
Sopra l’albero della vita, all’altezza del presbiterio si trovano la rappresentazione dell’aldilà e al centro 16 medaglioni con altrettante figure di animali più o meno mitologici e figure umane dall’oscuro significato allegorico.
 
La Cattedrale presenta anche una bella facciata romanico-gotica, un notevolissimo organo settecentesco ed un’ampia cripta, che conserva antichi affreschi. La monumentale torre campanaria a base quadrata, di epoca normanna, forse un tempo era più alta, per poter avvistare da qui i nemici. 
 
L’edificio, trasformato nel 1480 in moschea, si arricchì nel Cinquecento di una cappella dedicata ai Santi martiri idruntini, patroni e protettori del Comune, della Puglia e di tutto il Meridione: i loro resti sono ancora oggi in parte qui conservati, deposti in sette grandi armadi dorati. Quasi la metà fu fatta invece trasportare da Alfonso, il figlio del re Ferrante d’Aragona, a Napoli, ove fece allestire un ambiente molto simile presso la chiesa di Santa Caterina a Formiello. 
 
A stabilire la canonizzazione degli 800 martiri fu 560 anni dopo, in occasione del Concistoro dell’11 febbraio 2013, Papa Benedetto XVI. Lo stesso giorno, peraltro, in cui diede anche l’annuncio storico della propria abdicazione. Canonizzazione, poi materialmente compiuta dal successore, Papa Francesco.
 
Dietro l’altare in marmo si trova il cosiddetto “sasso del martirio” sul quale, secondo la tradizione, avvenne la loro decapitazione. Ad imperitura memoria di quei tre giorni di orrore, di sangue. E di fede.
 

Receive more stories like this in your inbox