La Roma di James Pallotta è una delle poche società della Serie A che, nelle ultime due estati, ha avuto la possibilità di operare con abbondanza in sede di calciomercato. Dopo il fallimento di Luis Enrique, la proprietà ha scelto di affidarsi a un vecchio maestro, caro alla piazza.
 
IL RITORNO DEL GURU. Zeman, a Roma, è visto come un vero e proprio ‘guru’  del calcio. Sia per la stagione 98-99 (quarto posto centrato e spettacolo garantito), sia per le costanti ‘crociate’ condotte contro il ‘palazzo’ e i poteri forti del calcio italiano. E in effetti, la piazza giallorossa si è immediatamente ‘scaldata’ per il ritorno del boemo.
 
UN PERSONAGGIO INGOMBRANTE. Zeman resta un personaggio ‘ingombrante’. Sia per le sue ferree convinzioni tattiche, sia per la fermezza delle decisioni che prende, sia per le polemiche ‘extra-campo’ a cui non si sottrae mai. Tutto questo fa parte del ‘pacchetto-Zeman’ e la sovraesposizione mediatica che ne consegue non sempre giova alla squadra. Di contro però, la piazza beneficia del fascino che scaturisce da un allenatore coerente, gran lavoratore e che persegue sempre il gioco spettacolare.
 
IL CREDO DEL BOEMO. Zeman è il profeta del 4-3-3. Fatto di velocità, difesa alta e completa dedizione alla causa (e agli schemi) da parte degli atleti. Non è un caso che, con il boemo, siano spesso i giovani affamati a fare meglio, giocatori che devono conquistare ancora tutto e che, per questo, si mettono maggiormente a disposizione. Il Pescara dello scorso anno e l’esplosione di Florenzi in questa Roma, sono esempi indicativi. È paradossale, allora, che la Roma 2012, di fatto, non abbia vere e proprie ali in organico. È rischioso che la rosa giallorossa sia piena di giocatori ‘arrivati’ e non più dotati di grande corsa. Ed ecco allora le contraddizioni in campo e fuori.
 

L’attaccante Osvlado

LA NUOVA ROMA IN CAMPO. Non ci si schioda dal 4-3-3. Ma per funzionare, il calcio zemaniano deve avere un costante movimento organizzato, soprattutto sulle fasce. Per quanto Totti stia giocando una grande stagione, non si possono pretendere continui ‘coast to coast’ da un giocatore di 36 anni. E si deve tener conto che, allontanandolo dalla porta, se ne inibisce l’estro realizzativo. Destro e Osvaldo, poi, sono prime punte che a denti stretti si disimpegnano sulle fasce. Lamela risulta ancora troppo ‘schiavo della giocata’ e per questo poco efficace. In difesa, invece, se Balzaretti pare una garanzia, il paraguaiano Piris sembra ancora acerbo. E in mezzo le cose non vanno molto meglio: Burdisso, leader della difesa, non ha digerito le logiche zemaniane che vogliono difesa molto alta a molto esposta agli uno contro uno. De Rossi – costretto spesso nello spot di mezz’ala – si sente ‘sprecato’. Tachtidis sta tradendo notevoli limiti dinamici.
 
PROBLEMI DI SPOGLIATOIO. L’allenatore boemo è un duro: non ha gerarchie e non guarda in faccia nessuno. Gioca chi dimostra di meritarselo e chi si applica di più. Ecco allora, domenica scorsa, le esclusioni eccellenti di De Rossi, Burdisso e Osvaldo. Il clima a Trigoria non può certo dirsi sereno. I tifosi e la società sostengono il tecnico, ma nello spogliatoio cominciano ad alimentarsi dei pericolosi scontenti.
 
BILANCIO E PROSPETTIVE. Ecco allora i continui alti e bassi di una Roma cantiere aperto. Gli automatismi e la velocità dell’attacco sono ancora da trovare. La difesa, sempre molto alta, manca della sintonia giusta e, soprattutto, della doverosa protezione della mediana. In generale, la Roma appare ancora una squadra troppo statica e poco corale per essere un vero team di Zeman. Inevitabile allora interrogarsi sui tempi del progetto giallorosso: Pallotta ha recentemente parlato di “Scudetto in 5 anni”. Idea sensata, ma bisognerà vedere se – dopo un lustro – il condottiero sarà ancora l’affascinante ma ingombrante boemo.
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