Langhe, Roero e Monferrato. Sono pochi quelli che non conoscono questi tre territori piemontesi inseriti dall’Unesco tra i patrimoni dell’Umanità. Terre di Barolo, Dolcetto, Arneis, Moscato, Brachetto, Nebbiolo, Grignolino e Barbera, ospitarono – tra le tante – anche le aziende agricole del Conte di Cavour e di Luigi Einaudi e rappresentano le eccellenze vitivinicole  della nostra economia, richiamando ogni anno migliaia di turisti attratti dal connubio perfetto tra prodotto e territorio.

In pochi però riflettono sui numerosi tesori che queste terre custodiscono al di là dei vitigni. E in pochissimi scoprono nel Roero una terra perfetta per la coltivazione delle pesche e delle nocciole, per l’apicoltura e la raccolta dei tartufi. Ma chi arriva sulle colline che si dipanano su lato sinistro del fiume Tanaro difficilmente riuscirà ad allontanarsene e sicuramente ci ritornerà. Perché qui il triangolo natura, agricoltura e storia si esprime ai massimi livelli.

Il piccolo territorio della provincia di Cuneo comprende 24 comuni e ospita una notevole varietà di paesaggi che, accanto alla vite, vedono la presenza di boschi e frutteti oltre alle caratteristiche Rocche, profonde voragini nelle colline che possono raggiungere anche dislivelli di centinaia di metri.

Arrivare in Roero equivale a decidere di trascorrere una vacanza naturalistica oppure scoprire  borghi antichi, come quelli di Guarene (il cui imponente Castello spicca al centro del paese) e di Govone (dove sorge il Castello reale di Carlo Felice di Casa Savoia). E’ possibile scegliere tra i percorsi in bicicletta e l’escursionismo equestre, tra le camminate sportive e il passaggio in camper ma qualunque sia la scelta, rimarrà sempre una scelta “slow food”, termine che proprio a Bra celebra la sua apoteosi con la sede dell’omonima associazione.

Il Roero è “anche” un itinerario percorso in religioso silenzio, alla scoperta di architetture sacre immerse nel verde del territorio. Sulla sommità  della collina di Mombirone di Canale, il santuario dedicato alla Madonna, offre un panorama del Roero davvero notevole. A Montà, il Santuario dei Piloni della Via Crucis è formato da una chiesa dedicata all’apostolo Giacomo e da cappelle immerse nel verde del bosco lungo la strada che sale a raggiungere il punto più alto della collina. Il Santuario della Madonna dei Boschi, a Vezza d’Alba, sorge su un punto panoramico e custodisce nella cripta sotterranea la sepoltura dei conti Roero di Vezza e Guarene.
Gli itinerari del gusto rappresentano il volano di un territorio che ha saputo coniugare ambiente e operosità umana. Nel Roero che si distingue soprattutto per il recupero del suo vitigno Arneis, la produzione di pesche (nell’area di Canale), della nocciola, delle fragole e delle pere rappresentano validissime proposte collaterali, cui va aggiunta anche la raccolta dei tartufi. Produzioni che identificano il territorio e lo rendono ricchissimo di sfumature floreali da percorrere seguendo ad esempio la “Strada del Miele”, un “corridoio paesaggistico-culturale” di circa 38 Km che parte da Bra e giunge a Cisterna d’Asti, passando per Ceresole d’Alba e coinvolgendo nel percorso 13 Comuni, i cui centri sono posti per lo più lungo la dorsale delle Rocche.

L’itinerario, suddiviso in più anelli, è percorribili per tratti più brevi e con diversi mezzi, sia con l’auto, che con la mountain bike oppure a piedi e ha come obiettivo far conoscere e apprezzare ciò che il Roero può offrire.
Il Roero è terra ricca di manufatti storici destinati all’apicoltura: quelli di Montà sono considerati unici e vantano la prima Mieloteca d’Italia, “Il Trovarobe di Cose Buone – Strumia” a Sommariva Perno, nella quale è possibile degustare mieli quasi introvabili altrove: miele di nespolo, di rosmarino, di erica, di rododendro, ai fichi d’India, alla lupinella, alle clementine e di ciliegia marasca del Carso, il miele di Mandarino tardivo di Ciaculli e quello di limone di Sorrento.
In un territorio che conta 950 specie floreali censite, l’apicoltura è una presenza storica che a Montà si identifica con la presenza di due “ciabòt” con apiari in muratura unici in Europa e direttamente riconducibili agli albori dell’apicoltura moderna.

Immerse nei boschi, nascoste nella fitta vegetazione, in posti soleggiati ma selvaggi, le due piccole case hanno la caratteristica di essere state costruite con grande attenzione e con molto buon gusto, e sono state realizzate da famiglie benestanti ed inserite in fondi importanti e consistenti. La particolarità che rende unici questi Ciabot in Piemonte, e molto probabilmente in Europa, è l’uso, nella seconda metà dell’800, di allevare all’interno di strutture murarie delle “famiglie di api” per la produzione del miele.
La prima di queste costruzioni, il “Ciabot Calorio” è sito nella valle denominata “Val Diana”, ricca di boschi,  che sfocia nelle rocche di “San Giacomo”. L’allevamento delle api avveniva all’interno di un armadio a muro posto nella stanza al piano superiore, alla quale si accedeva con una scaletta costruita parte in muratura e parte in legno.

Il secondo ciabòt, situato al fondo della salita che da Canale conduce all’abitato di Montà sull’antica via di congiungimento tra i due paesi, è conosciuto come “Ca’ d’Avie”. Fu edificato probabilmente nel Settecento con a fianco un muro di grosse dimensioni costruito in modo da ospitare ben sessantaquattro “famiglie di api” disposte su tre livelli. La Ca’ d’Avie di Montà è stata utilizzata sino al 1940.
L’idea di realizzare una “Strada del miele” è nata nel 2003 dalla volontà di creare un elemento aggregante del tessuto socio-culturale e produttivo del Roero avente come filo conduttore il mondo dell’apicoltura.

Costituito nel 2005, il percorso della “strada del miele”, si snoda lungo la dorsale delle Rocche del Roero, è altamente suggestivo e può essere percorso individualmente o con le guide, con tour tematici o notturni. Ma se tutto questo non basta ancora per amare visceralmente il Roero, non resta che salire in mongolfiera per ammirare il colpo d’occhio straordinario sulle Rocche, ma anche su Langhe, Monferrato e l’intera catena delle Alpi occidentali, con il Monviso in bella evidenza. E’ evidente perché sono patrimonio dell’Unesco.


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