Non è uno di quei biglietti da visita di cui andare fieri: stando alle ultime stime ufficializzate da organizzazioni internazionali l’Italia è uno dei paesi europei più corrotti. Sopravanziamo, nel vecchio Continente, soltanto Romania, Bulgaria e Grecia.
Non è una novità, d’altronde: già in un paio di edizioni fa vi avevamo raccontato le confessioni del pentito della Camorra Iovine, che aveva snocciolato, davanti ai magistrati, condendo il tutto con puntuali riscontri, una vera piramide del malaffare.
Nel 2012, poi, la Corte dei Conti, venti anni esatti dopo Tangentopoli e le storiche inchieste del pool milanese di ‘Mani Pulite’, aveva rivelato che due funzionari pubblici al giorno finivano alla sbarra, coinvolti in inchieste su mazzette e quant’altro. E, la scorsa settimana, dopo gli arresti di elementi di spicco della Guardia di Finanza, un generale e un colonnello, mica reclute semplici, accusati di corruzione e concussione, la complessiva malinconia ha lasciato quasi spazio alla rassegnazione.
Non c’è grande evento, grande appalto, in Italia, che – negli ultimi anni – sia rimasto immacolato davanti alle indagini delle procure. Che, gradualmente, hanno ricostruito la mappa del malaffare. Soldi in nero, bonifici su conti esteri, vacanze pagate a chi gestiva o doveva gestire.
Tutti corrotti, verrebbe da dire, tirando le fila delle ultime notizie raccontate dai media. Si vendono gli assessori di Comuni e Regioni, davanti alle pressioni di imprenditori spregiudicati, forzando (anzi, spesso oltraggiando) Piani regolatori. Si vendono i rappresentanti delle Forze dell’Ordine. I cancellieri dei Tribunali che distruggono, talvolta, lautamente ricompensati da denaro e gioielli, incartamenti, verbali facendo sparire prove decisive per processi a carico di boss e malfattori. Non si contano gli onorevoli e i senatori oggetto di indagine su malversazioni, comportamenti poco consoni col ruolo istituzionale.
Un incredibile ginepraio di connivenze, truffe, raggiri, denaro illecito. Tanto che – sommando gli indizi e la mole di inchieste aperte (o già con un giudizio di primo grado) – emerge la realtà di un Paese profondamente minato alle sue fondamenta dal tarlo della corruzione dilagante. Ad ogni livello, anche altissimo. Insomma, da ciò che si legge, tutti sembrerebbero corruttibili. Tutti potenzialmente ‘agganciabili’, tutti inclini al profumo dei soldi, dei guadagni facili, alla faccia dei ruoli ricoperti.
Un tempo, neppure tanto lontano, non erano alcuni paesi sudamericani, asiatici ed africani la culla della corruzione? Eccome. A questo triste elenco si è però aggiunta l’Italia. Una sorta di tempio dell’illegalità.
Dove nulla, a priori, è negato. Dove tutto èpossibile e praticabile. Un colpo al cuore per il Premier Renzi che anche nel corso dell’ultimo viaggio in Estremo Oriente ha chiesto ai ricchi investitori asiatici di credere nella nuova Italia, aprendo stabilimenti, creando posti di lavoro, provando ad aumentare il volume degli affari.
Ma come potrebbe un investitore straniero volgersi a un Paese in cui la ‘mazzetta’ resta, in molti casi, lo strumento più usato per chiudere un occhio, accelerando l’iter di una pratica, dribblando divieti e limitazioni? C’è un problema di credibilità che, gradualmente, è venuto meno. Serviranno nuove leggi per stangare i colpevoli. Serviranno probabilmente nuovi italiani: quelli delle generazioni a venire.