Si apre il portellone della macchina blindata che ha condotto – in una Roma irreale – il Presidente degli Stati Uniti davanti al Colosseo. Alza lo sguardo, Obama, non per ammirare, purtroppo, il tradizionale cielo celeste della Capitale: convogli di nuvole inducono stavolta alla malinconia. “Welcome, Mister President”, c’è scritto su uno striscione – affisso in orizzontale – su uno dei (pochi) palazzi che si affacciano, dal lato del Colle Oppio, verso l’Anfiteatro.
 
Le operazioni (necessarie) di bonifica ambientale avevano praticamente cancellato le decine di punti-ristoro (molti dei quali abusivi) che, tutto l’anno, sono posteggiati lungo l’intero perimetro del Colosseo.
 
Negozi ambulanti che stritolano i turisti, vendendo bottigliette d’acqua da mezzo litro a tre euro e panini (mica rinomati) addirittura quasi al doppio. Via tutti i cassonetti dell’immondizia. Soppresse le corse dei bus. Chiusa la stazione omonima della metropolitana. Traslocate persino le “botticelle”, quelle che, trainate da un cavallo, regalano (volendo) ai turisti passeggiate romantiche a contatto con la storia.
 
Roma, la sua zona archeologica, pareva più bella, misteriosa, coinvolgente. Miracolo destinato a durare solo un’oretta, purtroppo.
 
Solo la scorta accompagna Obama all’interno dell’Anfiteatro. Il traffico è lontanissimo, il Presidente ammira uno scorcio di Roma assolutamente irreale. Quasi rimbomba, sul vecchio selciato, il rumore dei tacchi della guida che accompagna il Presidente. Che ha tolto la cravatta celeste con la quale ha effettuato le visite istituzionali nei Palazzi del potere italiano, che mette le mani in tasca, assolutamente estasiato.
 
“Ricordava perfettamente le scene de “Il Gladiatore”, quelle in cui Russell Crowe diventa leggenda”, racconterà piu tardi, ai media statunitensi e nostrani, la guida scelta per accompagnare il Presidente.
 
Solo occhi furtivi hanno spiato Barack nella visita privata al Colosseo: non è stato possibile, infatti, espropriare – sia pure temporaneamente – il loro territorio. I privilegiati sono stati gli oltre duecento gatti che qui vivono. Roma, d’altronde, è un po’ la città dei felini: le ultime stime parlano di oltre trecentomila gatti che vi dimorano. Centottantamila coccolati nelle case, pasciuti sui sofà, pigri e indolenti, i restanti centoventimila nelle strade, sempre guardinghi per via delle insidie.
 
L’ultimo censimento – eseguito per conto dell’Ufficio per i diritti degli animali – ha contato oltre quattromila colonie di gatti. Già, perché una specifica legge regionale stabilisce che un gruppo di oltre cinque gatti costituisce una colonia, tutelata e protetta dalle istituzioni. I gatti del Colosseo sono, peraltro, tra quelli più sani e più spensierati. Prestati – come ricorderete – anche alla cinematografia, protagonisti, ad esempio, de “Gli Aristogatti”, uno dei capolavori, tra i cartoni animati, che ha fatto emozionare milioni di bambini.
 
Uno dei personaggi della storia, infatti, è il mitico “gatto Romeo, er mejo der Colosseo”. E qui, all’interno dall’Anfiteatro, facendo breccia tra le reliquie di Roma antica, curiosi come sono, i gatti, silenziosamente, hanno assistito alla visita di Obama. Quasi sorpresi anch’essi dal poco clamore tutto attorno.
 
Poi, quando il corteo si è sciolto, hanno atteso placidamente – come è consuetudine – la visita di una delle “gattare” che porta loro cibo in scatola, fegato e frattaglie. Una vita da pascià, loro, per un’ora, a esclusivo contatto con Mister President.
 
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