Raccoglie applausi, strette di mano il Presidente del Consiglio uscente, Mario Monti, nella consueta passeggiata domenicale nel centro di Milano. Un anno a capo dell’Esecutivo, chiamato, nel novembre del 2011, da Napolitano per salvare l’Italia dalla bancarotta. Mesi di conquiste, di lotte, di leggi dure, di tasse aumentate, contrastando con successo lo “spread” e l’assalto del mercati. Ma pure di una considerazione complessiva dell’Europa di nuovo concreta, complice una politica e mediazioni internazionali in punta di cesello che non potevano non conquistare i partners del Vecchio Continente.
 

Silvio Berlusconi

Silvio Berlusconi

Ora, con Monti che ha promesso di dimettersi ufficialmente non appena la legge di stabilità (la Finanziaria di un tempo, quella che certifica, in sostanza, il bilancio dello Stato) verrà approvata, tutto è incertezza, caos. Una tragedia rigorosamente italiana, vissuta quasi in apnea nell’arco di pochissime ore, da quando Berlusconi, dopo aver cercato invano un proprio clone all’interno del Pdl, si è accorto allo specchio, con straripante narcisismo, che migliore di lui non c’era nessuno. Esponenti Pdl allo sbando, Primarie del movimento repentinamente cancellate nonostante fossero una decina gli aspiranti statisti e la data (il 16 dicembre) fosse già stata prescelta. Il ritorno del Cavaliere, la sua sesta discesa in campo da candidato Premier, è stata un pugno allo stomaco anche per diversi esponenti dello stesso Pdl che, dopo lo sfratto intimato un anno fa, certo non ritenevano concreta una nuova avventura politica, a caccia di Palazzo Chigi, di Berlusconi. Da allora è stata imboccata una strada di non ritorno. Il Pdl si è astenuto su diversi provvedimenti e il Governo Monti ha iniziato ad annaspare. Fino a quando, nel sabato dell’Immacolata, dopo aver presenziato alla “prima” alla Scala, Monti non è salito al Quirinale per rappresentare a Napolitano la propria delusione e il desiderio di dimettersi.
 

Pierluigi Bersani

Ora, con una data per le prossime elezioni politiche ancora da scegliere, con un Presidente della Repubblica che, dopo aver sciolto le Camere, provvederà egli stesso a dimettersi anticipando di qualche mese la fine del settennato trascorso al Quirinale, si dilaterà l’incertezza, quella che presumibilmente accompagnerà l’intero arco della campagna elettorale, una delle più dure dal Dopoguerra ad oggi. Bersani e il Pd dovranno decidere con chi allearsi. Lo stesso dovrà fare Berlusconi, anche perché i sondaggi – a lui tanto cari – accreditano, ad oggi, il Pdl di scarsi consensi complessivi. Ci sarà da testare l’esordio del Movimento 5 Stelle di Grillo: per nulla campata in aria l’ipotesi di un voto di protesta, a danno dei partiti tradizionali. L’elemento che potrebbe alterare l’inerzia è l’eventuale candidatura a nuovo Premier proprio di Mario Monti, magari alla testa di un movimento moderato plasmato da Casini e Montezemolo. Sarebbe il colpo estratto dal cilindro, la sorpresa che nessuno si attende e che attenuerebbe di molto l’annunciata sfida tra Bersani e Berlusconi.
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