(Ph© Darryl Brooks| Dreamstime.com)

C’è un incantesimo che Monica Vitti ha fatto al cinema e sul pubblico, e per il quale è forse l’ultima grandissima diva italiana, l’attrice che suscita la maggiore simpatia e commozione in un pubblico vasto e trasversale, cinefilo e popolare. Come forse a nessuna interprete è riuscito, ha unito le due anime divise del cinema del Bel Paese: quella d’autore, il cinema d’impegno e linguaggio, e la commedia all’italiana.

Due anime troppo spesso scisse, conflittuali, che in lei si incarnano, con naturalezza, in un unico corpo. In questa sintesi Monica Vitti è stata ed è un’attrice unica, attraverso decine di incarnazioni diverse: personaggi, trasformazioni, svolte di carriera, Teatro, Cinema, TV, copioni, canzoni, per pubblici diversi, anche, per cui è presenza di volta in volta raffinata e popolarissima.
La sua lunga distanza dalle scene, dall’apparizione pubblica, ha paradossalmente prolungato il suo incantesimo, e la diva e la donna sono incredibilmente presenti nel nostro immaginario.

Dopo il grande successo riportato a Roma, la mostra fotografica “La Dolce Vitti” è approdata a Los Angeles all’Istituto Italiano di Cultura in occasione di Cinema Italian Style 2018 per raccontare anche negli Stati Uniti questo incantesimo e le diverse forme di questa presenza in 40 anni di spettacolo, decine di film, teatro, TV, costume, cultura alta e popolare.
Ideata e realizzata da Istituto Luce Cinecittà in collaborazione con Centro Sperimentale di Cinematografia, Rai Teche, Archivio Enrico Appetito e IIC Los Angeles e curata da Nevio De Pascalis, Marco Dionisi e Stefano Stefanutto Rosa, la mostra si snoda in un percorso espositivo multimediale e immersivo, con un andamento cronologico e insieme tematico.

Cuore della esposizione, che sarà aperta al pubblico sino al 15 febbraio 2019, sono le oltre 30 magnifiche fotografie provenienti da importanti archivi pubblici, a partire dal grande Archivio storico dell’Istituto Luce, da quello dell’Accademia d’Arte Drammatica Silvio d’Amico, del Centro Sperimentale di Cinematografia, e privati come Archivio Enrico Appetito. Immagini spesso rare che toccano 40 anni di carriera ed evoluzioni di un’attrice (e di un Paese che muta con lei). Nella mostra la Vitti si racconta in prima persona, con la sua voce così particolare, ‘sgranata e roca’, attraverso ricordi, riflessioni, brani dei suoi libri. E anche grazie alle testimonianze di ieri – da Alberto Sordi a Ettore Scola, da Dino Risi a Steno – e a quelle di oggi – da Dacia Maraini a Michele Placido, da Giancarlo Giannini a Enrico Vanzina – di chi ha lavorato con lei o l’ha conosciuta.

Le tappe di questo percorso sono: il Teatro, Michelangelo Antonioni e il Cinema Comico. Il visitatore è accolto da un elemento chiave della Mostra: la voce dell’attrice. Quella voce roca, singolare, così controcorrente rispetto ai canoni dello spettacolo, che è stata una delle chiavi della sua arte. In questo senso l’esposizione si pone anche con un connotato di “installazione sonora”.
La sezione del “Teatro” ci racconta con straordinarie immagini gli anni dell’apprendistato della giovane Maria Luisa Ceciarelli, nata il 3 novembre 1931, iscritta alla Silvio d’Amico nell’anno accademico 1950-’51, dopo aver compreso, già a 14 anni, che recitare le avrebbe salvato la vita. Una ragazza che spicca per altezza, slancio, e una sincera propensione al dramma e ai tragici. E che un maestro assoluto del teatro come Sergio Tofano riconosce, con due indicazioni contrarie: le dice che è un vero talento comico, e di cambiare nome.

Nel 1957, nasce un sodalizio, sentimentale e artistico con Michelangelo Antonioni, fondamentale per lei e la sua carriera, e capitale per la storia del cinema. “Antonioni mi ha ascoltata vivere” dice Monica. Insieme hanno dato un pugno di modernità all’arte, in un arco fulminante dal 1960 al ’64: L’avventura, La notte, L’eclisse, Il deserto rosso. Sono fotografie di lancinante bellezza, che stringono un’epoca. L’incomunicabilità, l’alienazione, la crisi dei sentimenti: il moderno nel cinema mondiale è racchiuso qui, in questi film amati, contestati, imitati, divenuti un libro di testo del Novecento.

L’avvenire darà Monica Vitti, e una grande attrice (anche) comica. Le foto nella sezione ‘Cinema Comico’ ce la regalano accanto a mostri sacri come Albertazzi, Zeffirelli, Orsini, Vittorio De Sica. Dopo i fasti, i Festival internazionali, i premi che la consacrano fino in America come la musa del cinema di più impervio impegno, la commedia consegna Monica alla popolarità e all’amore del grande pubblico. È il 1968 e Monica Vitti esplode come Assunta, una umile figlia di Sicilia sedotta, abbandonata e trasmigrata nella Swingin’ London, ne La ragazza con la pistola. È la nascita di una nuova stella, diversa e brillante. Da lì la Vitti diventerà la regina di un genere dominato storicamente dagli uomini. La vediamo recitare a fianco di tutti loro: Gassman, Tognazzi, Manfredi, Mastroianni, in film memorabili di Monicelli, Scola, Risi, Loy, Salce, Fondato, Di Palma. E naturalmente la vediamo a fianco di Alberto Sordi, re della commedia che l’ha eletta per sempre a sua compagna ideale di film, di gioco, in titoli proverbiali come Polvere di stelle, Amore mio aiutami, Io so che tu sai che io so….

Un altro aspetto multimediale e immersivo de La Dolce Vitti è la visione su schermo touch di una serie di preziosi filmati tra cui un’intervista “a tu per tu” con la videocamera, realizzata da Donatella Baglivo, in cui è la stessa Vitti a raccontare svolte e momenti della sua vita artistica.
A completare l’immersione nel mondo di Monica Vitti sono degli speciali artwork in forma di cartolina e poster che il visitatore può portare come souvenir di un mondo variegato.
Accompagna la mostra il volume “La Dolce Vitti”, edito da Edizioni Sabinae e Istituto Luce-Cinecittà, a cura di Nevio De Pascalis, Marco Dionisi, Stefano Stefanutto Rosa, con un’introduzione di Irene Bignardi: un racconto testuale di 150 pagine in 10 tappe con uno straordinario apparato iconografico di oltre 100 immagini, Filmografia e Teatrografia e preziose testimonianze.


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