È stato una vera leggenda. Ha demolito avversari di più generazioni. Ha fatto saltare le coronarie a molti arbitri. Il tempo non lo ha minimamente cambiato. John McEnroe ha 56 anni compiuti ma gioca con la stessa grinta di un giovincello che vuole dimostrare al mondo di essere il migliore. Nella tappa italiana dell’ATP Champions Tour erano in quattro a sfidarsi e contendersi il torneo. Il vincitore è stato lui e solo lui, John McEnroe.

I sorteggi delle semifinali hanno messo di fronte, a Verona, un match tra ex-numeri 1 del mondo: l’americano John McEnroe e lo svedese Mats Wilander. Sulla carta un incontro equilibrato. Nella pratica non c’è stata quasi partita con il tre volte vincitore di Wimbledon che si è imposto 6-2 6-4. Una piccola sorpresa nell’altra sfida. Yannick Noha infatti, ha dovuto dare forfait a causa di un infortunio e così al suo posto è sceso in campo il bicampione del Roland Garros, lo spagnolo Sergi Bruguera, che si è imposto in due set (6-3 7-6) sul francese Henri Leconte.

Abbandonata la città di Romeo e Giulietta, il carrozzone delle vecchie glorie della racchetta si è spostato a Modena per le due finali. La sfida con in palio il 3° posto ha visto una partita davvero appassionante: Leconte vs. Wilander, revival della finale parigina del 1988. Rispetto al più serioso Mac, il transalpino vuole divertire. Gioca. Eccome se gioca, e il punteggio è solo un dettaglio per lui. È lì per mostrare che cos’era il tennis quando si poteva (sapeva) ancora inventare. Colpi deliziosi e tanti sketch. Imita Nadal (e mi pare anche Maria Sharapova). Entra nell’automobile a ridosso del campo e suona il clacson. Parla col pubblico. Mats è più schivo. Si limita ad assistere e divertirsi insieme ai molti presenti. Wilander vince il primo set per 7-5 e l’apparente sensazione è che il possente scandinavo possa già  chiudere alla seconda partita. Niente di più sbagliato. Henri vola subito 3-0 per poi imporsi 6-2 con un fantastico passante di dritto, e portando così la sfida al tie-break decisivo del terzo set al meglio dei 10 punti, che si aggiudica poi l’avversario.

La finale è una sfida anomala. Nel circuito ATP infatti Bruguera e McEnroe non si sono mai incontrati. A ben guardare l’anagrafe non c’è di che sorprendersi. Lo spagnolo è del ’71, l’americano del ’59. A dispetto di un tennis nettamente superiore di John, Sergi in teoria dovrebbe essere il favorito. È più giovane e potente. In modo analogo alla vittoriosa semifinale su Wilander, Super Mac si affida meno al suo sopraffino serve & volley puntando di più su servizio e gioco da fondocampo con licenza (ovviamente) d’improvvisi attacchi e chiusure imprendibili. Non c’è partita. Mac è concentrato. Sergi fa il comprimario, negli applausi e nel campo. McEnroe vince in due set 63 64 dimostrando una tenuta atletica davvero notevole. Quanto al gioco poi, nessuno è mai stato al suo livello.

John McEnroe è uno dei pochi giocatori al mondo ad essere stato il numero 1 sia in singolare sia in doppio, specialità quest’ultima (in particolare in coppia con il connazionale Peter Fleming) dove ha conquistato 71 titoli ATP, 9 dei quali prove del Grande Slam: 5 Wimbledon e 4 US Open. A dispetto di certi comportamenti maleducati, Mac resterà nei secoli dei secoli un esempio di tennis purissimo. Impareggiabile. Imprevedibile e letale. 


Receive more stories like this in your inbox