La più grande rivalità sportiva di ogni epoca? Niente panico, la risposta è molto più banale di quanto possa sembrare: Lakers-Celtics, senza neanche discutere. 
 
Due modi di vivere, intendere e giocare la pallacanestro che per anni, decenni, quasi un secolo si sono scontrati sui parquet americani dando vita a battaglie sportive di inenarrabile fascino. 
 
Da una parte Boston, città europea per eccellenza capitale del Massachusetts, della cultura “est-coast”,  del lavorare sodo, del primordiale orgoglio celtico, e dall’altra Los Angeles, regno dello star system, del clima sempre caldo, del talento ad ogni costo e della ricchezza sfrenata. 
 
Lo Yin e lo Yang, il bianco e nero e, per tornare sul pianeta basket, Larry Bird contro Magic Johnson, Bill Russell contro Wilt Chamberlain, Kobe Bryant contro Pierce e Garnett. 
  Kobe Bryant e Paul Pierce 

  Kobe Bryant e Paul Pierce 

Decenni scanditi dai due colori, l’oro dei Lakers e il verde dei Celtics, decenni di grande basket finiti repentinamente proprio nel corso di quest’ultima stagione che forse passerà alla storia come quella del naufragio della grande rivalità. 
 
Le due franchigie più importanti e vincenti del basket professionistico a stelle e strisce hanno iniziato un lento e forzato processo di ricostruzione (il secondo per i Celtics, che con fatica e dolore erano riusciti ad attenuare il ricordo di Larry Bird con gli arrivi di Garnett, Pierce e Allen nel 2007) dal quale, se tutto andrà bene, rinasceranno non prima di 2-3 anni. Tanti, anzi troppi, se i soggetti in questione sono i leggendari Boston Celtics e i funambolici Los Angeles Lakers. 
 
Perché negli occhi di tutti gli appassionati di palla a spicchi del mondo sono ancora ben impressi i sette capitoli delle Finali del 2010 conclusi all’overtime di gara 7 allo Staples Center di LA. 
 
La grande rivalità al suo massimo splendore come non l’avevamo mai assaggiata dai tempi di Bird e Magic o prima ancora di Russell e West o Russell e Chamberlain. Da quelle finali giocate con immane ferocia tecnica da una parte e dall’altra, è rimasto ben poco. Polvere di stelle, per la precisione, visto e considerato che nella scorsa offseason i Celtics hanno deciso di ripartire senza coach Doc Rivers, Paul Pierce e Kevin Garnett (spediti a Brooklyn) senza dimenticare Ray Allen, approdato due anni fa alla corte di King James a Miami. 
 
Crollati i quattro pilastri del titolo 2008 e della finale 2010, è venuto giù il palazzo sorretto solo dalle esili ginocchia del superstite Rajon Rondo e da un gruppo di “artisti del momento” che hanno portato, nella regular season attuale, ad un record di 22 vittorie e 55 sconfitte (al momento della stesura dell’articolo). Risultato poverissimo, identico a quello dei peggiori Lakers dell’era moderna. 
 
Privi di Kobe, ancora alle prese con guai fisici che forse non giustificano il faraonico rinnovo strappato a novembre (2 anni a 46 milioni di dollari), Nash e spesso e volentieri Gasol, i gialloviola stanno per chiudere una regular season in cui sfortuna, errori gestionali ed una spaventosa ondata di infortuni, hanno fatto da contorno alle giocate dell’eroe dei poveri, Nick Young.
 
E proprio gli infortuni hanno scritto una nuova pagina di storia della Nba quando nella sfida di Cleveland dello scorso marzo, i Lakers hanno costretto gli arbitri a rispolverare una regola mai applicata: consentire ad un giocatore uscito per 5 falli (Robert Sacree) di restare in campo non essendoci in panchina un giocatore in grado di sostituirlo. Tradotto: erano rimasti in 5! 
 
L’eterna guerra Celtics-Lakers al momento non ha motivo di esistere, schiacciata da numeri identicamente tristi che ci spinge ad un’osservazione quanto mai necessaria sul sistema sportivo americano. 
 
Nulla resta in eterno oltreoceano, nulla viene preservato senza accurate scelte e quel pizzico di fortuna che non guasta mai. Tutto scorre e si evolve dunque e proprio come per tutte le cose naturali, compresi Celtics e Lakers, costretti ad alzare bandiera bianca e a concedersi una stagione di “Tanking” (l’arte di perdere di proposito per strappare una scelta alta al draft dei migliori talenti universitari). 
C’era una volta la grande sfida, c’era una volta e al mo-mento non c’è più!

Receive more stories like this in your inbox