Tutto è cominciato circa sedici anni fa, sul palco del The Kitchen, celebre scena underground newyorchese, tempio dell’avanguardia delle arti performative in America. Qui Laura Caparrotti, oggi fondatrice e anima del Kairos Italy Theatre, si è ritrovata a calcare le assi per le sue prime performance nella Grande Mela. 
 
“Ero venuta qui per pochi mesi, ma ci sono rimasta per la vita”, racconta, “uno spettacolo tira l’altro e, insieme ad altri attori italiani a New York, abbiamo deciso di fondare una compagnia tutta nostra”. Un debutto forse simile a tanti altri, ma di certo una carriera d’eccezione per il Kit, nato nel 1997, compagnia ufficialmente registrata dal 2000, che da quasi vent’anni è portavoce del teatro italiano oltreoceano. 
 
Il loro punto di forza? “Ci rivolgiamo soprattutto al pubblico americano – spiega Laura – ma tutti gli spettacoli sono concepiti, costruiti e prodotti come se fossimo in Italia. La qualità è la stessa e l’obiettivo è quello di essere una vetrina sul teatro italiano a New York e in tutti gli Stati Uniti”. Obiettivo centrato in pieno grazie a un know-how tutto statunitense, dove il teatro è arte sì, ma soprattutto business e affari, e una creatività, invece, tipicamente italiana. 
   Laura Caparrotti 

   Laura Caparrotti 

Di casa, e di scena, presso la Casa Zerilli-Marimò, a New York, residenza ufficiale della compagnia a Manhattan, il Kit organizza corsi di teatro dove, a prendere appunti su postura e dizione, ci sono soprattutto americani, ma, almeno la metà, di origini italiane. In ogni corso, per adulti o bambini, si insegna lingua e cultura italiana e “i risultati sono esilaranti, ma anche molto soddisfacenti”, dichiara Laura. 
 
Dal suo punto di vista privilegiato, ci racconta di un’inversione di tendenza tra i giovani italo-americani: “Per un italiano, la sua cultura è quella in cui è cresciuto, mentre per un americano di origini italiane, la nostra cultura è quella che arriva filtrata dalla famiglia e dalla tv, ma in questi ultimi anni, ho notato un trend positivo: i giovani italo-americani sono più curiosi, si informano, viaggiano, vanno a vedere e conoscere da vicino le proprie origini”. 
 
Ma come si fa a trasmettere l’umorismo, i motti di spirito, la musicalità della lingua in un testo tradotto o sottotitolato? “L’importante è lavorare con onestà intellettuale e non mentire al pubblico. Tradurre non significa solo trasporre il testo da una lingua all’altra, ma comunicare lo stesso concetto in un altro linguaggio”. Ecco perché il Kit cura scrupolosamente le traduzioni e il lavoro sulla lingua prelude a ogni rappresentazione. 
 
“Per lo spettacolo su Ennio Flaiano, abbiamo lavorato con un’esperta internazionale di Flaiano, Marisa Trubiano, che insegna presso la Montclaire State University”.
Laura Caparrotti, oltre ad essere la portavoce della famiglia De Curtis oltreoceano, è anche una delle personalità italiane più importanti negli Stati Uniti. 
 
Laureata a Roma in Discipline dello Spettacolo, un inizio con i grandi nomi del teatro, italiano e internazionale, da Eugenio Barba a Peter Brook, i primi passi mossi accanto a Mario Carotenuto, Lucilla Morlacchi e Giancarlo Cobelli, sembra non aver perso neppure un briciolo dell’entusiasmo degli inizi.
 
È forse per questo che, se le si chiede di tracciare un itinerario dei posti imperdibili per un giovane attore a New York, non esita a tirare fuori piccoli cabaret e scene nascoste dove i grandi nomi dello spettacolo hanno debuttato: il Cherry Lane Theatre, dove hanno mosso i primi passi Sam Shepard, Edward Albee, David Mamet; il Duplex, dove un Woody Allen in erba presentava i suoi primi testi al pubblico, e il Caffè Cino, dove ha avuto inizio il teatro Off-Off Broadway, grazie a un signore italo-americano di nome Robert Cino.
 
Per confrontarsi, invece, con la sperimentazione del teatro newyorkchese, è indispensabile varcare la soglia di teatri come La Mama e il Theater for the New City, multisala teatrali che hanno conservato la verve degli anni ’70. 
 
Infine, una chicca per appassionati, lo Shakespeare Forum, vera e propria palestra teatrale, dove ci si può iscrivere, per soli 5 dollari, a una sessione di Shakespeare Gym, per recitare, leggere o semplicemente ascoltare la parola del Bardo.
 
L’ultima importante iniziativa del Kit è sicuramente il festival In Scena!, kermesse interamente dedicata al teatro italiano negli Stati Uniti, che ha debuttato lo scorso giugno con una prima edizione ricca di nuovi volti e talenti. “La speranza è che il festival diventi una finestra non sull’Italia del teatro – spiega Caparrotti – ma anche sulla sua cultura e gastronomia”.
 
Intanto, per la prima volta, un festival di teatro italiano ha coinvolto tutti i borough di New York, da Manhattan al Bronx, e, per il debutto, fil rouge azzeccatissimo: il viaggio, il ponte tra New York e l’Italia, il melting pot etnico e inimitabile delle metropoli, la percezione dell’altro e del diverso. 
 
In attesa della seconda edizione del festival, bolle già qualcosa in pentola per il 2014. Dopo il successo de La Mandragola, in inglese, a dicembre, in cantiere per i prossimi mesi ci sono uno spettacolo su tre novelle del Decamerone, un evento speciale su Calvino in collaborazione con la Eastman University, una performance su Petrarca e tanto altro. Tra i sogni nel cassetto, un teatro a New York che sia tutto italiano, dall’arredo allo spirito. Per ora mancano i fondi, ma in futuro, chissà…
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