Storia e successi di Frank Jerky alias Francesco Carnesecchi, giovane videomaker romano, da anni a New York. Jerky è il produttore del video “Green-back Boogie” per il singolo del gruppo musicale Ima Robot di Los Angeles.
 
Quanto tempo è stato necessario per realizzare il video?
Dieci mesi. Dal primo contatto con la band, all’uscita del video sono passati esattamente 10 mesi. Tutto questo tempo è stato necessario, più che per la complessità del set, che in fondo era piuttosto semplice (un unico setting di camera e luci), per le diverse ubicazioni dei vari componenti che hanno reso possibile la realizzazione del video. Gli Ima Robot vivono a Los Angeles, il video è stato girato a New York e montato a Roma per una questione di costi. Tutti questi fattori hanno rallentato fortemente la realizzazione di Greenback Boogie. È stato lungo, intenso e faticoso, ma  è stato bello.
 
L’idea di girare scene nei bagni, dove si raccontano tante microstorie, è molto originale, hai trovato difficoltà a proporlo agli attori?
Gli attori sono stati informati di cosa andavano incontro fin dal casting e tranquillizzati dall’angolo alto della telecamera che permetteva loro di potere fare praticamente qualunque cosa senza che si vedesse nulla. Si sono comportati tutti alla grande, non ricordo nessuno sul set che mi abbia detto “No questo non lo faccio” anzi a volte sono stato io a doverli fermare. Non hai idea della roba che ho tagliato!
Ci sono riprese molto fantasiose, come ti sono venute in mente?
Sono cresciuto bombardato dal cinema americano e dai videogiochi giapponesi e allo stesso tempo sono uno che frequenta molto il bar come luogo sociale, anche da solo. Mi piace sedermi al bancone, bere un whisky, parlare con la gente e osservare tutto quello che mi succede attorno. Soprattutto a New York è incredibile: puoi trovare più etnie differenti, insieme nello stesso momento, in un normalissimo bar di periferia di Brooklyn che in giro per l’Italia intera. Le mie storie, i miei personaggi, sono il frutto di tutto questo. Non ho fatto altro che mettere nello stesso mondo persone vere, reali, che vedo tutti i giorni, con figure che sono frutto della mia fantasia e perché no, di quella dei film che più mi hanno influenzato. E menomale che il budget era ridotto…non sai quant’altro avrei voluto metterci!
 
La scena che vi ha divertito di più?
Devo dire che ci siamo divertiti da matti. Personalmente non ne ho una particolare, era tutta la situazione attorno che era assurda. Ci sono stati momenti in cui, se mi guardavo attorno nel set, vedevo Hitler abbracciarsi con Gesù, uno Zombie andare sullo skateboard e un alieno fumare, un Pollo gigante che filmava il “behind the scene” mentre Charlie Chaplin gli sistemava il costume. C’era follia dappertutto non solo all’interno dei bagni. Questo è il ricordo più bello che ho di Greenback Boogie.
 
Quanto di te c’è in questo video?
Tutto. Dal personaggio più verosimile a quello più fantasioso, in ognuno di loro ci sono io, la mia interminabile voglia di giocare, la mia irriverenza e perchè no, il mio modo di vedere le cose. Non so neanche se mi sto descrivendo bene. Però sono certo che uno che mi conosce un pochino, quando vede il video dice: “Questo è Frank.”
 
Quando è nata la tua compagnia di produzione Wrong-way Picture?
Wrongway Picture è nata dalla collaborazione mia e di un altro filmmaker, Vittorio Guidotti, cominciata tre anni fa. Ora siamo in tre, al progetto si è aggiunto Stefano Lemon che cura tutta la parte grafica. Dal 21 settembre 2011 abbiamo attivato il nostro sito internet, in contemporanea con l’uscita di Greenback Boogie. Sul nostro portale sono visibili tutti i nostri lavori.
 
Raccontami i premi che hai avuto grazie al tuo lavoro per gli Ima Robot.
“Greenback Boogie” è stato selezionato in 6 Film Festival, vincendone quattro (California International Film Festival, New York Independent Film Festival, United Kingdom Film Festival e California Awards). Il video ha vinto lo scorso 10 novembre lo Zero Film Festival. “Greenback Boogie” è stato proiettato ai Bushwick Open Studios 2012, e per questo, ci tengo a ringraziare lo staff di Cre8 e di Sabor e gli studi che mi hanno invitato. 

Frank Jerky ai California Film Awards

 
Come hai selezionato i film festival a cui hai partecipato? Cosa hai provato quando hai ricevuto i premi?
Ci sono moltissimi festival in giro per il mondo e quello che capita la maggior parte delle volte che si vuol mandare un video è di perdersi. Questo l’ho imparato sulla mia pelle, con progetti più vecchi e meno am-biziosi. Per Greenback Boogie ho scelto solo ed esclusivamente festival che davano molto importanza alla competizione dei music video. Sicuramente l’emozione più bella è stata vincere il California award. Alla cerimonia c’erano 300 filmmaker da ogni parte del mondo. È stata la prima volta che sono dovuto salire su un palco a ritirare il premio. 
 
Prima di arrivare a New York, dove sei stato?
Quando mi sono trasferito a NY avevo appena compiuto 22 anni. Al di là dei viaggi vacanza con gli amici, non avevo avuto esperienza all’estero. A Roma vivevo con i miei e in un colpo solo mi sono trovato a vivere da solo dall’altra parte del mondo in un posto dove non conoscevo neanche la lingua, quindi il salto devo dire che è stato bello grosso. Mi viene da ridere quando ripenso alle prime lezioni alla New York Film Academy. Non capivo assolutamente niente! Per me, tra il professore che mi parlava ed un cane che abbaiava, non c’era nessuna differenza. Per fortuna ho incontrato persone che mi sono state vicino e mi hanno aiutato tantissimo. 
 
Cosa non rifaresti col senno di poi?
Uh..tante di quelle cose. Nel lavoro come nella vita, uno a volte deve scendere a compromessi. La cosa che mi conforta è che sono consapevole del fatto che mi toccherà fare ancora tantissime altre cose. L’importante è non perdere mai il tempo e la voglia di fare quello che veramente ci piace.
 
Progetti futuri?
Sto lavorando a una miniserie per il web. Si chiamerà “L’idiota” e sarà in italiano. Dentro c’è di tutto: letteratura, cucina, quiz show e tanto, tanto cinema. Saranno 3 episodi. Uscirà a Natale. Poi sto scrivendo un’altra serie in italiano, un lavoro più lungo: saranno 7 episodi da 20 minuti. Sono contento perché è vero che mi capita spesso di lavorare con italiani, ma su set e sceneggiature sempre e comunque in lingua inglese. È la prima volta (esclusi gli studi), che dirigo un set completamente italiano, dalla sceneggiatura alla crew e gli attori. Non è tanto importante quello che si dice, ma come. Certe sensazioni, solo la lingua madre è in grado di trasmetterle. Almeno per me è così e non vedo l’ora di cominciare.
 

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