Appena un anno fa erano in mostra alla Biennale di Venezia alcune opere pittoriche di  Fausto Pirandello, figlio del grande drammaturgo siciliano e premio Nobel nel 1934, Luigi.

Era il 2 luglio 2011 e i suoi quadri erano esposti nelle prestigiose sale di Palazzo Grimani. La mostra fu voluta da Vittorio Sgarbi, già sindaco di Salemi, in provincia di Trapani, che indica Fausto Pirandello – e non è il solo a farlo – come uno dei massimi esponenti della scuola romana e di tutto il  ‘900.
 
Ed è sempre Vittorio Sgarbi che ha voluto quest’anno Fausto Pirandello a Spoleto, per un altro, importantissimo appuntamento: Spoleto Arte.
Dopo il “divorzio” del critico d’arte dal “Festival dei due mondi”, il 30 giugno scorso si è inaugurato “Spoleto Arte”, specie di osservatorio sull’arte contemporanea e interamente sostenuto da sponsor privati.
 
Alle 18:30, dunque, Palazzo Racani Arroni, ha aperto le sue stanze alla mostra organizzata da Salvo Nugnes e che vede esposte oltre alle opere di Pirandello, quelle di  Gillo Dorfles, prossimo a compiere 103 anni, già conosciuto come uno dei più importanti critici d’arte che qui si presenta in veste di artista proponendo le sue ceramiche e i suoi mosaici.
 
Sono presenti anche Gaetano Pesce, newyorkese per scelta, che ama lavorare la resina poliuretanica, collocandosi tra i più emblematici rappresentanti del radical design internazionale anche per la sua vocazione ad una “architettura utile”, ponte fra le immagini figurative e la cultura popolare e, perché no?, tra il vecchio (l’Europa) e il nuovo (l’America) continente.
 
Da San Pietroburgo a Mosca, città tra le quali divide la sua esistenza umana e artistica, Michail Misha Dolgopolov sino a Spoleto per proporre i suoi bronzi quasi umani, le sue statue in cui la realtà plastica è un omaggio al suo “amato“ Rinascimento italiano che  manifesta in una aspirazione alla “concorrenza della sua finzione con la nostra realtà” (come scrive Sgarbi nella sua cartella di presentazione). 
 
Affascinano il visitatore pure i mosaici in pietra e marmi antichi di Franco Vitelli, erede spirituale degli antichi marmorai romani. Così come le opere di Patrizio Mugnaini e della giovane Maria Savino. La mostra vuole essere anche un omaggio a Gino De Dominicis e Andrea Martinelli.
 
Alla inaugurazione che si è svolta all’interno dello stesso cinquecentesco e nobiliare Palazzo Racani Arroni, posto sulla scalinata che guarda la piazza con la splendida Chiesa Madre, erano presenti – oltre al  curatore Vittorio Sgarbi e al direttore Salvo Nugnes, – tra gli altri, il soprano Katia Ricciarelli, la giornalista Silvana Giacobini, Sabrina Colle, attrice ed 
eterna fidanzata di Vittorio Sgarbi, Emmanuele Emanuele, Presidente della prestigiosa Fondazione Roma, Giovanna e Pierluigi Pirandello, figlio di Fausto;  e poi ancora Manuel Roberto Guido, direttore generale del Mibac (Ministero per i Beni e le Attività Culturali); Francesco Scoppola, sovrintendente per l’Umbria.
 
A Gillo Dorfles e a Pierluigi Pirandello è stata conferita una speciale onorificenza, una targa, “come simbolico riconoscimento, per l’intenso e significativo percorso artistico”.
 
Erede di un ineguagliabile patrimonio culturale quale è quello rappresentato da Pierluigi Pirandello, non si può non sottolineare la sua generosità nel dispensare stille di memoria storica di una famiglia come quella alla quale appartiene e che ha segnato tutto un mondo culturale e un’epoca drammatica che ha trovato nel padre e nel nonno le forme espressive- interpretative di tutto il disagio interiore di  natura psicologica e sociale che per diversi motivi li hanno attraversati.
 
Non possiamo non sottolineare, ancora una volta, l’originalità e la  plasticità tormentata della pittura di Fausto Pirandello. La sua ricerca personalissima che ne fece un solitario, passò attraverso la frequentazione con artisti suoi contemporanei che lo portarono alla scelta di un realismo intellettuale, a volte metafisico.
 
Sembra, attraverso i suoi quadri, di ripercorrere il lavoro psicologico del padre Luigi, tradotto in un linguaggio visivo che, attraverso le forme – non forme e i colori ora accesi ora cupi, traduce tutta la ricerca interiore, psichica del teatro pirandelliano. 
 
Un filo conduttore che portò Fausto a un conflitto interiore, a un rapporto di odio-amore nei confronti del padre che sempre traspare nelle sue opere, magica materializzazione di sentimenti forti e contrastanti in una corposità sempre prorompente e disfatta.
 
Una psiche tormentata che distorce e che trasforma i corpi in proiezioni del proprio malessere.
 
Sembra ancora oggi di potere e di dovere scoprire altre realtà attraverso la “lettura” delle opere di Fausto Pirandello, unico nel suo esprimersi ma quasi un capo-scuola di involontaria fatalità per un artista come, per esempio, Lucien Freud, più giovane e  geograficamente molto distante da Pirandello ma che ne ricalcò alcune forme pittoriche – come spesso Sgarbi ha voluto sottolineare.
 
Troppe coincidenze nel segno dell’arte tra questi due artisti: Fausto Pirandello, figlio di quel tale Luigi tutt’oggi ingombrante; Lucien Freud, nipote di quel Sigmund, padre della psicoanalisi, che fece di questa scienza una lente attraverso la quale scandagliare l’animo umano, i sentimenti, le pulsioni del corpo e della mente, così come Luigi, padre di Fausto, fece nelle sue opere teatrali e letterarie.
 
La mostra di Spoleto offre, quindi, ancora una volta, l’opportunità imperdibile di entrare nel mondo fantastico della pittura di Fausto Pirandello. Il catalogo delle opere di “SpoletoArte”, a cura di Vittorio Sgarbi ed  edito da  Antigaedizioni, è l’indispensabile viatico per un’accurata visita all’interno dell’arte preziosamente esposta nel magnifico palazzo rinascimentale che la ospita.

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