Il cortometraggio “Io vedo i mostri” (I see monsters) di Federico Alotto ha vinto il premio come miglior film straniero e quello per il miglior attore (Andrea Zirio), alla quattordicesima edizione dell’International Beverly Hills Film Festival (Bhff). Un riconoscimento importante, reso più significativo perché si tratta di un cortometraggio cosiddetto di “genere”.
 
Alotto è nato a Torino nel 1984. Dopo la maturità ha perfezionato gli studi di tromba e composizione, frequentando il conservatorio sotto la guida del maestro Paolo Russo. 
 
In qualità di concertista ha collaborato con Elio, Baustelle, Fratelli di Soledad, Orchestra di Fondazione Crt, Teatro Regio di Torino, Auditorium Rai di Torino, Teatro Ariston di Sanremo, esibendosi in Italia e all’estero (Stati Uniti, Israele, Olanda, Spagna, Francia, Germania e Slovenia).
 
Dal 2008 ha iniziato lo studio della regia cinematografica, spinto dalla sua fortissima passione per il cinema, facendo esperienza sui set di diverse produzioni. 
 
Dopo alcuni riconoscimenti ottenuti nei festival dove ha presentato i suoi primi lavori (due cortometraggi di studio a budget zero), nel 2012 ha realizzato il primo lungometraggio: “L’uomo col cappello”, girato in un mese con un budget ridottissimo. 
 
Il film ha ottenuto una buona accoglienza, culminata con la menzione speciale della giuria dell’ecologico International Film Festival, che si svolge a Gallipoli, in Puglia.
 
 “I see monsters”, ha il merito di proseguire la riscoperta di quello che fu definito “cinema di genere”, una tipica cinematografia italiana, sviluppatasi tra gli anni ‘60 e ‘80, la cui caratteristica era quella di prendere ispirazione da film di successo internazionali (in prevalenza americani), per creare “improbabili” sequel o inaugurare dei veri e propri filoni. 
 
Tra gli autori più noti citiamo Enzo G. Castellari, Lucio Fulci (“Zombi 2”), Joe D’Amato, Ma-rio Bava, Umberto Lenzi e Ciro Ippolito, quest’ultimo autore e regista di “Alien 2 sulla terra”. 
 
Questi film erano realizzati con budget bassi, attori e registi sconosciuti, ma la ristrettezza economica era superata dall’ingegno e da soluzioni innovative, che ne decretarono la loro fortuna, soprattutto all’estero. Il ritorno in auge di questo genere si deve ad alcune trasmissioni televisive e soprattutto al regista Quentin Tarantino. 
 
“I see monsters” racconta la storia del piccolo Giulio, che durante il pasto consumato con i suoi genitori è mandato a prendere il vino in cantina. 
 
La scena iniziale della cena caratterizza i protagonisti: un padre in canottiera, disordinato e poco comunicativo, un bambino timido, che a fatica riesce a tagliare la sua bistecca e una madre con occhi sbarrati e ghigno inquietante stampato sulla faccia, preoccupata soltanto di porre in un certo modo la bottiglia del vino sulla tavola. 
 
La maestria dei movimenti di macchina, il gioco di luci e om-bre e l’interagire degli attori catturano l’attenzione dello spettatore, senza anticipare pienamente lo sviluppo della storia. 
 
Nella loro particolare caratterizzazione i tre protagonisti creano comunque una sorta di cruda “normalità” narrativa, bruscamente sovvertita nel momento in cui il bambino è mandato in cantina. Mentre questi è intento a versare il vino nella bottiglia, si rivela la presenza di un’altra persona, che vive segregata nel locale. 
 
Il finale è drammatico e svela chi siano i veri mostri.
Gli “ingredienti” del cinema di genere (horror/thriller) sono evidenti: una situazione notturna, una cantina buia, il mostro na-scosto nell’oscurità. 
 
Si tratta di elementi tipici, in-seriti in una narrazione coinvolgente e in grado di catturare l’attenzione dello spettatore. La storia si sviluppa in due ambienti completamente diversi e allo stesso tempo simili. La sala da pranzo si presenta calda e accogliente, sebbene i genitori del bambino ci appaiano già come creature mostruose, poi si “entra” in un locale squallido e po-co illuminato, dove topi e oscure creature appaiono più rassicuranti.
 
Il direttore della fotografia Valerio Sacchetto, ha avuto il merito di ricreare ambienti in cui le ombre e la quasi assenza delle luci immergono lo spettatore in un’atmosfera tipicamente horror, soprattutto per quanto riguarda le scene girate nella cantina in cui si comincia a in-tuire la presenza di un nuovo elemento. 
 
Del padre-mostro Andrea Zirio ha offerto un’interpretazione convincente e credibile, caratterizzando senza eccessi il suo personaggio, confermando le qualità già viste in “L’uomo col cappello”, il primo film di Alotto. Sullo stesso ottimo livello si pongono le interpretazioni degli altri attori protagonisti della storia: Alessia Pratolongo, Vanina Bianco e il piccolo Giulio “Junior” Caterino.
 
“I see monsters” ha vinto anche il Winter Film Awards di New York nella categoria cortometraggi horror (best horror short film) e il Crimson Screen Horror Film Festival (best short e best cinematography), che si svolge negli Usa a Charleston in South Carolina. Il film è stato presentato, tra gli altri, al Torino Film Festival e al Taos Short Film Festival (New Mexico).

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