Ph Paul Deetman da Pexels

Quasi tutte le cinematografie europee hanno la stessa difficoltà: il mercato ossequia e conosce solo Hollywood. È davvero così?

Il cinema irlandese è protagonista dell’Irish Film Festa presso la Casa del Cinema di Roma. L’appuntamento dedicato alla cinematografia irlandese è giunto quest’anno alla sua VI edizione e si svolge sotto il patrocinio dell’Ambasciata d’Irlanda e della Provincia di Roma ed è realizzato dall’Associazione Culturale Archimedia.

Convinto del successo delle 5 edizioni precedenti, anche quest’anno il festival propone alcuni dei film più recenti e interessanti offrendo al pubblico italiano l’opportunità unica di affacciarsi ad una cinematografia così misteriosa e variegata. Particolare rilievo avrà, questa volta, l’aumento delle collaborazioni cinematografiche fra Repubblica d’Irlanda e Irlanda del Nord. 

 Nella serata inaugurale, il Festival presenta Stella Days di Thaddeus O’Sullivan, (regista di Ordinary Decent Criminal con Kevin Spacey, Linda Fiorentino e Colin Farrell), ambientato nell’Irlanda degli anni Cinquanta. Ospite d’onore quest’anno, Fionnula Flanagan, la grande attrice dublinese apprezzata in The Others, Transamerica, Waking Ned Devine, oltre che in serie tv come Brotherhood e Lost. Interpreta insieme a Helen Mirren, Some Mother’s Son diretto da Terry George.
 
Noi de L’Italo Americano siamo andati a intervistare la direttrice artistica del Festival, Susanna Pellis, critica italiana e grande esperta di cinema irlandese. Una donna che da sette anni si impegna anima e corpo per l’organizzazione di questo festival che ogni anno diventa più importante.
 
Qual è stata l’origine della sua passione per il cinema ir-landese? Cosa l’ha affascinata?
Studio questo cinema da più di quindici anni. Mi hanno attratto probabilmente le tante storie di ribellione che ha raccontato; mentre quello che maggiormente mi affascina, visto che sono un’attenta osservatrice del lavoro degli attori, è proprio l’eccellenza attoriale del cinema irlandese, che sotto questo aspetto, secondo me, non ha uguali nel mondo.
 
Com’è nata l’idea che poi l’ha condotta a organizzare un evento come quello dell’Irish Film Festa a Roma? 
Da qualche anno l’Irish Film Institute di Dublino ha avviato un programma per sostenere l’organizzazione di rassegne di cinema irlandese all’estero. Si tratta di rassegne ‘una tantum’, ma nel caso dell’Italia, dal momento che l’idea è stata proposta a me, mi è parso naturale provare a mettere in piedi da subito un vero e proprio festival annuale, che ora è alla sua quarta edizione.
 
Qual è il criterio con cui seleziona corti e lungometraggi irlandesi da presentare agli italiani che partecipano all’Irish Film Festa?
È lo stesso che uso da critico cinematografico, e da spettatrice: scelgo quello che mi piace e che mi piacerebbe condividere. Naturalmente la scelta è nell’ambito di film inediti in Italia e tiene conto anche del tipo di pubblico a cui sono proposti.
 
Secondo lei perché il cinema irlandese fatica ad avere un successo internazionale?
Quasi tutte le cinematografie europee hanno queste difficoltà, il mercato ossequia e conosce solo Hollywood. L’Irlanda è un paese piccolo, la sproporzione rispetto al mainstream è anche banalmente numerica. In Italia, poi, il cinema irlandese non avrà mai successo finché ci ostineremo a doppiarlo.
 
Spesso le trame dei film irlandesi sono legate agli eventi storici della guerra civile contro l’Inghilterra, ai membri dell’Ira. Secondo lei questa è stata una delle cause dello scarso interesse internazionale?
Che il cinema irlandese abbia affrontato prevalentemente tematiche legate alla guerra d’indipendenza e ai Troubles è vero, peraltro parzialmente, solo per il passato. Attualmente la varietà delle tematiche che propone questo cinema è veramente notevole, eppure l’interesse in-ternazionale non sembra in au-mento.
 
Ritiene che il controllo da parte dello Stato e della Chie-sa, dopo la costituzione del Free State, sia stata determinante per il rallentamento del-la nascita di una produzione cinematografica indigena indipendente?
Sì, senza dubbio.
 
Secondo lei, il controllo dello Stato sulla cultura irlandese è un fenomeno paragonabile a quello cui stiamo assistendo anche oggi in Italia?
Nel caso del Free State e poi del governo conservatore irlandese negli anni che vanno almeno fino al 1960 – ma anche oltre – si trattava di una vera e propria censura nei confronti delle arti, e c’era una esplicita paura nei confronti del cinema. Le cose sono cambiate con la modernizzazione del Paese, e oggi lo Stato irlandese andrebbe preso come modello per il sostegno che offre ai propri artisti. Il paragone con il nostro governo attuale è improponibile proprio per questo, l’atteggiamento qui in Italia nei confronti della cultura è – prima che censorio – di arrogante disinteresse.
 
Ad ogni modo, dagli anni ’90 con la riapertura dell’Irish Film Board e grazie al lavoro di grandi registi irlandesi, primo tra tutti, Neil Jordan, ma anche Jim Sheridan, Pat O’Connor, in Irlanda si respira un’aria di rinascita cultu-rale e cinematografica; ma ora che il Paese è in una situazione disastrosa di crisi economica pensa che il cinema ne risentirà? Qual è il futuro del cinema irlandese?
Difficile prevederlo. A voler essere ottimisti, mi pare che l’at-teggiamento del governo sia, per quanto possibile, quello di non penalizzare il settore. Inoltre va considerato che la stragrande maggioranza dei film irlandesi finanziati dall’ente cinema, l’Irish Film Board, hanno un budget che non supera il milione e mezzo di euro e che di recente si fa molto ricorso a coproduzioni. Mi auguro quindi che sul futuro di questo cinema non torni a farsi buio.
 
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