Ultimamente ho amici che mi chiamano a New York dall’Italia per una semplice domanda: “qual è la corretta pronuncia: “eple” (Apple) come dicono in televisione, oppure “apl”?
 
Alla televisione italiana la parola inglese “Job Act” (giob act) diventa “giobect”, come se fosse il nomignolo di una ragazza olandese. 
 
Per confondere ulteriormente le idee, in un annuncio pubblicitario di McDonald’s Italia, scrivono “Jobs Act”, che non è completamente sbagliato, ma nemmeno corretto come lo sarebbe “Job Act”, per indicare un’azione legislativa.
 
    E che dire delle “s” inutili che abbondano in televisione, come “smarts-phone” invece di “smartphone” (pronunciato “smartfon”)?
 
    Un’altra parola che viene storpiata in televisione è “management”, che si pronuncia com’è scritta, ma senza la prima “e” e con l’accento sulla prima “a” (che quindi diventa “mánagment”) invece che “mannagge-ment” o addirittura “mannaggiament”.
 
    Secondo uno studioso americano che risiede in Italia, “il problema fondamentalmente è che l’enfasi che si dà allo studio della letteratura e grammatica fa spesso trascurare agli italiani la pronuncia. Invece, vocabolario e scorrevolezza sono ben più importanti per farsi capire. 
 
    Alla televisione si dà il merito di aver veramente “unificato” l’Italia insegnando ai nostri nonni e padri a parlare l’italiano standard quando era necessario per via della maggiore mobilità geografica. Oggi la Tv sta insegnando ai giovani a parlare male l’inglese quando questo è indispensabile per navigare in un mondo globalizzato.
 
Il Primo Ministro Matteo Renzi è un tipico prodotto della cattiva televisione per l’insegnamento dell’inglese e si sente quando lo parla. Renzi sa costruire le frasi, ma solo dopo che compie uno sforzo mentale per trovare le parole. 
 
    Tornando alle storpiature dell’inglese, che potrebbero essere facilmente evitate ascoltando online la pronucia delle parole (ad esempio sul sito www.howtopronounce.com), vengono in mente anche parole come “report”, spesso pronunciata con l’accento sulla “e” come “rép-port”, invece che sulla “o”.
 
I verbi sono poi particolarmente problematici per i personaggi televisivi, siano questi giornalisti, mezzobusti o presentatori. Ad esempio, “promised” (promisd) diventa “promis-ed” ed “event-driven” (ivent-driven), ev-ent draiven.
 
Per i numeri, two (tu) viene trasformato in “chwu”.       Quanto alla correttezza di traduzione, ricordiamo che l’esattissima parola “stage” (steij) diventa “steige”, ma mai utilizzata nel modo giusto visto che in inglese significa “palcoscenico”, mentre in Italia indica un praticantato che verrebbe correttamente chiamato “internship”.
 
E che dire dell’uso della parola “fashion” che traduce letteralmente “moda” , ma che in Italia viene usata per indicare qualcuno “di moda” e che correttamente sarebbe “fashionable”.
 
Quindi la televisione, dopo aver ottenuto ottimi risultati con l’insegnamento della lingua italiana, ora deve impegnarsi ad insegnare una buona pronuncia inglese, no ifs, ands, or buts  (senza se e senza ma).
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