E’ giusto dire che viviamo di ricordi? In parte sì, perchè costruiamo tutta la nostra vita dentro una sequenza cronologica che accumula nella nostra mente emozioni e memorie, lascia tracce concrete, sentimentali e operative del nostro passaggio, segna il territorio in cui viviamo di avvenimenti legati a noi, alla nostra famiglia e alla nostra comunità. 

Il terremoto nel Centro Italia, che ci ha emotivamente scosso anche a migliaia di chilometri, ha mostrato come la distruzione di un paese sia anche una ferita mentale, un lutto da elaborare. 
 
Anche solo per un momento, immedesimandoci in chi ha perso tutto in pochi secondi, abbiamo sentito quanto sia doloroso e frustrante aprire gli occhi e non possedere più tutto quello in cui fino a poco prima ci riconoscevamo: il salotto pieno di libri, l’appartamento al secondo piano, il cortile dove giocavano i bimbi, il giardinetto dove si portava a spasso il cane, il negozio dove si faceva la spesa, la scuola dei primi esami, la chiesa con i quadri rinascimentali, il centro dove si passeggiava con gli amici, la via dove passava la festa patronale.
 
Se mancano i “nostri” luoghi, le nostre abitudini, i simboli in cui ci siamo riconosciuti per una vita, non sappiamo più descriverci, ci sentiamo spaesati, persi, e anche “diversi” da noi stessi. 
 
Come ogni emigrante, anche noi che siamo arrivati in America lasciando alle spalle tutti i nostri paesi, il nostro passato con i suoi panorami e i suoi luoghi, gli affetti e le nostre radici, abbiamo iniziato una nuova vita in città nuove, come persone nuove. Ci siamo ricostruiti nuove identità. 
 
Ma tutto è avvenuto con una serie di adattamenti e cambiamenti, difficoltà e problemi che hanno dato vita a nuove abitudini e a nuovi radicamenti. 
Siamo diventati italo-americani, ovvero abbiamo imparato a conservare il nostro passato e a far crescere il nostro futuro dentro un presente che mescola quel che siamo stati e quello che siamo diventati, poco alla volta.
 
I ricordi delle scuole elementari in Veneto o in Puglia, la nostra madrelingua italiana, la pastasciutta della nonna si sono uniti all’università in California, all’inglese che ormai usiamo perfettamente, alle famiglie losangeline che ci siamo creati, ai tacos messicani che mangiamo abitualmente, agli amici di San Francisco e ai parenti a Sacramento. 
 
Quando siamo arrivati negli Usa abbiamo imparato a festeggiare ricorrenze nuove come il Thanksgiving o l’Indipendence Day ma anche come il Columbus Day e l’Italian Heritage Month, che gli Usa ci dedicano per celebrare il contributo che abbiamo dato allo sviluppo degli Stati Uniti. Due occasioni con cui abbiamo iniziato a valorizzare il nostro patrimonio culturale. Non a vergognarcene o a nasconderlo in un processo di assimilazione ma a promuoverlo, a farlo conoscere e a diffonderlo come motivo di orgoglio. 
Sono ricorrenze che ci hanno insegnato a “vantare” l’Italianità. 
 
Sono momenti che costruiscono le appartenenze sociali come fanno i doppi passaporti o l’italiano che insegnamo ai nostri figli sebbene vivano in California. 
Perchè se la Festa del 2 Giugno è un evento che viviamo dentro la comunità, il Columbus Day o l’Heritage Month sono manifestazioni che ci consentono di condividere l’identità italoamericana, in cui ci oggi ci riconosciamo, con il resto delle etnie e delle culture con cui conviviamo. 
 
Da qualche mese c’è un gran polverone sul Columbus Day. 
L’Italo-Americano ha sempre difeso e promosso l’italianità. Nella mission del giornale c’è la volontà costante di condividere la bellezza del Bbelpaese, di far conoscere il patrimonio artistico, paesaggistico e architettonico, la varietà culturale che ci caratterizza, la ricchezza e la musicalità della nostra lingua. 
 
In questo senso il Columbus Day non dovrebbe essere motivo di scontro con altre comunità ma  occasione di incontro e conoscenza reciproca. Non una rivendicazione ma una data in cui la comunità italoamericana si rintraccia da una costa all’altra degli Usa e si mette in mostra, un giorno di crescita dell’intera società americana di cui gli italoamericani si sentono parte integrante.
 
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