Il regista premio Oscar Paolo Sorrentino (Ph. Federico Roiter)
Dal 13 al 24 maggio, a Cannes, si terrà la 68^ edizione del Festival che ha reso celebre la Costa Azzurra. Tra i tanti film in gara spiccano tre pellicole italiane: La Madre di Nanni Moretti,  Tale of tales (Il racconto dei racconti) di  Matteo Garrone e La Giovinezza di Paolo Sorrentino. In particolare è atteso con grande curiosità il ritorno del regista italiano premio Oscar per il suo capolavoro ‘La Grande Bellezza’, che torna sulla scena due anni dopo dalla vittoria della statuetta. 
 
La pellicola con la quale il cineasta napoletano concorre al Festival di Cannes è un film in lingua inglese (il secondo della sua carriera dopo ‘This must be the place’) che vanta un cast stellare di cui fanno parte diverse star del cinema anglosassone, da Michael Caine a Paul Dano passando per Rachel Weisz e Harvey Keitel. 
Il film, di cui è stata mostrata un’anteprima di quattro minuti durante le Giornate Professionali di Sorrento, racconta la storia di due amici: un anziano direttore d’orchestra e un vecchio regista ancora in attività. Il primo si è ritirato dalle scene ormai da molti anni mentre il secondo non riesce a portare a termine il suo ultimo film. E sarà un emissario della regina Elisabetta a mutare radicalmente progetti e vite dei due protagonisti. 
 
In attesa dell’uscita ufficiale del film nelle sale cinematografiche (21 maggio), è gia possibile individuare un filo rosso che lega indissolubilmente le opere del regista italiano: l’età dei personaggi messi in scena. 
Paolo Sorrentino non è solo regista, ma anche sceneggiatore dei suoi film. Le storie che racconta sono quindi frutto della sua immaginazione e del suo genio e il mondo che rappresenta prima sulla pagina bianca e poi sullo schermo è un po’ quello che si porta dentro. 
 Sorrentino racconta un universo anche e soprattutto generazionale che non è il suo; scrive di protagonisti quasi mai a lui coetanei e li immerge in storie e luoghi che non ha potuto vivere anche a causa della prematura morte dei suoi genitori: “Eh sì, finora ho fatto bene solo mammà (mia madre, in dialetto napoletano, nda). Se devo mettere in scena donne della sua generazione vado bene. Con le mie coetanee, lo riconosco, qualcosa non funziona. Però sto cercando di migliorare”.
 
Quella che per alcuni è una mancanza (non saper raccontare la propria generazione) è in realtà il disagio di un artista che cerca con le proprie opere di dare forma al mondo che ha dentro e non a quello che è fuori e che dovrebbe raccontare come fosse un cronista.  L’artista, come ha scritto Oscar Wilde, è ‘il creatore delle cose belle’, e quindi per definizione un visionario, un utopista, un sognatore. E per sognare ancora un po’ grazie al genio di casa nostra, non ci resta che aspettare il 21 maggio.

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