Manca un anno al mezzo secolo di vita della Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro, una delle più importanti kermesse cinematografiche del nostro Paese.
 
Quest’anno, la 49° edizione,  non ha mostrato alcun segno di cedimento, piuttosto il Pesaro Film Festival ha fatto parlare di sé per la bellezza delle opere artistiche selezionate. Uno dei meriti maggiori sta nell’aver riportato al centro del mondo, un cinema storicamente giovanissimo e ahimè poco conosciuto: il cinema cileno. 
 
E così, from Chile to Pesaro, sono arrivati direttamente a presentare i loro bellissimi film, Sebastián Lelio, il primo della lista, con “La Sagrada familia, Navidad e Gloria” che è valso all’attrice protagonista, Paulina Garcia, l’Orso d’oro alla Berlinale 2013. Insieme a lui, Alejandro Fernández Almendras con “Huacho” e, dulcis in fundo, Matias Bize che ha incantato il pubblico con una piccola selezione dei suoi film: “Sábado”, il suo primo lungometraggio e “La vida de los peces”, il più recente. 
 
Non a Pesaro ma ricorrente nella mente di tutti coloro che hanno avuto la fortuna di vederlo, è “Nostalgia de la Luz” di Patricio Guzmán il quale si è accaparrato il premio “Cinema e diritti umani” di Amnesty International. 
 Premiata la rumena Alexandra Gulea, vincitrice del 49° Pesaro Nuovo Cinema

 Premiata la rumena Alexandra Gulea, vincitrice del 49° Pesaro Nuovo Cinema

La giuria del premio presieduta da Giovanni Anzaldo, ha così motivato la decisione: “Più che un documentario, ‘Nostalgia de la luz’ può essere definito un viaggio, dove i piedi del visitatore percorrono il terreno scricchiolante del deserto e lo sguardo è diretto alle stelle, con estatico incanto. All’interno di questo percorso scopriamo persone coraggiose, a cui dovrebbe essere eretto un monumento. Il coraggio di chi studia, attraverso gli astri, l’origine del mondo e di chi cerca nel fondo del deserto i propri cari, la propria memoria. La polvere dei corpi celesti diventa tutt’uno con i resti umani che riposano nella vastità del deserto di Atacama; il meccanismo che muove il telescopio ha lo stesso suono, la stessa musica, del ven-to e dei passi delle donne cilene, della loro ricerca di verità spesso negata da una storia che cancella la memoria, quando essa dà fastidio.
 
Non si può parlare in termini tecnici di ciò che è un’opera poetica; una testimonianza struggente degli atroci massacri di una dittatura militare che ha seppellito le prove dei propri orrori ma che non è riuscita a nascondere la speranza, la forza, di chi cerca la verità nonostante un passato nefasto, ma che, anzi, fa di quest’ultimo una struttura indispensabile per ripartire, per rilanciare e studiare il proprio presente. Passato-presente, Cielo-Terra: tutto fa parte della stessa materia”.
 
Non solo Cile, comunque. 
Quest’anno il Festival di Pesaro non si è risparmiato e ha voluto dedicare il 27° Evento Speciale al cinema sperimentale italiano, chiamando la sezione Fuori Norma, curata da Adriano Aprà, il quale si è distinto selezionando moltissimi cortometraggi, lungometraggi, mediometraggi di artisti conosciuti, semisconosciuti o per nulla conosciuti del nostro bel Paese. 
 
Tra i più importanti: “Amore carne” di Pippo Delbono, che dal 27 giugno è stato distribuito nelle sale italiane, “Beket” di Davide Manuli e “Terramatta” di Costanza Quatriglio che quest’anno ha vinto il Nastro d’argento al miglior documentario.
Spazio poi per la Russia, continuando una tradizione iniziata alcuni anni fa, con la sezione Femminile plurale: animazione russe in cui sono state omaggiate quattro artiste del calibro di Maria Muat, Irina Margolina e Natal’ja Dalbizha.
 
Infine, è stata la volta della parte essenziale della Mostra, il Concorso Pesaro Nuovo Cinema – Premio Lino Miccichè che in particolare quest’anno si è contraddistinto per una forte componente femminile, con quattro donne registe, e molti giovani, come l’iraniana Maryam Najafi (Kayan) e la slovacca Mira Fornay (My Dog Killer), e poi l’italiana Fabiana Sargentini, per la prima volta alla regia di un lungometraggio (Non lo so ancora) e infine la rumena Alexandra Gulea, scelta all’unanimità della giuria come vincitrice della 49° edizione con “Matei Copil Miner – Matei Child Miner” con la seguente motivazione:
“Un’opera prima che rivela uno sguardo potente e libero, capace di indagare il rapporto tra habitat e vicende personali con leggerezza e profondità. Una drammaturgia matura e sensibile”. 
 
La giuria ha deciso di attribuire una Menzione speciale al film “La chupilca del diablo” del ventiquattrenne cileno Ignacio Rodriguez (Cile, 2012): “Nel raccontare il passaggio di consegne tra un vecchio e un giovane, il regista ventiquattrenne, alla sua opera prima, riesce a distillare un microcosmo privato in un racconto sottile ma critico sul Cile contemporaneo”.
 
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