A Venezia è un giorno speciale. Scuole e uffici sono chiusi. È la festa della Salute. L’intera città si reca in pellegrinaggio nell’omonima Basilica per accendere una candela e rivolgere una preghiera alla Beata Vergine. Una celebrazione questa, capace perfino di cambiare la fisionomia dell’antica Repubblica Marinara.
All’altezza di Santa Maria del Giglio viene collocato un ponte provvisorio sul Canal Grande tra i sestieri di Dorsoduro e San Marco, fornendo così un ulteriore accesso verso la chiesa della Madonna della Salute per le sempre migliaia di fedeli, autoctoni e turisti in arrivo.
Correva l’anno 1630 quando nel nord Italia la peste iniziò la sua inarrestabile marcia di morte. “Sbarcata” anche a Venezia con l’ignara complicità di alcuni ambasciatori provenienti dalla già ammorbata Mantova, nonostante le precauzioni prese e l’obbligo di quarantena per i suddetti sull’isola di San Servolo, la piaga si diffuse rapidamente sterminando oltre un quarto della popolazione.
Dopo più di un anno senza miglioramenti, si tenne una processione di tre giorni e tre notti fino a quando il 22 ottobre 1630 il doge Nicolò Contarini fece voto solenne di costruire una chiesa in onore della Madonna se la città fosse riuscita a sopravvivere. Così avvenne. Dopo poche settimane il morbo iniziò a calare la propria virulenza fino alla sua definitiva estinzione nel 1631.
La promessa fu mantenuta e venne indetto il concorso per progettare l’opera.
Nello stesso anno, il 28 novembre, si tenne il primo pellegrinaggio di ringraziamento. Un qualcosa che ancora oggi nel terzo millennio avviene ogni 21 novembre, giorno in cui venne consacrata la Basilica di Santa Maria della Salute nel 1687, realizzata dall’architetto veneziano Baldassarre Longhena che progettò un tempio barocco a struttura ottagonale.
21 novembre 2014. A Venezia splende il sole. Arrivato sul ponte votivo, è impossibile non fermarsi per godersi l’insolito panorama. La “Salute” e San Marco da una parte, il Guggenheim Museum e il ponte dell’Accademia dall’altra. A indugiarvi troppo però si rischia di ostacolare lo scomposto viavai in entrambi i sensi. Riprendo il passo. Pochi secondi dopo, superato il sotoportego de l’Abazia, sbuco davanti alla maestosità basilicale.
Sono da poco passate le 9 del mattino e la Chiesa è già gremita di anziani, adulti, bambini e adolescenti. Ora dopo ora la fiumana s’ingrossa sempre di più. Chiunque varchi la soglia ha una candela in mano. Una volta dentro, c’è chi l’affida al personale che l’accende subito e chi invece la depone in una scatola per i prossimi giorni. Collocata la propria, qualcuno resta lì. A vedere il fuoco dare il suo contributo a una luce divinamente umana.
“Non è solo un rito” racconta la giovane Anna, “in questa festa c’è qualcosa di particolare. È un momento di raccoglimento personale. Vedere tutte quelle fiammelle vicine mi trasmette un’idea (speranza) di persone unite e solidali le une con le altre”.
E dai sussurri della propria anima, ai più profani sapori del palato con le tipiche bancarelle della festa della Salute.
Nei vicinissimi Rio Terà ai Saloni e Rio Terà dei Catecumeni, è una non-stop di dolci ghiottonerie: mele caramellate, zucchero filato, gigantesche frittelle preparate al momento, ciambelle, krapfen traboccanti di crema e/o cioccolato, e poi ancora arancini siciliani, croccanti pannocchie e caldarroste, il tutto arricchito da una cascata di palloncini raffiguranti i personaggi più noti dell’animazione, dall’onnipresente Peppa Pig ai simpatici Minions.
Prima di riprendere il ponte provvisorio, ripasso per un’ultima “Salutistica” sorvolata terrena. Nel limpido cielo azzurro senza nuvole c’è solo una candida scia lasciata da un aereo. Un angelo lapideo in cima alla Basilica è nella posizione di guardarla. Un caso. Una sensazione. Qualcosa di più.