Amicizia. Cultura giovanile. Pregiudizi. Massime verità. Cambiamenti. 
Gabriele Muccino era sbarcato alla 73° Mostra del Cinema di Venezia con il suo nuovo lavoro, “L’estate addosso”, proiettato in anteprima nella sezione “Film in Giardino, presentandolo come “un film spudoratamente leggero perché i protagonisti hanno l’esigenza esplosiva di sentirsi leggeri” ha sottolineato il regista. “E’ un film di crescita sull’amore e sulla vita, raccontando con leggerezza questi momenti che hanno tutto – aveva detto – fuorché la superficialità”.
 
Marco (Brando Pacitto) è un maturando romano alle prese con il dilemma del domani e qualche pensiero negativo di troppo, lontano anni luce dal trend dei propri compagni. Complice un incidente in moto e relativo assegno per i danni subiti, smaltito il gesso e con l’aiuto dell’amico detto Vulcano, già trasferitosi a Palo Alto (California), riesce a organizzarsi e partire per un’insperata vacanza oltreoceano. 
 
A lui però si aggiunge Maria (Matilda Luiz). Tra i due non c’è proprio gran feeling, anzi. Lei, di buonissima famiglia e bigotta, abbandona le amiche in Grecia per partire. Lui, orfano di madre, è più coatto. A unirli, il volo Alitalia per San Francisco dove ad attenderli e ospitarli ci sono Matt (Taylor Frey) e Paul (Joseph Haro), una coppia omosessuale. Una realtà che non tutti sono ancora pronti a condividere. Marco e Maria si beccano come due innamorati (che proprio non sono). Matt e Paul sono materni nei loro confronti, ma anche loro hanno sassolini da far ruzzolare sulle hills di Frisco. Vivere tre settimane insieme può cambiare molto e quello è il tempo dei sentimenti più puri, dove ciò che conta è solo il cuore. 
 
Realizzato con un budget bassissimo, “L’estate addosso” traghetta idealmente i 15enni protagonisti di “Come te nessuno mai” (1999, film presentato proprio in laguna, ndr) ai trentenni de “L’ultimo bacio” ha sottolineato il regista durante la conferenza stampa al Festival di Venezia. “Quattro amici si esplorano e si mettono in gioco. Fanno cadere pregiudizi, giudizi e punti di vista sul mondo. Sono alla ricerca della loro identità. Pensano di averla parzialmente trovata. L’estate è la stagione dell’anima. È la stagione che sembra più breve di tutte le altre. È intensa ed estrema”. 
 
Dopo l’ottimo “Padri e figlie” con Amanda Seyfried e Russell Crowe, Gabriele Muccino torna a quell’età decisiva nella vita tra pregi, lacrime e contraddizioni. Se San Francisco sembra incarnare la leggerezza della vita dove si può crescere senza per forza sanguinare, la Grande Mela appare più come una città frenetica che azzera il vissuto tra le nuvole, trasformando in realtà senza ritorno ciò che fino a qualche giorno prima era mera magia. 
Non è facile far assimilare un simile film a un pubblico ormai lontano dai propri 18 anni ma Muccino ci riesce. Le scelte dei protagonisti non sono così diverse da quelle delle età successive. 
 
Bisogna decidere cosa fare, e farlo nel modo che porti più felicità possibile. Molto bella l’ambientazione a Cuba, forse un tributo al riavvicinamento voluto da Barack Obama al governo di Raul Castro. I quattro amici arrivano nell’isola caraibica in aereo direttamente dagli Stati Uniti, e in un amen eccoli sguazzare nel mare cristallino, tra pasti a base di aragosta e giri in macchina in un verde di rara bellezza. 
 
La vita di Gabriele Muccino corre su due binari, Italia e Stati Uniti. Due mondi legati, eppure molto diversi. “L’America è una costellazione enorme. Cambia da stato a stato, da città in città. Io vivo a Los Angeles dove tutto gira intorno all’industria dell’entertainment ma ho conosciuto anche altre realtà. Non c’è solo la Frisco aperta ai cambiamenti, c’è il razzismo omofobo di cui parla Matt. Purtroppo in Italia si ripete troppo spesso che non c’è futuro. Questo è inammissibile negli Usa. L’America non accetta il fallimento e reagisce”. 
 
Entusiasti più che mai del lavoro svolto i giovani protagonisti. “È stato davvero speciale. Ho percepito una grande onestà tra noi attori” ha detto la giovane Matilda. “Viaggiando tra Italia, Stati Uniti e Cuba si è creato un viaggio anche tra noi attori, un’alchimia manifesta dentro e fuori il set”. 
 
“Abbiamo lavorato con un regista che ti lascia sperimentare” ha aggiunto Taylor. “Se qualcosa non andava, te lo diceva, lasciandoti però andare. E non è scontato. Ricordo che alla fine della scena in cui io e Matilda eravamo in cucina a preparare il caffè, abbiamo continuato a improvvisare, portando avanti la scena senza che ci dicesse di girare di nuovo. Una combinazione davvero magica tra noi e Muccino”.
 

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