Il revival in America dei cinema all’aperto (argomento di alcuni recenti programmi televisivi), mi riporta a memorie “bicostal”.
 
A Giulianova, in Abruzzo, durante le estati di fine anni ’60 era abitudine andare al cinema all’aperto. Il cinema si chiamava Arena Braga e si trovava vicino al lungomare. In quel periodo, seppur le giornate fossero tanto torride da far fondere l’asfalto delle strade, le serate erano fresche, con l’umidità marina che penetrava nelle ossa e richiedeva il famoso maglioncino (che all’uscita di casa si portava rigorosamente sulle spalle). 
 
E le zanzare erano contente di saltellare solamente nei raggi del proiettore, senza infastidire gli spettatori.
Negli anni succesivi, con la rivalutazione delle aree vicino al mare, il proprietario del lotto che ospitava l’Arena Braga, preferí la speculazione edilizia all’intrattenimento e non ci volle molto affinché il terreno del cinema all’aperto fosse venduto ad un palazzinaro per costruirvi un residence.
 Drive-in di nuova generazione aperti a San Francisco nel 1985 sul modello di quelli degli anni ‘60

 Drive-in di nuova generazione aperti a San Francisco nel 1985 sul modello di quelli degli anni ‘60

Attraversai l’oceano nel 1968 e sbarcai a Copiague, un paesetto dal nome di una tribú indiana a Long Island nella periferia di New York, originalmente chiamato Villa Marconi per il gran numero di residenti italiani.
 
Arrivai nel mese di settembre dopo l’esame di maturità ed appena riuscii ad acquistare un’auto di seconda (forse terza) mano, che consumava più carburante di un boeing 747, scoprii nel villagio adiacente, chiamato Amityville, un cinema all’aperto, che in America si chiamava Drive-in (anni dopo, Amityville forní lo spunto per un famoso film d’orrore). 
 
Mentre al cinema all’aperto di Giulianova vi erano le sedie, il Drive-in di Amityville era formato da un enorme campo (la media per un Drive-in era di 2 ettari per schermo) con tanti posti per il parcheggio delle auto vicino a dei pali con gli altoparlanti (muniti della manopola del volume) da inserire dentro le auto. In quelli piú all’avanguardia, l’audio lo si poteva ascoltare sintonizzandosi su di una frequenza Fm dell’autoradio. 
 
Durante i gelidi inverni, alcuni Drive-in offrivano persino delle stufette elettriche, mentre nelle serate calde ed afose, ci si sedeva sul prato, con la porta del’auto aperta. Ogni tanto l’apertura delle porte delle auto dei patiti della sigaretta faceva fuoruscire nuvole di fumo accentuate dal riflesso della luce del proiettore. 
 
L’unico problema era trovare l’auto al buio al ritorno dal bar con il pop-corn e i bicchieri di cola in mano.
Il concetto del Drive-in, nato in America nel 1933, era fantastico, e molto divertente se frequentato in compagnia di una ragazza o di amici che portavano casse di birra nascoste nel portabagagli (dove, per risparmiare sui biglietti d’ingresso, a volte toccava a qualcuno nascondersi). Queste erano cose impensabili per Giulianova, con l’eccezione del fare timorosamente il “piedino” alle ragazze sconosciute vicine di sedia.
 
Come per il cinema all’aperto di Giulianova, anche i Drive-in americani subirono un declino verso la fine degli anni ‘80 per via della speculazione edilizia, per la progressiva popolarità dell’home video, ma anche per l’introduzione dell’ora solare, che aveva ritardato l’inizio del film al punto da scoraggiare i potenziali spettatori. 
 
Così nel 2007 negli Usa rimasero solamente 300 Drive-in da un picco di 4.000 nel 1958.
Oggi, però, il numero dei Drive-in è tornato a crescere, tanto da arrivare a 400, con 35 nuovi “cinema all’aperto” costruiti di recente.
 
La storia dei Drive-in americani è anche diventato argomento di un documentario del regista April Wright dal titolo, “Going Attacractions: The Definitive Story of the American Drive-in Movie”.
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