“La libertà è la nostra vita e dobbiamo difenderla o morire per lei”. Urla la voce di Massimo Lodolo da dentro Andy Garcia da dentro il generale Gorostieta ai suoi Cristeros prima di affrontare l’esercito messicano del presidente Calles. 
 
Ho visto la prima del film in versione originale e ho appena assistito alla prima romana con il doppiaggio della Fonoroma, direzione di Franco Mirra, adattamento impeccabile di Maia Orienti, Massimo Lodolo nascosto dentro Andy Garcia. 
 
Il film, distribuito in Italia dalla “Dominus” di Federica Picchi, sta avendo successo e girerà nei cinema nazionali sino a fine marzo. Alla fine della première nostrana mi avvicino al produttore Barroso e oso dare la mia impressione: “Il doppiaggio italiano ha doppiato in tutti i sensi la versione originale” ho detto. 
 
Sbilanciarmi verso la verità mi provoca una certa ebrezza. La nuova voce del generale mi sembrava più potente, più maestosa, mi stava interpellando direttamente e toccava corde che la voce di Garcia aveva solo sfiorato. E mi ricordava qualcosa. Per capire il perché sento il bisogno impellente di interloquire con gli artisti di questa trasfigurazione cinematografica. Perché a me è sembrata davvero una trasfigurazione.
 
Alla Fonoroma, incontrando il primo artista, realizzo che la voce indimenticabile che ha animato il generale Gorostieta in “Cristiada/For greater glory”, è la stessa che aveva doppiato Modigliani, ne “I colori dell’anima”, uno tra i miei film preferiti dal punto di vista del doppiaggio e non solo. Allora tornava tutto: avevo già incontrato Massimo Lodolo e non lo sapevo.
  Massimo Lodolo, la voce italiana di Andy Garcia 

  Massimo Lodolo, la voce italiana di Andy Garcia 

 
Perchè Massimo Lodolo ha smesso di fare l’attore teatrale e si è dedicato al doppiaggio cinematografico?
Il teatro è il mio Dna. Ne rimasi stregato da bambino la prima volta che vi misi piede, e quando si trattò di inventarsi un mestiere mi accolse subito a braccia aperte, mi educò come uomo, come professionista, e mi ha permesso di girare in lungo e in largo la magnifica Italia e i suoi innumerevoli teatri. Mi ha permesso di recitare anche in Cina, a dirla tutta! 
L’odore del teatro può dar adito a un vero percorso d’amore, come avviene tra gli umani, fin quando non ne ho potuto fare a meno e gli ho dato e mi ha dato tutto. Ho percorso copioni e teatri meravigliosi, ho avuto il privilegio di recitare accanto a Gianni Santuccio, Alida Valli, Elena Cotta, Umberto Orsini, insomma con alcune delle eccellenze della storia del teatro italiano. 
A un certo punto però le tournée sono divenute ripetitive, gli spettacoli avvilenti, il sistema teatrale noioso e pesante, oltre all’eclissi del talento in generale. 
 
La mia carriera di doppiatore e di attore sono comunque andate sempre di pari passo, anche se a causa delle lunghe tournée teatrali degli anni ‘80 e ‘90 finivo poi per non poter essere su piazza a doppiare gli attori già doppiati per i quali venivo richiesto. E ne ho persi un bel po’! Poi mi è piaciuto sempre meno apparire, ma il discorso si farebbe troppo ampio. Non ho mai smesso di essere un attore, farlo mi aveva intristito. Ma del diman non v’è certezza…
 
Cosa significa doppiare?
Doppiare è entrare con i sensi nel personaggio. 
Per questo è richiesta una fondamentale sensibilità e una fondamentale cultura d’attore. Si tratta di comprendere un personaggio e di restituirlo così come è stato proposto. Si tratta di dimenticare la propria voce e di lasciar parlare la propria capacità emotiva, nella speranza di restituire il più fedelmente possibile la proposta dell’attore in originale. Esistono doppiatori che si discostano dall’originale ritenendo di provvedere con il proprio. Esistono bravi doppiatori e doppiatori che doppiano bravi attori, d’altronde. I primi vivono di fama propria, gli altri di fama riflessa. 
A mio parere, l’operazione doppiaggio fallisce nel momento in cui ci si accorge che il film è doppiato. Certamente doppiare non è imitare, direi che è comprendere, se si comprende bene, tutto suona bene, in qualsiasi lingua.                
     
Come si è preparato al personaggio del generale Gorostieta in “Cristiada?”                                                        
 Nella risposta precedente è implicita la risposta riguardo l’immedesimazione nel ruolo del generale Gorostieta. 
Tecnicamente ho subito notato, avendo “percorso” più volte in precedenza Andy Garcia, che aveva dato un tono autorevole e consumato a un generale che aveva passato la vita letteralmente in prima fila, al comando. 
Al contrario, nell’affettuosissima postura verso i suoi cari, la moglie in particolare (Tulitaaaa…la più bella battuta di tutte!), rivelava un animo colmo di delicata sensibilità. Un uomo d’epoca, a tutto tondo. Se non avessi percorso anni di teatro, non avrei avuto la possibilità di restituire (qualora l’abbia restituita…) una recitazione e una sonorità corrispondenti al tempo, oltre che al modo. Si rischia di passare per stonati nel mondo degli speaker pagati a righe anziché a personaggio, ma vale la candela e l’autostima!      
                          
La scena che l’ha colpita di più?                                                                 
La scena che mi ha più colpito è quella dell’incontro del generale Gorostieta con il presidente Calles. È una micro partita a scacchi consumata nella penombra del luogo, del modo e dell’acuta sobrietà. Bellissima e difficile, come sempre è difficile per un attore la sobrietà. Sono equilibri delicati, il rischio è di cadere nella recitazione italiana della presunta presa diretta. Presa d’aria, direi!            
              
Si commuove mai mentre doppia?
Un vero crollo in pianto irrefrenabile mi è successo solo una volta, doppiando Daniel Auteil nel film “L’avversario”, terribile storia realmente accaduta. Non ho resistito, tale l’immedesimazione, tale lo sconforto, tale la violenza emotiva cui ti obbliga un agghiacciante fatto di cronaca vera. Devo però dire che in quell’occasione la distribuzione mi aveva fornito (evento unico!) il relativo libro scritto dal giornalista francese che aveva collaborato al caso, e quindi ero entrato in sala suggestionato dalla lettura. 
Daniel Auteil è un attore in remissione, quindi potentissimo. Devo anche dire che il direttore di doppiaggio, Tonino Accolla, era in grado di tirar fuori la tua parte più nascosta.  È molto probabile che il fonico fosse proprio Franco Mirra, purtroppo ora non ricordo, ma i grandi maestri erano grandi perché ascoltavano i grandi fonici, prima di ogni altra cosa. E Tonino e Franco erano e sono uno solo.
 
Cosa le è rimasto dentro di questa esperienza?
La gioia di aver lavorato con Franco Mirra come direttore del doppiaggio, innanzitutto. Non fosse altro perché negli ultimi 30 anni ogni volta che ci ho lavorato o che semplicemente l’ho incontrato gli ho detto: “A Frà, ma c’aspetti a fà er direttore?!?”. 
La gioia di sapere che questo film sarà visto da innumerevoli giovani grazie all’attento lavoro di distribuzione previsto. È senz’altro un film “educativo” e molto commovente: ne sono fiero. Infine questo travolgente incontro con l’entusiasmo e l’intelligenza dell’autore dell’articolo proposto, che mi dà pure i compiti da fare nel weekend! 
 
Di seguito ecco invece l’intervista a Franco Mirra, direttore della trasfigurazione del film.
 
Cosa ha pensato quando ha visto “Cristiada?”
Dopo aver visto le prime scene del film ho capito che si trattava di un colossal e andando avanti nella visione ne sono rimasto pienamente coinvolto.
 
Con che criterio ha impostato la direzione del doppiaggio?                        
Sicuramente un criterio semplice, mettendo al servizio di questo grande film tutta la mia conoscenza, la mia passione, l’assoluta concentrazione per l’intera lavorazione e scegliendo attori dotati di talento e umiltà, un po’ come erano i Cristeros.
 
Perché ha scelto Massimo Lodolo per Garcia?
Tengo a sottolineare che Massimo ha doppiato Andy Garcia anche in altri film. Quando ho analizzato il personaggio Gorostieta, figura di grande temperamento e personalità, la scelta non è stata difficile, perché i due in molte cose sono simili. Sulle qualità vocali posso dire che Massimo riesce a modulare la voce su ogni tonalità, e questo credo si chiami talento naturale.
 
Quale è stata la scena più complicata da dirigere come direttore di doppiaggio?
La scena del primo incontro tra Gorostieta e i Cristeros, scena corale dove tutti gli attori sono protagonisti, devo dire che nella versione originale la recitazione è stata perfetta…
 
 La scena più commovente?
Le scene commoventi nel film sono tante, tutte interpretate in modo eccellente. Posso dire che mi sono davvero commosso durante la fucilazione di padre Cristopher, lo straziante percorso verso la morte del bambino José del Rio e la scena del generale Gorostieta che piange col corpo del piccolo José in braccio.
 
 Cosa le è rimasto del film?
Quello che sono riusciti a fare i Cristeros ci deve far riflettere intensamente. Di questo film mi è rimasto un grande messaggio di pace, di amore e di speranza per un futuro senza personaggi come Calles. “Viva Cristo Re!”.

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