Palazzo Montecitorio ospita la Camera dei Deputati (Ph Pytyczech da Dreamstime.com)
Se un extraterrestre piombasse sulla Terra – e sull’Italia, più in particolare – capirebbe in pochi minuti, dando un’occhiata ai giornali ed accendendo la tv, il motivo per il quale ben quattordici milioni di italiani non sanno, ad oggi, a chi concedere il proprio voto nella prossima tornata elettorale, prevista in primavera.
 
Quattordici milioni di elettori: un bacino sconfinato, dal quale una forza politica seria, nuova, innovativa, con progetti solidi, potrebbe ricevere una formidabile iniezione di fiducia. Ed un consenso smisurato. Nella realtà, al contrario, prevale la disaffezione verso la politica e chi la conduce. 
 
Vince l’ostracismo verso i partiti: moltissimi italiani non sanno per chi votare – stando agli ultimissimi sondaggi – ma non è affatto escluso che la gran parte di essi decida, per protesta, di non usare il proprio certificato elettorale, disertando clamorosamente le urne, certificando, insomma, il partito dell’anti-politica, dello sfratto intimato a Montecitorio e ai due rami del Parlamento.
 
L’Italia vive un autunno caldissimo: fioccano le indagini, gli arresti. La corruzione, forse in forma più virulenta rispetto alle stagioni di Tangentopoli, datate vent’anni fa, è nuovamente esplosa, colpendo, senza distinzioni né colori, praticamente tutti gli esponenti dei partiti che racchiudono l’arco costituzionale. Tutti innocenti, certo, fino al terzo grado di giudizio perché l’Italia (almeno quello…) è rimasto Paese garante del diritto. 
 
Ma gli indizi, a carico di amministratori politici di Regioni, Province e Comuni, sparsi su e giù per lo Stivale, sono molteplici, terribili. Avrebbero incassato vagoni di soldi, stando alle indagini portate avanti con difficoltà dalle Procure, al Nord, al Centro e al Sud. Nel giro di quattro giorni, ad esempio, la Regione Lazio è stata letteralmente spazzata via, falcidiata da arresti per la distrazione di soldi pubblici, allegramente fatti confluire sui conti correnti di amministratori disinvolti, certo poco attratti dalla “cosa pubblica”.
 
L’opinione pubblica è inorridita davanti alle ricostruzioni, per nulla fantasiose perché documentate, svolte dagli organi di informazione: si chiudevano gli ospedali per mancanza di fondi e poi si spendevano milioni di euro complessivi per vacanze su atolli da sogno o acquistando fuoristrada, regalando zaffiri ed anelli alle compagne di turno. Dimissioni in massa, prima, arresti, poi. 
 
All’interno del Pirellone di Milano, ad esempio, sede della Regione Lombardia oltre una decina i consiglieri finiti sotto indagine. Diversi i Comuni e le Province ormai sguarniti perché Finanza e Carabinieri vi hanno fatto ingresso. Sciolto il Comune di Reggio Calabria per infiltrazioni mafiose. Di chi fidarsi, ormai? I fatti dimostrano che, nell’amministrazione della cosa pubblica, usando fondi statali, hanno fallito (rubando) gli esponenti dei maggiori partiti. 
 
Ecco perché la gente non ne può più. Ecco perché il fuoco per la politica non avvampa più. Ecco perché ci sono quattordici milioni di italiani che non sanno per chi schierarsi.
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