Perché meravigliarsi se l’Italia cammina coi passi del gambero, praticamente a ritroso, paese preoccupato che, negli ultimi dieci anni, ha avuto lo stesso sviluppo dello Zimbabwe?
Ci avevano detto che i nostri figli stanno e staranno peggio di noi. La realtà, a volte, può persino superare l’improvvisazione. Perché i cinquantenni di oggi vivono una complessiva situazione economica notevolmente peggiore di quella di vent’anni fa. L’età di Tangentopoli, tanto per capirsi.
Siamo più poveri, mangiamo male. Ci vestiamo peggio. Ecco spiegato il crollo verticale dei consumi. Si possiede un paio di scarpe con le suole consumate? Si va dal calzolaio, senza remore, rinviando l’acquisto di un paio di scarpe nuove. Hai una giacca consumata ai gomiti? Si passa dal sarto, chiedendogli di rinforzare, con una di quelle toppe colorate, la parte dove le braccia si piegano. I risparmi, o quello che resta, davanti a questa situazione economica così devastante? Servono per andare al lavoro, acquistando – con i prezzi folli che ci sono ai distributori – benzina. Oppure vengono adibiti alla manutenzione della casa. Oppure, ancora, per pagare le bollette (rigorosamente aumentate) di acqua, gas e luce.
Ecco la fotografia dell’Italia di adesso. Drammaticamente in regresso, un dietrofront marcato che non può che spaventare, cercando di ipotizzare il futuro. Non si comprano più automobili. Ma pure i macellai riscontrano un calo evidente nella vendita delle bistecche. L’ultimo anno in cui il portafoglio degli italiani rise? Il 2008, prima che la grande crisi cominciasse. Prima che il debito pubblico si dilatasse.
Prima che il concetto dello “spread” – fino ad allora oggettivamente sconosciuto ai più – diventasse compagno giornaliero, entrando prepotentemente nelle case. Quanto è costata la grande crisi economica, in quest’ultimo triennio, ad ogni famiglia italiana? Almeno cinquemila euro. Soldi tolti ai bisogni di casa. Denari sottratti al necessario ma pure al voluttuario, intendendo per tali gli svaghi, che pure tanto incidono (in positivo) sulla mente e sul morale.
Poco importa che il Governo Monti – nell’ambito dell’eccezionalità in cui è stato chiamato a muoversi – stia agendo con profitto, mettendo in sicurezza il Paese, recuperando soldi per arrestare (con riforme strutturali come quella delle pensioni) l’emorragia del debito pubblico, la zavorra più preoccupante del Paese-Italia. Ci sono dati e numeri che non si possono sottacere: come quello del calo dei consumi, attestato attorno al 3%, uno dei rilievi più negativi, al ribasso, addirittura da quando c’è la Repubblica.
Nella sostanza gli anni Novanta è come se avessero disegnato una soglia di non-ritorno: da quegli anni in avanti, infatti, l’Italia è regredita, se è vero, ad esempio, che nel 2012 saranno immatricolate poco di un milione e quattrocentomila vetture, esattamente un milione in meno di dieci anni fa. Dietrofront su tutti i versanti, appunto.
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