Danilo Amerio è un musicista le cui canzoni spesso toccano le corde più sottili e nascoste, condividendo ricordi, sogni, emozioni. Tra i brani più intensi: “Bisogno d’amore”, “Case di ringhiera”, “Il mercato degli angeli”, “Il pagliaccio e il musicista”, quest’ultima scritta da Giorgio Faletti. La storia musicale di Amerio pone le emozioni al centro della creatività, tra le collaborazioni più significative quelle con Giancarlo Bigazzi e Oscar Prudente. Con Bigazzi ha partecipato alla scrittura della parte musicale di “Gente di mare”, la canzone incisa da Umberto Tozzi e Raf, che arrangiò insieme a Mario Manzani. Uno dei suoi brani più importanti è “Donna con te”, eseguito da Anna Oxa e dai Kaoma al Festival di Sanremo del 1990, conosciuto anche fuori dai nostri confini.
Nel 1994 Amerio esordi al Festival di Sanremo nel doppio ruolo di interprete, con il brano “Quelli come noi” (Nuove Proposte), e di produttore del famoso “Signor Tenente” di Giorgio Faletti, che si classificò al secondo posto. L’anno seguente partecipò alla gara dei big con “Ho bisogno d’amore”, piazzandosi sesto nella classifica finale.
Nel 2017 il musicista astigiano è tornato sulla scena musicale con “Sulla nuvola”, il singolo del 50° anno di attività dei Dik Dik composto con i testi di Alfia Bevilacqua, oltre al nuovo arrangiamento e al videoclip di “Il pagliaccio e il musicista”.
Nel 1992 ti sei messo in luce tra i giovani del Nuovo Cantagiro di Enzo Radaelli, con “Buttami via”, che ti aprì le porte del Festival di Sanremo 1994 (nuove proposte) con Andrea Bocelli, Giorgia, Irene Grandi, Giò di Tonno…
Il “Cantagiro” è stato un momento importante, non solo perché furono le mie prime apparizioni televisive, ma soprattutto per avere dato il via a tutto quanto. Mi ha permesso di conoscere bene Pippo Baudo e il mondo della televisione, infatti, fino ad allora lo conoscevo solo dalla parte del produttore e dell’autore. Ti posso assicurare che c’è una bella differenza, sia emozionale che organizzativa, quando si è dall’altra parte dello schermo. Il mio primo Festival di Sanremo l’ho vissuto in trance, ricordo il momento in cui sono stato buttato sul palco e quando sono tornato dietro le quinte. Tutto quello che è successo durante la mia prima esibizione l’ho visto grazie alla registrazione TV. L’emozione, ovvero la paura, mi aveva fatto dimenticare ogni cosa.
Quale parte ha avuto Pippo Baudo nella tua carriera?
Pippo è stato per me, oltre che un caro amico, anche la persona che mi ha consigliato meglio di tutti. Quando stavo per finire di scrivere una canzone per il Festival, andavo col provino da lui e da capace musicista qual’è sapeva sempre darmi i consigli giusti su come farlo funzionare. All’epoca i brani per Sanremo dovevano essere scritti e arrangiati in maniera un po’ diversa da quelli destinati ad altri eventi. Baudo è a un altro livello, sia come preparazione che come professionalità, sa sempre esattamente quello che vuole.
Il tuo legame con Sanremo è forte, nel 1993 eri uno dei Ragazzi di Via Meda che accompagnarono Mietta, l’anno successivo esordivi tra le giovani proposte con “Quelli come noi” e nel 1995 finalmente tra i big con “Bisogno d’amore”.
Sì, sono stati anni importanti per me e per la mia carriera. Mietta e i ragazzi di Via Meda è stata un’operazione discografica scritta a tavolino per fare salire sul palco tutti i giovani della Fonit Cetra. I brani che ho portato al Festival successivamente erano figli dell’entusiasmo e della voglia di stare su quella scena così importante ed emozionante. Tra l’altro tutti e due i pezzi, a prescindere dalla classifica finale, hanno avuto un ottimo riscontro di pubblico. Non ricordo neppure il numero delle trasmissioni televisive a cui ho partecipato con quelle canzoni.
Al Festival di Sanremo 2008 Little Tony si presentò in gara con “Non finisce qui”, seguito dall’album che conteneva altre tre tue canzoni. Quel ritorno di Tony fu particolarmente toccante.
Stavo scrivendo delle cose per Tony, da inserire nell’album che sarebbe dovuto uscire nel 2007; eravamo d’accordo che sarebbe venuto a cantare alcuni provini appena terminato il suo Tour in Canada. Sentii alla tv che era stato ricoverato in un ospedale canadese per un problema al cuore, lo chiamai al cellulare e mi rispose il suo manager, il quale mi tranquillizzò dicendomi che era stato operato d’urgenza ma si era risolto tutto. Quando tornò in Italia passò la convalescenza all’ospedale di Monza, lo andai a trovare e lo vidi seduto sul letto dimagrito ed emaciato, mi disse: “Danì, mi sono preso uno spavento pazzesco… nun può finì così”. Lo abbracciai e mentre tornavo a casa continuai a ripensare a quelle parole, appena giunto in studio mi vennero di getto il testo e la musica e intitolai il brano “Non finisce qui”.
Hai rilanciato “Il pagliaccio e il musicista”, il brano scritto da Giorgio Faletti e inserito nel tuo album “Bisogno d’Amore del 1995, un incontro artistico nato dall’amicizia e legato anche a quel famoso “Signor Tenente”.
Questo brano è figlio di una grande amicizia tra me e Giorgio, che dopo aver prodotto “Signor Tenente” si è intensificata ulteriormente. Per un certo periodo dovetti ricoverarmi in ospedale per delle semplici analisi e Giorgio venne a trovarmi ogni giorno, soprattutto di notte, eludendo la sorveglianza e portando la chitarra. Senza fare troppo rumore scrivevamo delle cose, ma l’atmosfera dell’ospedale ci infondeva una tristezza e una malinconia indescrivibili, tanto da volerci regalare questo messaggio: “Vedrai che passa facile…”.
Nicola di Bari, con Franco Simone e Raffaella Carrà è uno dei pochi artisti italiani ad avere una discografia estera, tu per lui hai scritto “Chi ha visto Elena”, pubblicato nei paesi di lingua spagnola con il titolo di “Quién vió a Elena una noche”.
Sì, è stata la prima cosa che ho scritto. Nonostante i miei 14 anni e la poca esperienza riuscii a partorire una canzoncina che piacque molto alla casa editrice “Crisler music”. Decisero di farla ascoltare a Nicola di Bari che la usò come singolo in spagnolo per il mercato Argentino e Sud Americano, verso la fine degli anni ‘70.
Il video di “Il pagliaccio e il musicista”, così come il brano “Su una nuvola” e altri tuoi brani portano la firma di Alfia Bevilacqua, questa collaborazione sembra averti donato nuova energia e ispirazione.
Assolutamente sì, la collaborazione con Alfia mi ha portato nuova energia. Dopo tanti anni di questo mestiere ci vuole qualcuno di grande talento e con la voglia di vivere nuove emozioni che ti invogli ad andare avanti. Alfia è riuscita a darmi tutto questo con la capacità, le intuizioni e la sensibilità che contraddistingue il vero talento. Per merito suo i testi hanno ripreso il vigore e modernità, spronandomi a scrivere con più forza ed entusiasmo. Le melodie che compongo assumono una dolcezza, un’accuratezza e a volte una forza notevole. Insomma, sono convincenti ed emozionanti.
Tu e Giancarlo Bigazzi, Oscar Prudente.
Con Oscar ho fatto diverse cose, tra cui la versione del brano pubblicitario usato in quegli anni dalla Coca Cola: “Come vorrei un mondo che cantasse insieme a me”. Giancarlo è stato un vero e proprio maestro, quasi tutte le cose più belle di quegli anni sono partite da lui e dal suo team, del quale sono orgoglioso di averne fatto parte. Ho lavorato con lui dieci anni, partecipando agli album storici di: Umberto Tozzi, Raf, Marco Masini, Aleandro Baldi, Mia Martini. Una bella fetta della storia musicale italiana. Probabilmente le emozioni di quel periodo non le rivivrò mai più, ma mi considero fortunato per essere stato al momento giusto nel posto giusto. Questo lo porterò, per tutta la vita, nel cuore dei miei ricordi.
I Dik Dik hanno festeggiato i 50 anni di attività con un nuovo album, il cui primo singolo è “Sulla nuvola”. Qual è la genesi di questo brano?
Si tratta di una delle poche volte che la scrittura di un brano è iniziata con il testo e successivamente è stata aggiunta la musica, solitamente avviene il contrario, quantomeno nel mio team. Appena ricevuto il testo in metrica da Alfia Bevilacqua, è stato facile scrivere di getto il resto del brano.