Luca Dal Canto è nato a Livorno il 21 giugno 1981. Do-po avere terminato gli studi in cinema, teatro e produzione multimediale ha collaborato con importanti registi italiani, tra cui Sergio Rubini, Daniele Luchetti ed Enrico Oldoini. 
 
Le trame dei suoi film non sono né semplici né scontate, in quanto riesce sempre a inserire elementi “nutritivi”, attingendo dall’enorme bagaglio artistico e culturale italiano e in particolare da quello livornese. 
“Due giorni d’estate”, presentato al recente Festival di Cannes nella sezione Short Film Corner, prosegue il tema delle incomprensioni generazionali, iniziato con i film precedenti.
 
A Cannes l’obiettivo del regista e della produzione era quello di vendere all’estero il cortometraggio. Lo scopo è stato raggiunto grazie a una casa di distribuzione inglese che lo trasmetterà nelle televisioni di sette Paesi europei, tra cui Francia e Belgio. I diritti del film sono stati inoltre ceduti alla 2way Tv di Los Angeles, che lo distribuirà in tutto il mondo in streaming e in download a partire da metà giugno, tramite la free Apps “Play Festival Films”. 
 In Usa il corto uscirà con il titolo: “Two Days in Summer” 

 In Usa il corto uscirà con il titolo: “Two Days in Summer” 

Si tratta di un’applicazione per ambienti iOS e Android, compatibile con dispositivi quali iPhone, iPad e Tv Android device, che propone le produzioni indipendenti, selezionate nei migliori festival cinematografici internazionali.
 
I suoi film sono scritti a quattro mani con Anita Galvano, quanto è importante avere un punto di vista femminile nella scrittura di una sceneggiatura?
Scrivere in coppia o in team è sicuramente un vantaggio perché confronti le tue idee con altre persone, ancor più quando lavori insieme a una figura femminile. In queste occasioni hai infatti la possibilità di dare alla tua storia un punto di vista più dolce e ricercato. 
Sia ne “Il cappotto di lana” che in “Due giorni d’estate”, la penna di Anita Galvano è stata fondamentale per dare un tocco più leggero, ma allo stesso tempo profondo e impegnato alle importanti tematiche trattate nei due film.
 
Nel suo primo cortometraggio “Il cappotto di lana” (40 selezioni e 15 premi ottenuti nei festival di tutto il mondo) ha inserito le poesie di Giorgio Caproni e le canzoni di Piero Ciampi, mentre in “Due giorni d’estate” Amedeo Modigliani è in qualche modo il vero fulcro della storia. Fiction e arte si completano in una sorta di originale schema narrativo?
In entrambi i cortometraggi ho cercato di raccontare come la cultura sia fondamentale per la crescita di un ragazzo. Purtroppo nella società odierna si dà sempre meno spazio a questo aspetto, rischiando di smarrire nell’oblio intere generazioni di giovani (ma anche di adulti). Da qui la mia idea di raccontare con leggerezza storie in cui sono la cultura, l’arte, lo studio a trionfare sulla superficialità della nostra contemporaneità. 
Livorno, la mia città, ha nella sua storia decine di illustri figure nel campo della pittura, della letteratura, della musica… e quindi è stato facile e anche divertente andare a ripescare personaggi purtroppo spesso dimenticati. 
 
I suoi cortometraggi sono “prove d’autore” pienamente riuscite, solitamente a questo punto si è pronti per realizzare un lungometraggio. Nella situazione culturale ed economica di oggi, un giovane autore può ancora aspirare a questo?
La ringrazio per il complimento. Sì, l’obiettivo è ovviamente quello: realizzare, prima o poi, un lungometraggio, tra l’altro, nel mio caso, già scritto e ormai a rischio polvere nel cassetto. 
Il sistema produttivo cinematografico italiano è piuttosto complicato; produttori che non hanno il coraggio di investire sui giovani, pubblico che si allontana sempre più dalle sale e soprattutto dai film italiani e molte altre problematiche che rendono veramente difficile il grande salto. Io credo che non sia un problema di qualità e neppure di crisi economica. 
È proprio la mancanza di coraggio di investire in cultura, scoprire nuovi nomi, osare nuo-vi generi cinematografici, provare a rieducare il pubblico ad un certo tipo di cinema. 
Nel cinema odierno, purtroppo, non conta tanto fare buoni prodotti o cortometraggi di successo, ma piuttosto scrivere film da botteghino che spesso si scontrano con la qualità e la ti-pologia di cinema che i giovani registi cercano di perseguire. Però, come diceva Modigliani, “il tuo unico dovere è salvare i tuoi sogni” e quindi noi andiamo avanti per la nostra strada. Ci proviamo.
 
Livorno è una mamma che ama i suoi giovani artisti?
Livorno è una città stranissima, bella, affascinante, ma oramai completamente disillusa, soprattutto nei confronti della cultura e della sua storia. 
Il livornese ha un carattere dissacratorio e autoironico che, se da molti punti di vista può apparire divertente e spensierato, in realtà non fa altro che sminuire e togliere importanza a tutto ciò che ha un marchio labronico. Se pensi che in città sono stati per decenni (e in alcuni casi tutt’oggi) dimenticati personaggi del calibro di Amedeo Modigliani, Piero Ciampi, Pietro Mascagni e tanti altri, puoi capire che riguardo ci sia nei confronti dei giovani artisti di oggi (e ce ne sono veramente tanti, in tutti i campi). 
E paradossalmente, nonostante tutto ciò, noi artisti amiamo ancora alla follia questa città.
 
Come è nata la collaborazione con 2way Tv di Los Angeles?
Ci siamo conosciuti durante il recente festival di Cannes, dove abbiamo potuto presentare le nostre produzioni e in quell’occasione è nata la proposta di collaborazione e di distribuzione sulla loro piattaforma software.
 

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