L’inizio non è stato in pompa magna. Domenica scorsa la curva Nord dello Stadio Olimpico di Roma – lo spicchio in cui si affollano da sempre i sostenitori della Lazio – è rimasta desolatamente vuota, chiusa per razzismo. Lo stesso accadrà domenica prossima, quando la Roma debutterà all’Olimpico contro il Verona. Stavolta resterà chiusa – anch’essa squalificata – la Curva Sud, il nido dei tifosi giallorossi.
 
Eccolo, allora, il primo, desolante ‘spot’ al contrario del campionato di serie A. A Roma, nello stadio della Capitale, le due curve sono state chiuse, dagli organi preposti, per avere oltraggiato giocatori avversari di colore. Facendo il verso delle scimmie, ululando a lungo in modo oltraggioso e, oggettivamente, incivile.
Non sarà il primo e l’ultimo episodio, purtroppo. Apposite proiezioni effettuate dalla Federazione Italiana Gioco Calcio stimano che, nel corso del campionato, da qui a maggio prossimo, saranno diverse le curve italiane che verranno squalificate, restando chiuse, senza spettatori, punite per comportamenti razzisti.
 
Uno schiaffo per la nostra serie A, a livello di immagine e di prestigio. Immaginate il danno, incalcolabile. Il campionato già registra una consistente fuga degli sponsors. Gli stadi sono angusti: per vedere bene, da un’area di rigore all’altra, serve sovente il binocolo. Pochissime le comodità, scarsi i posteggi per le auto.
Insomma, a livello di infrastrutture siamo da Terzo Mondo. Aggiungete, adesso, nelle prime giornate del nuovo campionato, questi nuovi, desolanti episodi. Curve chiuse per razzismo, cancelli ermetici per punire chi prende in giro i calciatori di colore. Uno smacco, soprattutto perché le immagini hanno fatto (e faranno domenica prossima) il giro del mondo, alimentando lo scetticismo sulla reale capacità italiana di debellare (finalmente) il problema.
 
Per trenta-quaranta idioti paga ancora la Lazio che già la scorsa stagione, per episodi simili messi in atto in partite internazionali, si vide costretta a giocare due gare a porte chiuse, retaggio di una condanna inflittale dalla Federazione Internazionale. Una ferita sanguinosa, a livello di immagine, per la Polisportiva più grande del mondo (cinquantasette discipline) che porta domenicalmente sui campi di gara migliaia di praticanti. Un oltraggio anche per la Roma che, più degli altri clubs, in passato, ha vestito di giallorosso decine di giocatori di colore, senza parole per via del trattamento che viene riservato agli avversari.
 
Il fenomeno è vasto, sicuramente non solo capitolino. Servirebbero sanzioni certe (una multa di migliaia di euro, tanto per cominciare), individuazione dei responsabili e immediata denuncia alle Autorità, con il conseguente divieto di assistere a manifestazioni sportive per molti anni. Occorrerebbero stadi di proprietà, gestiti direttamente dai clubs, per inquadrare con telecamere, individuare ed espellere i responsabili di questi atti incivili.
 
Finisce, invece, che siano le società ad essere mestamente ostaggio di queste bande di ignoranti (da nord a sud, per tutto lo Stivale), senza alcun potere di intervento, danneggiate e schernite dal mondo intero. Curve chiuse per razzismo: non è uno scherzo, macché. Testimonia l’ulteriore imbarbarimento di una parte del Paese che non vuole evolversi.
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