La curiosa architettura del Coppedè (Ph Salvatore Micillo da Dreamstime.com)
Immagino che il mese che più addice al quartiere Coppedè sia Novembre, il mese di Halloween, delle streghe, degli spiritelli, dei draghi, perché a passeggio in questo incredibile e unico, fatato quartiere di Roma, se ne incontrano parecchi! In realtà non si tratta di un vero e proprio quartiere, ma di un gruppo 45 edifici, tra palazzi, palazzine e villini, disposti intorno ad un nucleo centrale, Piazza Mincio, nel quartiere Trieste, tra Piazza Buenos Aires e Via Tagliamento. 
 
Questo particolarissimo angolo di Roma, venne progettato tra il 1915 e il 1927 dall’eclettico architetto fiorentino Gino Coppedè. L’entrata principale del quartierino è in Via Tagliamento, e già passando sotto il grande arco monumentale che unisce i due Palazzi degli Ambasciatori, ci si prepara visivamente allo stupore e al senso del mistero che pervaderà tutta la passeggiata. Un enorme lampadario di ferro battuto ornato con stemmi araldici medievali, è appeso sotto la volta dell’arco, decorata con elementi geometrici variopinti e asimmetrici, affreschi con cavalieri medievali, efebi, mascheroni e simboli esoterci. Dopo pochi metri si giunge a Piazza Mincio, dove gli zampilli  d’acqua della Fontana delle Rane, rappresentano la colonna sonoro dell’atmosfera urbana che vi circonda. 
Coppedè, nel 1924, prendendo spunto ironicamente dalla famosa Fontana delle Tartarughe del Bernini al Ghetto, realizzò la sua, sistemando quattro coppie di personaggi fantastici sui bordi di una grande vasca circolare, dal cui centro se ne erge una più piccola; sui bordi di entrambe le vasche sono appoggiate le rane dalle cui bocche zampilla l’acqua. Intorno alla fontana gli incredibili villini del quartiere esibiscono tutta la loro unicità. 
 
I più svariati materiali furono usati per la loro realizzazione,  specialmente nel Villino delle Fate: marmi, laterizi, travertino, terracotta, vetro e legno, fanno a gara nel rendere assolutamente eclettiche le facciate asimmetriche della residenza, per altro ornata da bifore, quadriforme, archi, logge e affreschi con temi svariati e personaggi mitici. 
 
Le immagine di Dante e di Petrarca, festoni con putti e api, una rappresentazione di Firenze con la scritta “Florenza Bella” personaggi a cavallo, un falconiere con il falcone, immagini di frati francescani, di un’orologio, di segni zodiacali, o ancora di angeli, di un biscione di una meridiana, o di Romolo e Remo, il Leone alato di San Marco e L’Aquila di San Giovanni, l’albero della vita, colombe angioletti e putti, e altro ancora, gira intorno alle facciate di questo edificio asimmetrico e misterioso, con torrette, corpi aggettanti e un incredibile e arzigogolato cancello di ferro battuto nero.
 
Poco distante il Palazzo del Ragno, con l’affresco di un enorme ragno che sovrasta l’entrata, con i suoi quattro piani, la sua torretta e le sue logge, non è certamente meno appariscente con l’affresco ocra e nero che raffigura un cavaliere tra due grifoni sormontati dalla scritta “Labor”. E poi i due grandi Palazzi degli Ambasciatori che si rifanno all’architettura della antica Roma Imperiale, monumentali, ornati di mascheroni in travertino, teste di leoni che ringhiano e volti di personaggi poco simpatici, per non dire piccoli demoni, che spuntano tra i  balconi, sotto i tetti o da  edicole che si affacciano all’improvviso sui passanti. 
Ogni edificio del quartiere è un’opera unica ed eccentrica, in ogni palazzina compaiono simboli, affreschi, materiali e soluzioni bizzarre e magnetiche. 
Beniamino Gigli ebbe in una delle villette la sua residenza romana, i Beatles fecero il bagno vestiti di notte nella Fontana delle Rane dopo che si esibirono nella famosa discoteca romana Il Paiper, che si trova nelle vicinanze. Il quartiere dove hanno sede le ambasciate del Sud Africa, del Marocco, della Bolivia e della Polonia fu set cinematografico di numerosi film noir o horror: fu scelto dal regista Dario Argento nel film “Inferno” e “ L’uccello dalle piume di cristallo” e da Richard Donner per le sequenze iniziali del film “Il Presagio”.  
 
Lo stile di questo angolo di Roma è certamente unico e stravagante, unisce elemeni gotici, medievali, liberty, barocchi a greci e romani, condensando tutto grazie all’abile maestria del progettista. Gino Coppedè, oltre che un’illustre architetto, fu abilissimo intagliatore, scultore e decoratore, il che gli conferì grande padronanza su i più svariati materiali di cui fece ampio uso nelle sue opere architettoniche, non solo a Roma, ma anche a Genova e Firenze. 
Il quartiere fu realizzato durante il periodo fascista, eppure Coppedè riuscì a distaccarsi enormemente dalle linee architettoniche realiste privilegiate dal regime. Piuttosto realizzò un’opera dal forte carattere unitario, unico nel suo genere, definendo quasi un singolare e autonomo Stile Liberty italiano. In realtà, il Liberty non attecchì mai in Italia, tantomeno a Roma, nè prima nè durante il regime, che preferiva i volumi monumentali e le linee prive della leggerezza e morbidezza del Liberty. 
 
Coppedè aggirò l’ostacolo per inserire i suoi edifici in una città come Roma, dove ad ogni angolo si devono fare i conti con la storia e l’infintà di stili che si sono susseguiti nei secoli. Impregnò i palazzi di simboli costringendo il visitatore ad un percorso mediatico esoterico, con forti elementi artistici e decorativi, ottenendo un’ubriacatura dei sensi che in prima battuta, lascia attoniti, stupiti, incapaci di giudicare con certezza ciò che si sta osservando. E’ certo che dopo pochi passi, ci si lascia andare come in una giostra: cosa ci sarà dietro l’angolo, sarà bello, brutto, farà paura? 
 
Immagino sia plausibile paragonare Coppedè a Gaudì o a Dalì: chi conosce i significati simbolici delle loro opere? Credo nessuno, eppure toccano, attraggono, anche se non sappiamo decifrarne razionalmente il significato. Forse bisogna fidarsi dell’artista, della sua cultura e della sua bravura. La passeggiata è particolare ma occorre munirsi di un binocolo, perché ovunque Coppedè ha nascosto un piccolo putto, o un diavoletto o un angioletto, e vi troverete inaspettatamente a pensare “sogno o son desto?”. L’unica vera paura che avvertirete, tra diavoli e cavalli alati è che scompaia tutto da un momento all’altro!

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