L’appuntamento con la Confederations Cup è sempre suggestivo. La competizione, che mette di fronte i campioni del mondo e quelli di ogni continente, è considerata un vero e proprio ‘assaggio di Mondiale’. Il torneo, infatti, è un banco di prova per il Paese organizzatore, visto che viene giocato proprio negli stadi che l’anno successivo ospiteranno la Coppa del Mondo, ma lo è anche per le Nazionali maggiori, che sovente lo considerano l’ultima ‘impegnativa’ tappa prima del Mondiale.
 
E sarà  così anche per l’Italia di Prandelli, che sbarca in Brasile in cerca di un’identità precisa e dopo un’annata tutt’altro che brillante. Gli Azzurri, dopo il secondo posto all’Europeo del 2012, hanno  intrapreso una campagna di qualificazione per Brasile 2014 tutt’altro che esaltante (nonostante i risultati positivi) e si sono resi protagonisti di amichevoli anonime, quando non negative.

 Cesare Prandelli

 
Prandelli non sembra avere le idee chiare dal punto di vista tattico. Per quanto il Ct si stia affidando a un gruppo piuttosto rodato (anche a costo di ignorare i suggerimenti offerti dal Campionato), la Nazionale non riesce a presentare un gioco solido e vincente. Il 4-3-3 – che attualmente sembrerebbe la soluzione preferibile – viene alternato in modo insistito a un 4-3-1-2 che, per quanto garantisca un equilibrio maggiore, non consente di sfruttare appieno le caratteristiche dei singoli giocatori.
 
L’ultima partita di qualificazione al Mondiale (il sofferto 0-0 di Praga) ne è stato fulgido esempio: il ‘rombo’ di centrocampo è apparso lento, prevedibile e sostanzialmente inefficace in entrambe le fasi. I suoi interpreti sono risultati sempre in difficoltà: Montolivo non è più a suo agio dietro le punte, Pirlo viaggia a ritmi bassissimi, Marchisio è in riserva e De Rossi, impiegato da mezz’ala, fatica a essere decisivo. Se a questo aggiungiamo la necessità di utilizzare El Shaarawy molto accentrato, depotenziandolo così in modo drammatico, completiamo un quadro deprimente.
 
In Brasile, da subito, non sarà facile: oltre ai padroni di casa (che non hanno certo bisogno di presentazioni), il nostro girone comprende il tignoso Messico (guidato da ‘Chicharito’ Hernandez, che è ormai una realtà del calcio mondiale) e il Giappone di Zaccheroni (forte di numerosi calciatori che giocano stabilmente nei grandi campionati europei).
 
La speranza è che Prandelli osi. L’Italia possiede una difesa forte e affidabile (dove ultimamente giganteggia Barzagli), ma fatica a essere pericolosa in avanti. Balotelli attira su di sé quasi tutte le attenzioni degli avversari. Per questo va adeguatamente supportato. L’idea di un tridente (completato da El Shaarawy e Cerci) deve essere più di un’ipotesi: in Brasile si va carichi d’entusiasmo per fare bella figura e l’unico modo per centrare questi obiettivi sembra quello di praticare un gioco convincente e d’attacco.
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