La galleria Il Ponte presenta, prima della pausa estiva, una personale, curata da Marco Meneguzzo e dedicata alla pittura di Carlo Battaglia, soprattutto quella del decennio 1969-1979.
Il suo lavoro di questo periodo rappresenta comunque un vertice assoluto nell’ambito della “Nuova Pittura”, rimarcando quello che è l’elemento distintivo degli artisti italiani, che in quegli anni si ritrovano in quest’ambito. Infatti pur sviluppando ognuno una propria linea, è evidente come il loro lavoro tragga origine dalla grande tradizione pittorica italiana.
Di questo “intellettuale della pittura” “come lo definisce Marco Meneguzzo, curatore dell’esposizione, saranno in mostra quindici dipinti degli anni ’70.
Come osserva il critico Marco Meneguzzo, nell’opera di Carlo Battaglia “…Dipingere è suggerire, più che definire, il senso segreto degli oggetti, l’inafferrabilità delle onde, la profondità degli spazi, la costante illusione della luce e dell’ombra…”.
Per tutta la sua vita artistica, Carlo Battaglia si è battuto per evitare di essere considerato un artista d’avanguardia. Ma non è sempre stato creduto, tanto che per quasi tutti gli anni settanta si è trovato a rappresentare quella tendenza che oggi si identifica con la “Pittura analitica”, e che allora si chiamava anche “Nuova Pittura” o “Pittura pittura”.
Carlo Battaglia, nato all’Isola della Maddalena nel 1933, trascorre l’infanzia a Genova e poi si trasferisce a Roma; solo per pochi anni da adolescente vive nella sua amata isola. Dopo gli studi classici, frequenta l’Accademia di Belle Arti, indirizzo scenografia, con interessi verso il teatro e il cinema. Grazie a Toti Scialoja scopre la pittura, ammirando in particolar modo quella americana contemporanea (Jackson Pollock). Si forma copiando i Maestri e Matisse, cercando di viaggiare nelle grandi città quali Kassel, Parigi (dove vive nel 1962 per una borsa di studio), Londra, New York.
La prima sua personale è del 1964 a Roma; nel 1966 espone al Salone Annunciata a Milano. Sempre riconoscente verso Carlo Grossetti per averlo preso sotto le sue ali nella sua galleria d’avanguardia. L’anno seguente, in un soggiorno a New York, dove lavora in uno studio, stringe amicizia con artisti del calibro di Motherwell e Mark Rothko che lo aveva già frequentato a Roma nel suo studio due anni prima. Nel 1972 sposa la storica compagna Carla Panicali.
Lavora ai motivi dell’”ambiguità” e dell’”illusione” del mondo visibile con una serie di quadri Misterioso, Vertiginoso, Visionario, che trattano i rapporti di pieno e di vuoto dei grattacieli e del cielo, il gioco dei riflessi sulle pareti di cristallo degli edifici. Nel 1970 espone le Maree (tema assai caro per tutta la sua vita) alla Biennale di Venezia. Dagli anni Settanta partecipa a tutte le mostre più importanti in Italia e in Europa della “Nuova Pittura” o “Pittura Analitica”. Nel 1974 espone a Venezia a Palazzo Grassi, a Ferrara a Palazzo dei Diamanti, alla Kunsthalle di Dusseldorf nel 1978. E ancora, a Washington all’Hirshorn Museum, nel 1974, ad Anversa nel 1975, Rotterdam nel 1977, a Londra nel 1982. Nel 1980 è di nuovo invitato alla Biennale di Venezia con una sala personale. Da allora ricerca l’isolamento, tra Roma, New York e la Maddalena dove rimane definitivamente.
Lavora con la tempera all’uovo e le sue opere tendono ad assomigliare all’apparenza del mondo visibile, cercando di creare un’”immagine parallela”, trattando i temi del mare, della pioggia, della grandine. La pittura come metafora del paesaggio, il paesaggio come metafora della pittura. A tre anni dalla morte, avvenuta nel 2005, la moglie Carla Panicali, collezionista, mercante, gallerista ne avvia il lavoro di catalogazione.