Viaggio nella terra che brucia: il fascino geologico e artistico dei Campi Flegrei, dove si produce un vitigno unico
Basterebbe conoscere il significato etimologico per assentire con il capo e mettere in linea il proprio sguardo con le cognizioni storico-geografiche.
Basterebbe. Perchè se decidi di fermarti ai Campi Flegrei, decidi di guardare con gli occhi del presente la trama affascinante di una storia geografica e sociale che trae origini dai primi insediamenti degli “Opici” e poi si snoda lungo il corso dei secoli attraverso calamità naturali e ricostruzioni, dominazioni ed emancipazioni, divisioni e unità. Fino ad arrivare ai giorni attuali con la consapevolezza di dover tutelare un altro dei grandi tesori di una Penisola dalle straordinarie variabili.
Destinazione Napoli, per chi ha voglia di scoprire questo angolo d’Italia legato ancora strettamente al filo conduttore del passato e posizionato a nord ovest rispetto alla grande area metropolitana partenopea.
Alla scoperta innanzitutto del significato di Campi Flegrei. La parola “flegrei” deriva dal greco “flègo” e si traduce con “bruciare”. E mai significato fu più calzante. Perchè questa è una terra che ancora oggi cova il fuoco sotto i piedi. Vulcani, solfatare, acque termali, bradisismi: ce n’è abbastanza per inserire questa area sotto la lente d’ingrandimento costante dell’Osservatorio Vesuviano. E per farne un Parco Regionale dalle straordinarie peculiarità.
Mappa geologica dell’area vulcanica dei Campi Flegrei
Mappa geologica dell’area vulcanica dei Campi Flegrei
Pozzuoli, Bacoli, Monte di Procida, Quarto Flegreo, Ischia, Procida, Vivara e i quartieri napoletani di Soccavo, Fuorigrotta, Posilippo, Pianura, Pisani e Agnano: sono questi i nomi degli agglomerati urbani che attualmente vivono in questa particolare area campana che nel solo biennio 82-84 contò 10mila terremoti, che nell’arco di 14 anni (dal 1970 al 1984) ha visto prima innalzare e poi discendere il proprio suolo per effetto del bradisismo e che vede disseminati almeno 24 crateri vulcanici sulla terra ferma o sprofondati nel golfo di Pozzuoli.
Camminare tra le strade dei Campi Flegrei equivale a calpestare una terra possente in continua ebollizione, capace di regalare, nella sua nervosa evoluzione geomorfica, straordinarie emozioni sensoriali. Acque termali, solfatare, laghi di origine vulcanica, depositi di tufo caratterizzano un percorso di grande fascino geologico e punteggiato da zone di grande valore biologico come Capo Miseno, il cratere degli Astroni e il Parco sommerso di Baia.
Quella che potrebbe essere definita la terra dell’equilibrio dinamico ha da sempre legato il suo destino alla Natura, spesso amica ma qualche volta matrigna. Da secoli l’armonia instabile dei campi flegrei ha attratto popoli affascinati dalla straordinaria vitalità delle terre da coltivare e uomini alla ricerca di risposte religiose, scrittori e scienziati rendendo di fatto questi luoghi uno dei pilastri culturali della storia della civiltà umana. Non è un caso se alcuni passi dell’Odissea, diverse pagine dell’Eneide e alcune poesie delle Georgiche pescavano nel ricchissimo humus storico dell’area flegrea. O se i romani identificarono in Cuma il luogo per conoscere il futuro attraverso le parole della Sibilla.
Protetto dalla fine degli anni ’50 il paesaggio dei Campi Flegrei è stato oggetto di vari interventi di tutela, dopo la disordinata e tumultuosa crescita urbana che in parte ha nascosto gli straordinari tesori naturali, storici ed architettonici racchiusi in un perimetro di 50 chilometri. Da gustare davvero passo dopo passo, camminando tra reminiscenze di miti e manifestazioni naturali capaci di evocare in pieno lo stupore vissuto dai nostri avi.
Cratere ancora attivo
Cratere ancora attivo
Sono decine le opzioni che il viaggiatore potrà scegliere in questo viaggio a ritroso nel tempo. Se vorrà puntare sul beneficio delle acque termali, punterà sulle terme di Agnano, sulle terme puteolane o sulle numerose sorgenti dell’isola di Ischia. A Lucrino le “stufe di Nerone” offrono relax e terapie attraverso impianti che corrispondono a quelli di epoca romana, il “lido Nerone” permette di immergersi nelle acque bollenti in vasche situate sulla spiaggia.
Pozzuoli regala il fascino di antiche vestigia romane: Tempio di Serapide, Tempio di Augusto, necropoli monumentali, l’Anfiteatro Flavio (terzo d’Italia per grandezza) meritano un’attenta visita prima di puntare verso l’oasi Wwf sul Monte Nuovo, in riva al lago Lucrino, passando attraverso la Solfatara, un cratere attivo che emana vapori sulfurei a 140°C (il luogo è stato scelto per il film dei Pink Floyd, Live in Pompei).
Altra tappa significativa di questa full immersion nella terra che brucia è rappresentata dai ruderi del Tempio d’Apollo sulle rive del Lago d’Averno, considerato in epoca greca e romana l’accesso all’Ol-tretomba e usato per breve periodo come porto militare dell’antica Roma (Portus Julius).
Baia (nel comune di Bacoli) accoglie i visitatori con i suoi impianti termali risalenti all’epoca imperiale romana e con il Parco sommerso. Sprofondato a causa del bradisismo, il territorio è punteggiato da numerose presenze archeologiche sommerse. Diversi reperti sono visibili nel Museo Archeologico dei Campi Flegrei, presso il Castello aragonese di Baia. Proseguendo in direzione nord e lungo la costa si arriva ai resti del villaggio Misenum, sorto intorno al porto che ospitava la flotta pretoria dell’imperatore. Tra i reperti recuperati merita attenzione il “Sacello degli Augustali”, in esposizione nel Museo archeologico.
Tracce settecentesche sono quelle lasciate dalla Casina Van-vitelliana posta su un isolotto nel Lago Fusaro. La magione fu costruita da re Ferdinando IV di Borbone come ricovero durante le battute di caccia. Proseguendo verso settentrione si arriva a Cu-ma, la più antica colonia greca della Magna Grecia e sede del-l’antro della Sibilla cumana. I resti della città romana permettono di riconoscere l’area del Foro, la Crypta Romana, i templi di Apollo e di Zeus e l’Arco Felice, un arco di fattura monumentale costruito sulla via Domiziana.
LA TERRA DELLE AMINEE
Filossera: era questo il nome del flagello che dal 1850 iniziò a flagellare tutti i vitigni d’Europa rischiando di far scomparire una coltura millenaria di tutta l’area del Mediterraneo. Tra le poche viti si salvò quella coltivata a Quarto, che da secoli viene perpetuata attraverso una sorte di clonazione naturale, mantenendo inalterato il corredo genetico. Merito del terreno vulcanico, i cui grossi grani non permettevano alle larve di riprodursi. Merito di una sapienza che sembra affondare le radici nelle viti aminee introdotte dalle colonie elleniche.
Aminea piccola, grande, gemella e lanata hanno colonizzato i declivi vulcanici dei Campi Flegrei trasformando il territorio in una nicchia esclusiva della produzione vitivinicola mondiale. Fin dai tempi remoti erano apprezzati il vitigni Piedirosso a buccia nera e Falanghina e il vino Falerno del Gauro.
Nella mitica terra dei Ciclopi (qui la mitologia collocò la lotta dei Giganti contro gli Dei dell’Olimpo) i viticoltori di Quarto hanno conservato intatto il gusto di questi eccellenti prodotti, meritando a pieno titolo il riconoscimento Doc. La Falanghina dei Campi Flegrei Doc 2000, il Piedirosso dei Campi Flegrei Doc 2000, il Coste di Cuma 1999, il Quarto di Luna 1999 rappresentano il fiore all’occhiello di un territorio che ha vigneti storici come il Montegauro Riserva 1997. Da uve selezionate da un vigneto particolarissimo situato sulle rive del lago d’Averno vengono prodotte non più di 600 bottiglie annue di Piedirosso dei Campi Flegrei Passito 1997.
Lacryma Christi bianco e rosso e Gragnano completano il quadro di una produzione che offre ottimi vini aperitivi come l’Asprinio d’Aversa Doc e il Greco di Tufo 2000 e spumanti quali l’Asprinio Spumante Brut e il Lacryma Christi del Vesuvio spumante. Da assaggiare durante la degustazione della zuppa di pesce alla napoletana.