“Sia lodato Gesù Cristo”… “Perché?!?”. Così un fan devoto si è immaginato l’accesso nell’alto dei Cieli di Carlo Pedersoli, in arte Bud Spencer, deceduto lo scorso 27 giugno, richiamandosi a una mitica scena di “Continuavano a chiamarlo trinità (1971, di E. B. Clutcher), film dove insieme al fratello pistolero (Terence Hill) si presentavano a una missione di frati e appunto rispondeva così, in modo spietato, al classico saluto religioso. 
 
Bud se n’è andato, e i fan di tutto il mondo (non solo d’Italia) sono ancora increduli. 
 
Proprio per quanto espresso sul piccolo e grande schermo, lo si riteneva un immortale e se il fatidico giorno avesse mai pensato di venire a fargli visita, lui avrebbe risposto con uno di quegli epici cazzotti con cui ha sempre steso i “cattivi”.
La vita di Bud è nota a tutti. 
 
Terminata la carriera sportiva come nuotatore, arriva il richiamo della settima arte. Il primo film dove si fa davvero notare è “Un eroe dei nostri tempi” (1955, di Mario Monicelli) ancora come Pedersoli. La svolta arriva nel 1967 sotto la regia di Giuseppe Colizzi che lo dirigerà per la prima volta insieme a Terence Hill nel ruvido western “Dio perdona… io no!”, ripetendo poi la collaborazione in altri due lungometraggi: “I quattro dell’Ave Maria” (1968) e “La collina degli stivali (1969)”, ma sempre in condivisione con altri colleghi. 
 
Così, mentre Sergio Leone ha già terminato la trilogia del dollaro (1964-66) con Clint Eastwood, il quasi esordiente Enzo Barboni /E.B. Clutcher porta sul grande schermo un western atipico con protagonisti due scanzonati pistoleri, velocissimi a maneggiare la Colt (non a caso chiamati la mano destra e sinistra del Diavolo) e ancor più letali a menar le mani in difesa di chi subisce soprusi. 
 
È il 1970, l’anno di “Lo chiamavano Trinità”. È l’inizio del grande sodalizio Bud/Terence. Una storia scandita attraverso memorabili pellicole tra cui, oltre ai già citati western: Più forte ragazzi (1972, di Giuseppe Colizzi); Altrimenti ci arrabbiamo (1974, di Giuseppe Fondato); I due superpiedi quasi piatti (1977, di E.B. Clutcher); Pari e dispari (1978, di Sergio Corbucci); Io sto con gli ippopotami (1979, di Italo Zingarelli); Chi trova un amico trova un tesoro (1981, di Sergio Corbucci); Nati con la camicia (1983, di E.B. Clutcher); Non c’è due senza quattro (1984, di E.B. Clutcher); Miami Supercops (1985, di Bruno Corbucci).
 
Botte e risate. Nelle storie interpretate al fianco di Terence Hill, Bud Spencer è sempre l’omone barbuto, fortissimo e a tratti nervoso. Un po’ tonto ma anche più politically scorrect. Uno che all’affermazione “carogna, deruberesti tuo padre!” sa rispondere serafico: “E perché no?!?!”. Se nei film Bud pensava in primis al proprio tornaconto, Terence era sempre quello che lasciava il bottino ai meno fortunati, suscitando così l’ira dell’altro (spesso fratello). Alla fine però Bud, sbuffando e con i suoi mitici “mmmmmmmh”, cedeva sempre, e a dispetto delle minacce, lasciando che le cose andassero come voleva Terence. 
 
“Non sta bene prendersela con i più piccoli e non sta bene ficcare la testa della gente nelle torte specie quando le torte sono mie” dice il camionista solitario Charlie Firpo (Bud Spencer) prima di insegnare le buone maniere alla banda malavitosa di turno con l’onnipresente spalla di set, Riccardo Pizzuti.
Bud è lo scontroso. Quello che non fa mai vedere i propri sentimenti. Meno incisiva la sua filmografia senza Terence Hill al proprio fianco. Un’unica degna eccezione, “Anche gli angeli mangiano fagioli” (1973, di E.B. Clutcher) insieme a Giuliano Gemma. 
 
Ultima presenza significativa, “Cantando dietro i paraventi” (2003, di Ermanno Olmi).
Bud Spencer (1929-2016) non c’è più. Da quando la notizia ha iniziato a circolare, il web è stato inondato da post di qualsivoglia natura (inclusi quei media che lo hanno sempre snobbato), attingendo in particolare dai video dei due Trinità e dal mitico coro dei pompieri di “Altrimenti ci arrabbiamo”. 
 
Carlo Pedersoli per noi tutti sarà sempre Bud Spencer ingrugnito davanti a una padella di fagioli che s’ingozza sporco e affamato. Ma ora basta con l’inchiostro. Parafrasando una delle sue più epiche battute: “Pubblicate ciò che volete, ne ho le scatole piene di voi e dei vostri scribacchini” – Che avete detto? – click (tirando il grilletto del fucile) “Scribacchini!!!” – Aaaaaaaah!!”.

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