America get ready: arrivano i Blastema, la giovane rock band di Forlì cresciuta sulla rivoluzione musicale made in Usa

Un nome da ricordare: Blastema, rock band di Forlì. E un titolo: “Lo stato in cui sono stato”. L’album, disponibile in tutti gli store digitali e su cd, è stato appena pubblicato dalla Nuvole Production, la casa discografica di Fabrizio De Andrè, gestita da Dori Ghezzi e Luvi De Andrè. 

 
I Blastema hanno una solida esperienza alle spalle e riscosso crescenti consensi nel circuito indipendente con l’album d’esordio del 2010, “Pensieri illuminati”. Adesso i cinque ragazzi sono pronti per spiccare il salto, grazie al nuovo album, che intendono far ascoltare dal vivo anche al pubblico americano. 
 
I fan italiani che hanno già potuto apprezzare l’energia, la potenza e l’intensità sprigionate dai Blastema nei loro live non vedono l’ora di continuare a seguire il gruppo nel tour che seguirà la pubblicazione del loro secondo lavoro.
 
I Blastema sono Matteo Casadei (voce), Alberto Nanni (chitarre, cori), Michele Gavelli (pianoforte, synth, hammond), Luca Marchi (basso) e Daniele Gambi (batteria). Nel loro background c’è tanta America, poiché i gruppi che hanno maggiormente influenzato il loro approccio alla musica sono soprattutto americani.
 
Ma i Blastema hanno saputo fondere queste influenze con l’amore per la melodia creando “una specie di superuomo bionico musicale”, come dice Matteo Casadei, dando vita a un coinvolgente electro-rock fatto di chitarre, sintetizzatori e tastiere, fedeli alla linea dell’armonia e della musica melodica.
 Abbiamo parlato con Matteo e Alberto dei legami fra i Blastema e gli Usa. 
 
Matteo Casadei: “È innegabile che abbiamo plasmato la nostra esperienza musicale cercando di basarci su modelli che non erano italiani, perché quando abbiamo iniziato a suonare, nel 1997-98, quello che ci piaceva erano i gruppi di Seattle, in grande fermento (Nirvana, Soundgarden, Pearl Jam). E ancora, gli Smashing Pumpkins e il post-rock con i Sonic Youth. È stato davvero importante: era come trovarsi in mezzo a una rivoluzione culturale che parlava la nostra lingua, che manifestava i nostri modi di espressione nel disagio. Quel movimento di fortissima rottura ci ha legati molto agli Usa”.
 

Un’altra foto dei Blastema

Alberto Nanni non è solo il chitarrista dei Blastema, ma ha prodotto “Lo stato in cui sono stato”. Sa bene cosa significhi studiare sui dischi per realizzare un album la cui qualità sia evidente anche nella produzione: “Per noi è fondamentale l’esempio di produttori americani come Andy Wallace e Brendan O’Brien, che con la loro forte componente di innovazione abbiamo ritenuto essere maestri per il nostro modo di concepire il suono, il trattamento delle tracce e il mixaggio.”
 
L’esperienza dei Blastema si è inoltre arricchita, prosegue Alberto, “sulla scia di realtà italiane nate nell’underground come i Marlene Kuntz, molto simili al nostro modo di avvicinarci alla musica”. E qual è, quindi, il risultato di questi ingredienti made in the Usa rielaborati dalle sapienti mani italiane dei Blastema?
 
Il risultato è un affascinante rock che è tanto raffinato quanto potente, una perla rara impreziosita dalle liriche scritte da Matteo Casadei, ora poetiche ed evocative, ora dirette e velate di ironia, ma sempre in grado di costruire stati dell’anima o luoghi immaginari dell’essere, condizioni esistenziali vissute, analizzate o presentate così come sono state esperite: lineari o frastagliate, chiare o rese con giochi di parole o argute metafore. 
 
Il background costituito dagli ascolti amati dalla band è stato assimilato e trasformato in un sound originale che arricchisce notevolmente la componente melodica di matrice italiana. 
Altro punto di forza del gruppo è la voce di Matteo, limpida ed eclettica, che sa dare pennellate dai colori caldi e sa anche graffiare, nel pieno rispetto della varietà melodica dei brani. Oltre alla qualità e originalità intrinseche rappresentate dai Blastema, ciò che colpisce de “Lo stato in cui sono stato” è la varietà delle canzoni.
 
Molto spesso la musica italiana offre proposte troppo uguali a se stesse, e la capacità di rinnovare il sound all’interno dello stesso album è cosa rara. 
Il secondo disco del gruppo di Forlì, invece, riesce a mantenersi coerente pur nella diversità di tracce come l’ipnotica Synthami, l’intensa ballata Tira fuori le spine, l’energia delle veloci Dopo il due e Caos 11, e l’ariosa e immaginifica Sole tu sei.
 
Il pubblico americano e italo-americano non potrà non farsi coinvolgere ed emozionare dai Blastema, che propongono un cocktail intrigante come il rock mescolato alla melodia italiana. E in attesa di vedere il gruppo sui palchi degli States, le note di “Lo stato in cui sono stato” saranno il ponte più solido per ricongiungere con il Belpaese gli americani amanti della bella musica, siano essi di origine italiana o meno. Come cantano i Blastema: “il sangue è vivo e scuote i piedi e non sarà un mare che lo fermerà”.
 

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