Un volo fino a Pescara, poi pochi chilometri sul litorale adriatico prima di iniziare il dolce declivio che porta a uno dei borghi più iconici dell’Abruzzo. Arrivare ad Atri è relativamente facile dal punto di vista automobilistico ma di grande effetto dal punto di vista emotivo: un vero tuffo in un’area di grande valenza ambientale e naturalistica e una cittadina immersa con le proprie fondamenta nella storia della nostra Penisola.
Con i suoi oltre 10mila abitanti, Atri rappresenta una dei borghi tipici della provincia di Teramo pur essendo collocata a pochi chilometri dalla città di Pescara, punto di riferimento per tutta la regione Abruzzo.
Adagiata su una collina a oltre 440 metri di altitudine, Atri è situata nel comprensorio delle Terre del Cerrano, perfettamente inserita tra il Mare Adriatico e il massiccio del Gran Sasso. Secondo alcune fonti storiche la città fu fondata dagli Illiri durante il le migrazioni tra il X e IX secolo a.C., con il nome della città derivante probabilmente dalla divinità illirica – sicula Hatranus o Hadranus.
Dopo il 290 a.C. Atri divenne un centro della colonizzazione romana e alla caduta dell’impero romano finì sotto il dominio longobardo e franco, inglobata nel ducato di Spoleto. La città visse i turbolenti anni dell’Alto medioevo venendo coinvolta nella lotta tra Federico Barbarossa e i re normalli e passò poi sotto il controllo svevo e papale. Nel 1251-1252 ottenne il diritto di darsi un proprio statuto comunale e il grado di città vescovile. Verso la fine del XIV secolo la città divenne proprietà del conte di San Flaviano Antonio Acquaviva e capitale del famoso Ducato di Atri.
La famiglia degli Acquaviva dominò su queste terre fino alla metà del Settecento quando la città rientrò sotto il controllo del Regno di Napoli. La straordinaria ricchezza storica di Atri salta subito agli occhi in chiunque si avvicini alla città proveniente dalla zona litoranea di Silvi Marina. L’insediamento medievale è ancora chiaramente visibile ma il fulcro del tessuto urbano è rappresentato dalla basilica di Santa Maria Assunta, concattedrale della diocesi di Teramo-Atri nella quale ogni anno, nell’ambito della settimana dedicata all’Assunta (a metà Agosto) si ripete la sacra cerimonia dell’apertura della Porta Santa della Basilica della Cattedrale. La Perdonanza della Porta Santa sarebbe stata concessa da Papa Celestino V, il Papa eremita, compagno di Beato Francesco Ronci di Atri.
La cattedrale fu realizzata da Raimondo di Poggio e Rainaldo d’Atri, che la iniziarono verso il 1264, in sostituzione dell’Ecclesia de Atri, una chiesa romanica a cinque navate, eretta nel IX sec. La cattedrale fu terminata nel 1305, mentre l’ottagono superiore del campanile venne apposto da Antonio da Lodi forse nel 1502: il portale e lo stupendo rosone furono invece realizzati da Rainaldo Atriano agli inizi del XIV secolo. Il capolavoro architettonico comprende anche il Coro dei Canonici, con alle pareti il ciclo pittorico di Andrea de Litio (1465-1471), la più vasta opera pittorica del primo rinascimento in Abruzzo. Andrea de Litio, nato a Lecce dei Marsi intorno al 1420, si formò a Firenze e le sue opere su tavola sono oggi sparse in alcuni musei degli Stati Uniti (Baltimora, Pensilvania). Sul retro della Cattedrale trova infine ospitalità il Museo Capitolare di Atri con una galleria di opere di grande interesse storico e artistico.
Nel dedalo di vicoli, viuzze e piazzette disseminate di antichi palazzi nobiliari è possibile scoprire anche le suggestive chiese di Santa Reparata, San Francesco e Santa Chiara, molto vicine tra loro mentre il Palazzo dei Duchi d’Acquaviva si trova nella piazza omonima e ospita attualmente il comune. Costruito nel XIV secolo sul sito di una cisterna romana, ospita al suo interno le antiche scuderie ducali, utilizzate per ospitare mostre ed eventi.
Il Museo Civico Etnografico ospita oltre duemila pezzi, tra reperti, oggetti della vita quotidiana e contadina mentre a ridosso del centro storico si trova la Villa Comunale dei Cappuccini, in prossimità delle grotte sotterranee risalenti al periodo sannitico che gli appassionati potranno visitare con tour guidati alla scoperta dei cunicoli e delle cisterne dell’età romana.
A poca distanza dal centro è situata la Riserva Naturale dei Calanchi dove gli amanti delle escursioni possono percorrere splendidi itinerari e sentieri da soli o partecipando a passeggiate guidate. Non prima di aver però assaggiato alcune specialità di questo splendido borgo affacciato sull’Adriatico.
Nella degustazione dei piatti tipici non possono mancare il pecorino e la ventricina senza dimenticare i fusilli al sugo di lepre e lo stoccafisso all’abruzzese. Una prelibatezza locale è il Pan Ducale, una sorta di torta di mandorle che prende questo nome perché molto apprezzata dagli antichi Duchi di Acquaviva. Il prodotto per il quale è storicamente nota la città di Atri è la liquirizia. Produrla è un vero e proprio mestiere che risale al Medioevo e forse all’epoca romana.
GLI ACQUAVIVA: SANTI ED ESPLORATORI – Ogni città ha i suoi eroi e Atri vanta numerose personalità ma il nome più importante della storia cittadina è quello degli Acquaviva che possono vantare due figure straordinarie.
Claudio Acquaviva, nacque ad Atri nel 154, figlio del duca d’Atri, Giovanni Antonio ed entrò nell’ordine dei gesuiti dal 1567. Fu per 34 anni generale dell’ordine (dal 1581 alla morte), e diede impulso alle missioni in Inghilterra e in Asia; promosse l’attività scientifica e scolastica, promulgando la celebre Ratio studiorum, esercitando efficace influsso sulla ricca produzione dottrinaria e spirituale dei grandi gesuiti post-tridentini, sulla preparazione (1598) della storia generale della Compagnia; ravvivò la vita spirituale stessa dell’ordine, promovendo l’uso degli esercizî spirituali, redigendo il Directorium o guida per i direttori di essi, e le Industriae pro superioribus ad curandos animae morbos (1600). Seppe abilmente salvaguardare la Compagnia dagli attacchi esterni e interni.
Rodolfo Acquaviva, figlio del duca Giovan Girolamo I e Margherita Pio di Carpi, fratello tra gli altri del cardinale Giulio, amico di Cervantes e del cardinale Ottavio arcivescovo di Napoli, seguì le orme dello zio p.adre Claudio ed entrò nella stessa Compagnia nel 1568, scegliendo la vocazione missionaria in India dove s’incontrò con l’imperatore Moghul Akbar, trovando poi il martirio il 15 luglio 1583. Il 6 gennaio 1893 Papa Leone XIII lo proclamò Beato insieme ai sui confratelli.